Dopo il divorzio, solo caffè amaro e allenamenti: qualcuno mi capisce?

bukajM

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6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse no, non so neanche perché scrivo qui oggi. Sono stanca, sapete? Dopo il divorzio mi sento come se mi avessero strappato via un pezzo di me, e non parlo solo del cuore. Pesavo troppo, mi guardavo allo specchio e vedevo solo fallimento. Lui se n’è andato, e io sono rimasta con i miei chili di troppo e una tazza di caffè nero che ormai è l’unica cosa che mi tiene in piedi.
Ho iniziato ad allenarmi, non perché lo volessi davvero, ma perché dovevo fare qualcosa. All’inizio era solo una camminata veloce, con la rabbia che mi bruciava dentro più dei muscoli. Ora faccio un po’ di pesi, qualche squat, cerco di seguire una routine decente, ma non è facile. Mi alzo presto, bevo quel dannato caffè senza zucchero – che sa di niente, proprio come me in questo momento – e mi trascino in palestra o fuori a correre. Ho perso qualche chilo, sì, ma non è abbastanza. Non lo sarà mai, forse.
Qualcuno di voi ci è passato? Vi capita mai di sudare e sentire che state buttando fuori anche le lacrime che non avete più? Io sì. Ogni ripetizione è un “te l’ho detto” che non ho mai avuto il coraggio di urlargli in faccia. Ogni passo è un tentativo di riprendermi qualcosa, ma poi torno a casa, sola, e mi chiedo se ne valga la pena. La bilancia dice che sto cambiando, il mio corpo un po’ si sta trasformando, ma dentro? Dentro è ancora un casino.
Non so, forse scrivo solo per sfogarmi. Se qualcuno ha una routine che funziona, me la passi? Magari qualcosa di semplice, perché non ho più energie per complicarmi la vita. E se anche voi vi siete sentiti così, ditemelo. Almeno non mi sembrerà di essere l’unica a combattere con i pesi e con me stessa, mentre il caffè si raffredda sul tavolo.
 
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Ciao a tutti, o forse no, non so neanche perché scrivo qui oggi. Sono stanca, sapete? Dopo il divorzio mi sento come se mi avessero strappato via un pezzo di me, e non parlo solo del cuore. Pesavo troppo, mi guardavo allo specchio e vedevo solo fallimento. Lui se n’è andato, e io sono rimasta con i miei chili di troppo e una tazza di caffè nero che ormai è l’unica cosa che mi tiene in piedi.
Ho iniziato ad allenarmi, non perché lo volessi davvero, ma perché dovevo fare qualcosa. All’inizio era solo una camminata veloce, con la rabbia che mi bruciava dentro più dei muscoli. Ora faccio un po’ di pesi, qualche squat, cerco di seguire una routine decente, ma non è facile. Mi alzo presto, bevo quel dannato caffè senza zucchero – che sa di niente, proprio come me in questo momento – e mi trascino in palestra o fuori a correre. Ho perso qualche chilo, sì, ma non è abbastanza. Non lo sarà mai, forse.
Qualcuno di voi ci è passato? Vi capita mai di sudare e sentire che state buttando fuori anche le lacrime che non avete più? Io sì. Ogni ripetizione è un “te l’ho detto” che non ho mai avuto il coraggio di urlargli in faccia. Ogni passo è un tentativo di riprendermi qualcosa, ma poi torno a casa, sola, e mi chiedo se ne valga la pena. La bilancia dice che sto cambiando, il mio corpo un po’ si sta trasformando, ma dentro? Dentro è ancora un casino.
Non so, forse scrivo solo per sfogarmi. Se qualcuno ha una routine che funziona, me la passi? Magari qualcosa di semplice, perché non ho più energie per complicarmi la vita. E se anche voi vi siete sentiti così, ditemelo. Almeno non mi sembrerà di essere l’unica a combattere con i pesi e con me stessa, mentre il caffè si raffredda sul tavolo.
Ehi, ti leggo e sembra quasi di guardarmi allo specchio, sai? Non proprio per il divorzio, ma per quel senso di vuoto che ti spingi a riempire con qualcosa, qualsiasi cosa. Io sono uno che vive di sport – corsa, nuoto, bici – e ti dico subito che capisco quel caffè amaro che sa di niente e quel bisogno di muoverti per non crollare. Anche per me l’allenamento è stato un’ancora, e pure io all’inizio lo facevo più per rabbia che per voglia.

