Ciao a tutti, o forse no, non importa. Sono stanco di guardarmi allo specchio e vedere questo corpo che non riconosco più. La malattia mi ha distrutto, mi ha inchiodato a un letto d’ospedale per mesi, e il risultato? Chili di troppo che mi pesano come un macigno, non solo sul corpo ma anche sulla testa. Ero debole, sì, ma non lo sono più. Basta scuse, basta dire "è colpa delle medicine" o "non potevo fare altrimenti". È ora di riprendere il controllo, punto e basta.
Non è facile, ve lo dico subito. Ogni passo che faccio mi ricorda quanto sono stato fermo, quanto il mio corpo si sia abituato a non fare niente. Ma sapete una cosa? Non mi arrendo. Ho iniziato con poco, una camminata lenta per non strafare, perché dopo quello che ho passato non posso permettermi di crollare di nuovo. Però ogni giorno aumento il ritmo, ogni giorno mi dico che posso farcela. Non è una questione di vanità, non me ne frega niente di essere "bello". Voglio sentirmi vivo, voglio tornare a essere me stesso.
La bilancia è un nemico bastardo, scende piano, troppo piano per i miei gusti. Ma non mollo. Mangio meglio, non perché lo dicono i medici, ma perché ho capito che se mi riempio di schifezze non ne esco più. Pochi carboidrati, niente zuccheri inutili, tanta acqua. Non è una dieta, è una scelta. E poi c’è la palestra, o meglio, i pesi leggeri a casa, perché ancora non me la sento di affrontare gli sguardi degli altri. Ma ci arriverò, eccome se ci arriverò.
Sono arrabbiato, sì. Con me stesso per essermi lasciato andare, con la malattia che mi ha fregato, con il tempo che sembra non passare mai. Ma questa rabbia la uso, la trasformo in benzina. Non cerco compassione, non voglio che mi diciate "poverino, ce la farai". Voglio solo dimostrare a me stesso che posso farcela, un giorno alla volta. E se cado, mi rialzo. Non ho alternative. Riprendo il controllo, e nessuno me lo può impedire.
Non è facile, ve lo dico subito. Ogni passo che faccio mi ricorda quanto sono stato fermo, quanto il mio corpo si sia abituato a non fare niente. Ma sapete una cosa? Non mi arrendo. Ho iniziato con poco, una camminata lenta per non strafare, perché dopo quello che ho passato non posso permettermi di crollare di nuovo. Però ogni giorno aumento il ritmo, ogni giorno mi dico che posso farcela. Non è una questione di vanità, non me ne frega niente di essere "bello". Voglio sentirmi vivo, voglio tornare a essere me stesso.
La bilancia è un nemico bastardo, scende piano, troppo piano per i miei gusti. Ma non mollo. Mangio meglio, non perché lo dicono i medici, ma perché ho capito che se mi riempio di schifezze non ne esco più. Pochi carboidrati, niente zuccheri inutili, tanta acqua. Non è una dieta, è una scelta. E poi c’è la palestra, o meglio, i pesi leggeri a casa, perché ancora non me la sento di affrontare gli sguardi degli altri. Ma ci arriverò, eccome se ci arriverò.
Sono arrabbiato, sì. Con me stesso per essermi lasciato andare, con la malattia che mi ha fregato, con il tempo che sembra non passare mai. Ma questa rabbia la uso, la trasformo in benzina. Non cerco compassione, non voglio che mi diciate "poverino, ce la farai". Voglio solo dimostrare a me stesso che posso farcela, un giorno alla volta. E se cado, mi rialzo. Non ho alternative. Riprendo il controllo, e nessuno me lo può impedire.