Basta scuse, respirate e perdete peso: trucchi per genitori incasinati

Speechless♥

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6 Marzo 2025
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Ehi, ciao a tutti, o meglio, buongiorno se avete già fatto colazione inseguendo i vostri marmocchi. Sono nella stessa barca, incastrato tra lavoro, figli che urlano e un corpo che sembra non voler collaborare. Altro che scuse, qui si tratta di sopravvivenza. Vi racconto come sto cercando di non affogare e magari perdere qualche chilo, perché tanto lo so che siete qui per questo.
Con due bambini e un lavoro che mi succhia l’anima, il tempo per me è un lusso che non esiste. Palestra? Ma per favore, non faccio in tempo neanche a lavarmi i denti in pace. Però ho trovato un modo per respirare – sì, avete letto bene, respirare – e far lavorare questo benedetto corpo senza bisogno di attrezzi o di un’ora libera che non avrò mai. Si tratta di incastrare qualche trucco nei momenti morti, perché fidatevi, di momenti vivi ne ho pochi.
La mattina, mentre preparo la colazione per i piccoli mostri, invece di stare fermo come un palo, faccio respiri profondi, di quelli che ti riempiono i polmoni e ti fanno svegliare il metabolismo. Inspiro contando fino a quattro, tengo il fiato per altri quattro, e poi butto fuori tutto contando fino a sei. Lo faccio mentre spalmo marmellata o verso il latte, e vi giuro che dopo una settimana senti già che il sangue circola meglio. Non è che diventi un modello, ma almeno non ti senti un sacco di patate.
Poi, durante la giornata, quando i miei capi mi fanno venire voglia di urlare o i bambini trasformano casa in un circo, mi fermo un attimo. Non serve chissà cosa: mi metto dritto, spalle indietro, e faccio una decina di respiri lenti, immaginando di spingere fuori lo stress e il grasso insieme. Sembra una stupidaggine, ma tiene a bada la fame nervosa – quella che ti fa aprire il frigo alle tre del pomeriggio per mangiare schifezze.
Per le “vere” mosse, sfrutto i ritagli. Tipo, mentre aspetto che la pasta cuocia, faccio squat veloci – dieci, quindici, quello che riesco prima che qualcuno urli “mammaaa” o “papàà”. Oppure, quando porto fuori la spazzatura, faccio qualche passo veloce in più, inspirando ed espirando come se stessi correndo dalla bilancia. Non è un allenamento da Olimpiadi, ma con il fiatone che mi ritrovo, sento che qualcosa si muove.
La sera, dopo aver messo a letto i nani, mi piazzo sul divano e faccio un altro giro di respiri profondi, stavolta per rilassarmi e non crollare sulla pizza avanzata. Con il telefono in mano, invece di scrollare Instagram, tengo il conto: cinque minuti di inspirazioni ed espirazioni lente, e magari qualche stiramento se non sono troppo distrutto.
Non vi sto dicendo che perdo un chilo al giorno, eh, ma tra questi trucchetti e un po’ di attenzione a non mangiare tutto quello che i bambini lasciano nel piatto, qualcosa si smuove. La bilancia ogni tanto mi fa l’occhiolino, e io non mi sento più un caso perso. Se ce la faccio io con il caos che ho intorno, potete farcela anche voi. Basta scuse, respirate e muovetevi, che il tempo non lo troviamo, ce lo prendiamo e basta.
 
Ehi, leggendo il tuo messaggio mi sono rivisto in ogni singola riga, quel caos che ti avvolge come una coperta pesante e ti fa quasi dimenticare che il tuo corpo esiste ancora sotto tutto lo stress. Però, sai una cosa? Mi ha fatto sorridere il tuo modo di respirare per sopravvivere, perché anch’io ho trovato la mia salvezza nel fiato, ma in una versione un po’ più… sudata, diciamo. Sono quello che ha perso peso correndo dietro a un’idea di leggerezza, e non solo ai marmocchi, quindi lascia che ti racconti come il cardio mi ha tirato fuori dal pantano.