Non sei sola, te lo giuro. Sudare e sentire che esce tutto – lacrime, insulti mai detti, pezzi di te che vuoi lasciarti alle spalle – è una cosa che conosco bene. Io corro, e ogni chilometro è un modo per urlare senza aprire bocca. Quando nuoto, ogni bracciata è un “riprenditi quello che è tuo”. La bilancia si muove, il corpo cambia, ma la testa… quella è una gara a parte, e non si vince in un giorno.

Ti passo volentieri quello che faccio io, niente di complicato perché pure io odio le cose troppo elaborate. Al mattino mi alzo, bevo un caffè nero (sì, pure io, ormai è un rituale), poi parto con una corsa leggera – 5 km, ritmo tranquillo, giusto per svegliarmi. Se ho tempo, aggiungo 20-30 minuti di bici, oppure una nuotata da 40 minuti, dipende da dove sono. Due volte a settimana infilo un po’ di pesi: squat, affondi, qualche panca – roba semplice, con quello che ho a disposizione. Non serve strafare, l’importante è la costanza. Mangio pulito: avena e frutta al mattino, pollo o pesce con verdure a pranzo, cena leggera con proteine e poco altro. Niente zuccheri, niente schifezze – non perché sono un santo, ma perché voglio sentirmi leggero quando mi alleno.

Hai detto che hai perso qualche chilo, e magari non ti sembra abbastanza, ma fidati: stai già vincendo. Ogni squat che fai è un calcio al passato, ogni passo che corri è un pezzo di te che ricostruisci. Dentro è un casino, sì, ma il corpo ti segue e prima o poi anche la testa si mette in pari – ci vuole tempo, ma succede. Io c’ho messo mesi a smettere di guardarmi allo specchio con disgusto, e ancora oggi qualche volta mi capita, ma poi monto in bici e mi ricordo perché lo faccio.

Se ti va, prova a venire a correre con qualcuno o a nuotare in compagnia – non risolve tutto, ma ti distrae dal freddo del caffè sul tavolo quando torni a casa. E scrivici ancora, dai, che qui siamo in tanti a combattere la stessa guerra, pesi in mano o no. Forza, che ce la fai!
 
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Ciao, o forse no, non sono neanche sicuro di come iniziare. Ti ho letta e mi sono fermato un attimo, perché cavolo, sembra che hai scritto quello che sento io da un po’. Non c’entra il divorzio nel mio caso, ma quel senso di essere a pezzi e di guardarsi allo specchio senza riconoscersi… quello sì, lo capisco fin troppo bene. Io sono uno che sta provando a rimettersi in carreggiata con un coach online, sai, uno di quei programmi dove ti seguono a distanza con dieta e allenamenti. Non è la stessa cosa che hai vissuto tu, ma quel caffè amaro che diventa il tuo unico amico al mattino? Ecco, quello è un film che conosco.

Non so se ti interessa, ma te lo racconto lo stesso, magari ti distrae un attimo da quel “dentro è ancora un casino” che hai scritto – e che, ti giuro, mi ha fatto annuire da solo davanti allo schermo. Io ho iniziato questo percorso da un paio di mesi, con un trainer che mi manda i workout e un dieticologo che mi tiene d’occhio su quello che mangio. All’inizio ero perso, non ci capivo niente: pesi, ripetizioni, conteggi di calorie… mi sembrava di affogare in un mare di numeri. Però mi sono buttato, forse come te con quelle camminate veloci, perché stare fermo mi faceva solo incazzare di più. Ora faccio un po’ di tutto: plank, squat, qualche esercizio con i pesetti che ho comprato usati – niente di che, ma almeno mi muovo. Il coach mi scrive tipo due volte a settimana, mi chiede come sto, mi corregge la tecnica con i video che gli mando. È strano, non l’ho mai visto in faccia, eppure mi sembra che mi capisca.

I pro? Beh, è comodo, lo faccio quando voglio io, non devo correre in palestra o sentirmi gli occhi addosso. Mi mandano il piano alimentare e io lo seguo – o almeno ci provo, perché a volte il pollo con broccoli mi guarda e io guardo lui, e nessuno dei due è felice. Però funziona, ho perso un po’ di peso, tipo 4 chili, e i jeans vecchi iniziano a starmi meno stretti. I contro? Mi sento solo, a volte. Non c’è nessuno che ti batte il cinque dopo un allenamento, e se sgarro con una pizza mi giudico da solo, che è pure peggio. Le consulenze online aiutano, sì, ma non è come avere qualcuno che ti urla “dai, ancora una!” mentre stai morendo su uno squat. E poi c’è quella paura che sia tutto inutile, che tanto non sarò mai abbastanza – ti suona familiare?

Leggendoti, mi è venuta in mente una cosa che mi ha detto il mio coach una volta: “Non stai solo sollevando pesi, stai sollevando te stesso”. Boh, forse è una frase fatta, ma quando sudo e mi tremano le gambe, ci penso e mi dà una spinta. Tu dici che ogni ripetizione è un “te l’ho detto” che non hai urlato in faccia a lui – io invece ogni plank è un “posso farcela” che dico a me stesso, perché per troppo tempo non ci ho creduto. La bilancia si muove, il corpo cambia, ma hai ragione, dentro è un altro discorso. Però sai che c’è? Anche solo scrivere qui, o leggere te, mi fa sentire meno solo in questa cosa.

Se vuoi una routine semplice, ti dico la mia: al mattino mi alzo, caffè nero – sì, pure io, è il nostro destino – e faccio 15 minuti di esercizi a corpo libero che mi ha mandato il coach. Tipo plank, affondi, flessioni se ce la faccio. Poi tre volte a settimana aggiungo 20 minuti con i pesetti: squat, un po’ di spalle, roba tranquilla. Mangio quello che mi dice il dieticologo: fiocchi di latte con frutta a colazione, riso e tacchino a pranzo, pesce o uova con verdure la sera. Non è da chef stellato, ma tiene botta. E quando proprio non ne posso più, cammino veloce come facevi tu all’inizio – è sempre un buon modo per sfogarsi.

Non so se ti serve a qualcosa tutto questo, magari sì, magari no. Ma ti capisco, sul serio. Sudare e sentire che esce tutto, anche quello che non dici, è una cosa che vivo anch’io. Torno a casa stanco, il caffè è freddo, e a volte mi chiedo pure io se ne valga la pena. Ma poi mi peso, o mi guardo allo specchio e vedo che qualcosa sta cambiando, e penso che forse, dico forse, sto andando da qualche parte. Scrivici ancora, dai, che non sei l’unica a combattere. Io sono qui, con i miei pesetti e il mio coach virtuale, a provarci un giorno alla volta. Tu che dici, ce la facciamo?
 
Ehilà, tu con il tuo caffè amaro e io con il mio, sembra quasi una gara a chi lo beve più nero e triste, no? Mi sono fermato a leggerti e, cavolo, è come se avessi spiattellato lì un pezzo della mia vita, anche se il divorzio non c’entra con me. Quel guardarsi allo specchio e pensare “ma chi diavolo sei?” lo sento nelle ossa, e pure quel bisogno di muoverti per non impazzire. Ti capisco, eccome. Io però non sono solo in questa battaglia: c’ho il mio compagno di avventure, il mio socio di sudore – il mio ragazzo, che s’è messo in testa di dimagrire con me. E ti dico, avere uno che ti sta accanto in questa giungla di pesetti e pollo scondito cambia tutto.

Sai, pure noi siamo partiti da zero, tipo te con le tue camminate e me con quel coach online che mi faceva venire il mal di testa con i suoi numeri. Lui, il mio partner, all’inizio era scettico: “Ma davvero dobbiamo pesare il riso? E i pesi, dove li mettiamo in casa?”. Però poi s’è fatto prendere, e ora è quello che mi tira su dal divano quando vorrei solo affogare in un piatto di carbonara. Facciamo tutto insieme: squat mentre ci lamentiamo del mal di gambe, plank mentre ci guardiamo storto tipo “chi cede per primo?”, e la mattina ci dividiamo quel caffè nero come fosse un rituale. Non è solo il corpo che cambia, è che ci sproniamo a vicenda – se uno molla, l’altro lo rimette in riga. È una specie di patto non detto: o ci salviamo tutti e due o niente.

Rispetto al tuo coach virtuale, il mio “allenatore” è più che altro lui che mi urla “muovi quel culo!” quando sto per crollare. Abbiamo preso spunto da un’app, roba base: 20 minuti di esercizi a casa, tipo affondi e flessioni, e un po’ di pesi che abbiamo scovato a poco prezzo. La dieta? Uguale alla tua, più o meno: fiocchi di latte che sembrano colla, tacchino che dopo una settimana ti guarda male, verdure che ormai sogno di notte. Però insieme è diverso: se io sgarro con una pizza, lui mi fa la ramanzina, ma poi la mangia con me e ridiamo come scemi. I chili scendono piano – io ne ho persi 5, lui 3 – ma è un lavoro di squadra, e questo mi tiene a galla quando la testa vuole mollare.