Non fraintendermi, capisco bene la tua vita incastrata tra lavoro e figli, e quella sensazione di non avere nemmeno un minuto per guardarti allo specchio senza sentirti in colpa. Anche io ero così, un blocco di stanchezza con qualche chilo di troppo che mi guardava male ogni autunno, quando i pantaloni iniziavano a stringere. Poi ho scoperto che muovermi veloce, anche solo per poco, mi faceva respirare sul serio, non solo per ossigenare i polmoni, ma per ricordarmi che sono vivo. Il cardio è diventato il mio trucco, il mio modo di rubare tempo al giorno e darmelo indietro sotto forma di energia.

Non ti parlo di ore in palestra, perché pure io non le ho. Ma la mattina, invece di contare i respiri mentre spalmo marmellata, metto le cuffie e corro sul posto in cucina per dieci minuti, mentre il caffè gorgoglia. È un HIIT fatto in casa: trenta secondi a tutta, poi cammino un attimo, e ripeto. I bambini mi guardano strano, ma ormai ci sono abituati, e il fiatone mi sveglia più del caffè. Se ho cinque minuti mentre la pasta bolle, ballo come un matto in salotto – niente coreografie, solo movimenti scoordinati che fanno ridere pure me stesso. E quando porto fuori la spazzatura, faccio una corsetta fino al bidone e torno, con il cuore che pompa e il freddo dell’autunno che mi pizzica la faccia.

Non è filosofia da manuale, è più una specie di ribellione contro il tempo che non c’è. Ogni passo veloce, ogni salto, ogni respiro corto mi ricorda che il corpo non è solo un peso da trascinare, ma qualcosa che può cambiare, un po’ come le foglie che cadono e lasciano spazio a rami più leggeri. Certo, non è magico: i chili non spariscono in una notte, ma dopo un mese di queste corse improvvisate e qualche attenzione in più a tavola – tipo evitare di finire i biscotti dei piccoli – la bilancia ha iniziato a darmi ragione.

Il tuo respirare profondo è un bel punto di partenza, davvero, e mi piace quell’idea di spingere fuori lo stress insieme al grasso. Io ci ho solo aggiunto un po’ di movimento, quel tanto che basta per sentire i muscoli svegliarsi e il cuore battere forte. Magari prova, quando i nani dormono, a fare qualche saltello sul posto invece di crollare subito sul divano. O magari no, magari il tuo ritmo è già perfetto così. Però te lo dico: se trovi il modo di far correre il fiato, non solo sopravvivi, ma ti riprendi un pezzo di te stesso. E in questo casino che chiamiamo vita, non è poco.
 
Ciao, leggendo il tuo racconto mi sono quasi visto riflesso in uno specchio un po’ appannato, ma con un pesce in mano invece delle cuffie! Quel caos che descrivi, quel vortice di stress e responsabilità che ti fa quasi perdere il contatto con il tuo corpo, lo conosco fin troppo bene. Però, devo dirtelo, il tuo modo di trasformare il respiro in una specie di ancora di salvezza mi ha colpito. E sai una cosa? Anche io ho trovato il mio equilibrio, ma invece di correre dietro al fiatone, io mi sono buttato tra i profumi del mare e i colori dell’orto.

Sono un fan sfegatato della dieta mediterranea, quella che ti abbraccia con il sapore dell’olio d’oliva e ti coccola con un piatto di verdure grigliate. Non fraintendermi, capisco che tra figli, lavoro e spazzatura da portare fuori il tempo per cucinare sembra un lusso da re, ma ti assicuro che non serve passare ore ai fornelli per tirare fuori qualcosa di buono, sano e che ti aiuti a scrollarti di dosso qualche chilo. La mia “ribellione” contro la bilancia è iniziata proprio così: con un filetto di pesce, qualche pomodorino e una padella.

Prendi una sera qualunque, di quelle in cui i bambini finalmente dormono e tu hai dieci minuti prima di crollare. Io faccio così: scaldo un filo d’olio extravergine – non troppo, giusto per sentire quel profumo che sa di casa – e ci butto dentro un filetto di merluzzo o di orata, quello che trovo fresco al mercato. Due minuti per lato, un pizzico di sale, una spolverata di origano e via, è pronto. Accanto, taglio un paio di zucchine a rondelle e le faccio saltare con aglio e un goccio d’acqua, così restano croccanti ma leggere. Se ho dei pomodorini, li aggiungo crudi, con una foglia di basilico strappata a mano. Non è una ricetta da chef, è una cosa semplice, ma ti giuro che quando la metti in tavola ti senti quasi in vacanza, altro che stress.