Certo, non è tutto rose e fiori. A volte litighiamo perché lui vuole fare un altro giro di plank e io vorrei solo morire sul tappeto. Oppure ci guardiamo allo specchio e ci diciamo “ma ne vale la pena?”. Dentro, come dici tu, è ancora un casino: il corpo cambia, ma la testa va più lenta, e certi giorni mi sento comunque un disastro. Però avere lui che mi dice “guarda, la cintura si allaccia meglio” o che mi passa il caffè senza zucchero con quel mezzo sorriso, beh, mi fa pensare che forse ce la posso fare. Non è solo sollevare pesi, è sollevare pure noi stessi, insieme.

Tu parli di sudare per sfogarti, e io ti capisco alla grande – ma prova a immaginare di farlo in due. Quando finiamo, siamo distrutti, il caffè è freddo, e ci buttiamo sul divano a dirci “ok, domani si ricomincia”. Non è perfetto, ma è nostro. Se vuoi un consiglio da uno che ci sta provando con un alleato al fianco: trova qualcuno, anche solo per una camminata veloce o per lamentarvi insieme dei broccoli. Non risolve il caos dentro, ma ti dà una spinta che da solo non trovi. Io e lui siamo qui, un giorno alla volta, con i nostri pesetti e i nostri “posso farcela” detti a mezza voce. Tu che ne pensi, ti va di provarci ancora? Magari ci scriviamo, ci teniamo su a vicenda – in fondo, pure il caffè amaro è meno amaro se lo condividi.
 
Ehi, leggere te è stato come guardarmi allo specchio, ma con una tazza di caffè amaro in più e un compagno di viaggio che mi manca. Quel tuo “muovi quel culo!” me lo immagino gridato nel silenzio di casa mia, ma qui l’unico che mi sprona è il mio riflesso, e non sempre è gentile. Ti capisco, sai, quel bisogno di sudare per tenere la testa a bada, quel rituale del caffè nero che diventa una specie di ancora. Però mi fai quasi invidia con il tuo socio di fatica – dev’essere una forza avere qualcuno che ti tira su dal divano o che ti passa il tacchino senza fare storie.

Io invece sono qui, con le mie verdure cresciute sul balcone e i miei pomodori che peso come se fossero oro. Non ho un coach online né un ragazzo che mi urla dietro, ma ho il mio piccolo angolo verde che mi dà un senso di controllo. Sai com’è, quando coltivi qualcosa con le tue mani, sai esattamente cosa ci metti dentro – niente schifezze, niente sorprese. E poi, contare le calorie di un’insalata che hai fatto crescere tu è quasi un gioco: zucchine nane, rucola un po’ selvatica, un filo d’olio che misuro col cucchiaino. È una cosa semplice, ma mi tiene in riga, soprattutto nei giorni in cui la testa mi dice di mollare tutto e ordinare una pizza.

Il movimento lo faccio anch’io, niente di complicato: cammino veloce intorno al quartiere, a volte porto un vecchio bilanciere che ho trovato in cantina e faccio due affondi sotto il sole. Non è una palestra, non è un programma da app, ma è il mio modo di non cedere. Mi piace pensarla come te e il tuo compagno: un passo alla volta, un giorno alla volta. Solo che io parlo coi miei peperoncini quando li annaffio – loro non rispondono, ma almeno non mi giudicano se sgarro con un pezzo di pane.

La tua idea di squadra mi piace, davvero. Io non ho un “lui” che mi sta accanto, ma forse potrei trovare un’amica per una camminata o per scambiarci idee su come rendere il pollo meno triste. Le mie verdure fatte in casa sono il mio alleato silenzioso: non mi urlano di fare plank, ma mi ricordano che qualcosa di buono lo sto costruendo. Certo, i chili scendono lenti – ne ho persi 4 in due mesi, niente di eclatante – ma ogni foglia di basilico che strappo dal vaso mi sembra un piccolo “brava” che mi dico da sola.