E non è solo questione di sapore. Questo modo di mangiare mi ha aiutato a sentirmi più leggero, non solo sulla bilancia, ma anche nella testa. L’olio d’oliva tiene a bada la fame, il pesce mi dà energia senza appesantirmi e le verdure mi fanno sentire che sto dando al mio corpo qualcosa di vero, non un rimedio temporaneo. Certo, non è che i chili volano via come per magia – ci vuole costanza, proprio come con il tuo cardio – ma dopo un mese di cene così, con qualche passeggiata dietro ai miei “marmocchi” al parco, ho visto la differenza. I pantaloni non mi guardano più storto, e io mi sento meno un blocco di stanchezza.

Il tuo HIIT in cucina mi ha fatto sorridere, perché anch’io ho i miei trucchi da genitore incasinato. Mentre aspetto che l’acqua bolla per la pasta – integrale, chiaro, che sazia di più – taglio una melanzana a cubetti e la metto in forno con un filo d’olio e rosmarino. Quindici minuti dopo, ho un contorno che sembra un lusso ma non mi ha rubato tempo. Oppure, se ho due minuti mentre i nani litigano per il telecomando, preparo un’insalata veloce: rucola, tonno al naturale e qualche oliva. È pronta prima che finiscano di urlare, e io ho qualcosa di sano da mettere sotto i denti invece di cedere ai loro avanzi.

Il tuo respirare per sopravvivere e il mio cucinare per rinascere non sono così lontani, sai? Tu corri per svegliarti, io mescolo sapori per ricordarmi che la vita può essere leggera anche nel caos. Magari una sera prova a unire le due cose: fai qualche saltello mentre il pesce cuoce, o respira profondo annusando il profumo dell’olio che sfrigola. Non serve strafare, basta poco per riprendersi un angolo di sé stessi. E in questo casino che ci travolge, come dici tu, non è poco davvero.
 
Ehi, ciao a tutti, o meglio, buongiorno se avete già fatto colazione inseguendo i vostri marmocchi. Sono nella stessa barca, incastrato tra lavoro, figli che urlano e un corpo che sembra non voler collaborare. Altro che scuse, qui si tratta di sopravvivenza. Vi racconto come sto cercando di non affogare e magari perdere qualche chilo, perché tanto lo so che siete qui per questo.
Con due bambini e un lavoro che mi succhia l’anima, il tempo per me è un lusso che non esiste. Palestra? Ma per favore, non faccio in tempo neanche a lavarmi i denti in pace. Però ho trovato un modo per respirare – sì, avete letto bene, respirare – e far lavorare questo benedetto corpo senza bisogno di attrezzi o di un’ora libera che non avrò mai. Si tratta di incastrare qualche trucco nei momenti morti, perché fidatevi, di momenti vivi ne ho pochi.
La mattina, mentre preparo la colazione per i piccoli mostri, invece di stare fermo come un palo, faccio respiri profondi, di quelli che ti riempiono i polmoni e ti fanno svegliare il metabolismo. Inspiro contando fino a quattro, tengo il fiato per altri quattro, e poi butto fuori tutto contando fino a sei. Lo faccio mentre spalmo marmellata o verso il latte, e vi giuro che dopo una settimana senti già che il sangue circola meglio. Non è che diventi un modello, ma almeno non ti senti un sacco di patate.
Poi, durante la giornata, quando i miei capi mi fanno venire voglia di urlare o i bambini trasformano casa in un circo, mi fermo un attimo. Non serve chissà cosa: mi metto dritto, spalle indietro, e faccio una decina di respiri lenti, immaginando di spingere fuori lo stress e il grasso insieme. Sembra una stupidaggine, ma tiene a bada la fame nervosa – quella che ti fa aprire il frigo alle tre del pomeriggio per mangiare schifezze.
Per le “vere” mosse, sfrutto i ritagli. Tipo, mentre aspetto che la pasta cuocia, faccio squat veloci – dieci, quindici, quello che riesco prima che qualcuno urli “mammaaa” o “papàà”. Oppure, quando porto fuori la spazzatura, faccio qualche passo veloce in più, inspirando ed espirando come se stessi correndo dalla bilancia. Non è un allenamento da Olimpiadi, ma con il fiatone che mi ritrovo, sento che qualcosa si muove.
La sera, dopo aver messo a letto i nani, mi piazzo sul divano e faccio un altro giro di respiri profondi, stavolta per rilassarmi e non crollare sulla pizza avanzata. Con il telefono in mano, invece di scrollare Instagram, tengo il conto: cinque minuti di inspirazioni ed espirazioni lente, e magari qualche stiramento se non sono troppo distrutto.
Non vi sto dicendo che perdo un chilo al giorno, eh, ma tra questi trucchetti e un po’ di attenzione a non mangiare tutto quello che i bambini lasciano nel piatto, qualcosa si smuove. La bilancia ogni tanto mi fa l’occhiolino, e io non mi sento più un caso perso. Se ce la faccio io con il caos che ho intorno, potete farcela anche voi. Basta scuse, respirate e muovetevi, che il tempo non lo troviamo, ce lo prendiamo e basta.
Ehi, buonasera, o forse buonanotte visto che probabilmente stai leggendo questo mentre i tuoi figli finalmente dormono e tu cerchi di non cedere al richiamo del cioccolato nascosto in dispensa. Ti capisco, sai? Leggere il tuo post mi ha fatto quasi venire il fiatone solo a immaginarti lì, incastrato tra marmellata, urla e respiri contati. Però, lasciatelo dire, tutto questo tuo “respirare per svegliarti” e fare squat mentre la pasta bolle… beh, sembra una fatica assurda per uno come me che già si sente morire solo a pensare di muoversi in casa. Ma visto che siamo qui a lamentarci e a cercare di non affogare nei chili di troppo, ti racconto come me la cavo io, che di scuse ne ho quante te, ma di energia ne vorrei il doppio.

Io non corro dietro ai bambini – i miei sono abbastanza grandi da distruggere casa da soli – ma corro su per le scale. Sì, hai capito bene, le scale di casa mia sono diventate il mio stadio personale. Altro che respiri profondi mentre spalmo marmellata, io mi sparo su e giù per i gradini come un matto. Non è una passeggiata tranquilla, eh: faccio sprint, salgo due o tre gradini alla volta a tutta velocità, poi scendo piano, con le gambe che tremano e il cuore che mi esplode in gola. È un massacro, te lo dico io. Dopo cinque minuti sono fradicio di sudore e mi maledico per aver iniziato, ma poi sento le gambe e i glutei che urlano e capisco che qualcosa sta lavorando.

Non ho tempo per la palestra, figurati, tra lavoro e dover gridare ai miei di spegnere la PlayStation prima che mi venga un infarto. Ma le scale? Quelle ce le ho sempre sotto il naso. La mattina, prima di uscire, faccio un paio di giri veloci, tipo cinque salite sparate e cinque discese lente per riprendere fiato. Non serve attrezzatura, non serve un’ora libera, solo un po’ di voglia di soffrire. E soffro, credimi. Però dopo un mese di questo schifo, i jeans non mi strangolano più le cosce e quando mi guardo allo specchio non vedo solo un disastro ambulante.

Durante la giornata, se ho un attimo – e per attimo intendo quei cinque minuti prima che qualcuno mi chiami per lamentarsi di qualcosa – salgo e scendo di nuovo, magari mentre aspetto che il caffè esca dalla moka. È un allenamento da disperati, lo so, ma brucia. Le gambe diventano di cemento, i glutei si tirano su da soli, e io mi sento meno uno straccio. Non è che sogno di diventare un atleta, ma almeno non mi sento fermo come un mobile rotto.

La sera, quando finalmente crollo sul divano, non ho nemmeno la forza di respirare profondo come fai tu. Però, se proprio devo, mi alzo e faccio un ultimo giro di scale, lento, tanto per ricordarmi che sono ancora vivo. Non perdo chili come un pazzo, sia chiaro, ma la bilancia ogni tanto scende e le mie cosce ringraziano. Tu con i tuoi respiri e squat sei un santo, io con le mie scale sono un masochista, ma alla fine il succo è lo stesso: ci muoviamo, sudiamo, e magari un giorno ci guardiamo allo specchio senza voler tirare un pugno al vetro. Basta scuse, sì, ma anche basta illusioni: è una guerra, e le scale sono la mia trincea. Tu continua a respirare, io continuo a salire, e vediamo chi arriva vivo a fine mese.