Quando parli di quei giorni in cui ti senti un disastro, ti capisco fin troppo. La testa è un campo di battaglia, e il corpo a volte è solo un soldato che esegue ordini a fatica. Però il tuo racconto mi dà una spinta: magari non ho un partner per gli squat, ma potrei scriverti, no? Confrontarci su quanto è freddo il caffè quando finiamo di sudare, o su come i broccoli sembrano sempre una punizione. Il mio balcone non mi abbraccia, ma sapere che là fuori c’è qualcuno che ci prova, con o senza pesetti, mi fa sentire meno sola. Che dici, ci teniamo compagnia tra un’insalata e una camminata? Non sarà una squadra in carne e ossa, ma forse anche così si può andare avanti.
 
Ciao a tutti, o forse no, non so neanche perché scrivo qui oggi. Sono stanca, sapete? Dopo il divorzio mi sento come se mi avessero strappato via un pezzo di me, e non parlo solo del cuore. Pesavo troppo, mi guardavo allo specchio e vedevo solo fallimento. Lui se n’è andato, e io sono rimasta con i miei chili di troppo e una tazza di caffè nero che ormai è l’unica cosa che mi tiene in piedi.
Ho iniziato ad allenarmi, non perché lo volessi davvero, ma perché dovevo fare qualcosa. All’inizio era solo una camminata veloce, con la rabbia che mi bruciava dentro più dei muscoli. Ora faccio un po’ di pesi, qualche squat, cerco di seguire una routine decente, ma non è facile. Mi alzo presto, bevo quel dannato caffè senza zucchero – che sa di niente, proprio come me in questo momento – e mi trascino in palestra o fuori a correre. Ho perso qualche chilo, sì, ma non è abbastanza. Non lo sarà mai, forse.
Qualcuno di voi ci è passato? Vi capita mai di sudare e sentire che state buttando fuori anche le lacrime che non avete più? Io sì. Ogni ripetizione è un “te l’ho detto” che non ho mai avuto il coraggio di urlargli in faccia. Ogni passo è un tentativo di riprendermi qualcosa, ma poi torno a casa, sola, e mi chiedo se ne valga la pena. La bilancia dice che sto cambiando, il mio corpo un po’ si sta trasformando, ma dentro? Dentro è ancora un casino.
Non so, forse scrivo solo per sfogarmi. Se qualcuno ha una routine che funziona, me la passi? Magari qualcosa di semplice, perché non ho più energie per complicarmi la vita. E se anche voi vi siete sentiti così, ditemelo. Almeno non mi sembrerà di essere l’unica a combattere con i pesi e con me stessa, mentre il caffè si raffredda sul tavolo.
Ehi, ti leggo e sembra quasi di guardarmi allo specchio, sai? Quel caffè amaro che sa di niente lo conosco fin troppo bene, è come un compagno silenzioso che ti fissa mentre cerchi di mettere insieme i pezzi. Capisco quel vuoto che dici, quel pezzo che manca e non è solo il cuore, ma anche la voglia di guardarti e sentirti bene. Io dopo il mio "crollo" – non lo chiamo divorzio, sembra troppo elegante per il caos che è stato – ho iniziato a camminare. Non per scelta, proprio come te, ma perché stavo esplodendo dentro e dovevo muovermi.

All’inizio erano solo passi veloci, con la testa piena di pensieri che giravano come un disco rotto. Ora cammino tanto, a volte pure per ore. Vivo vicino a un parco, quindi faccio un giro lungo lì, tra gli alberi, dove nessuno mi vede e posso lasciarmi andare. Non è palestra, non è pesi, ma ti giuro che quelle salite ripide mi fanno sentire i muscoli che bruciano, e sì, a volte mi sembra di sudare via anche il peso che ho dentro. Ho perso qualche chilo così, non tantissimo, ma abbastanza da sentirmi un po’ meno schiacciata. Mangio meno schifezze, cerco di tenere i pasti leggeri e di non abbuffarmi la sera, anche se a volte cedo ancora.

La mia routine non è niente di speciale, ma te la passo lo stesso: esco presto, prima che il mondo si svegli del tutto, e faccio almeno 8-10 chilometri a piedi. Tengo il telefono con una playlist che mi spinge a non fermarmi – niente canzoni lente, solo roba che mi fa andare avanti. Torno a casa stanca ma un po’ più leggera, non solo di corpo. Non è complicato, non servono attrezzi, solo un paio di scarpe decenti e la voglia di non mollare. Magari prova a trovare un posto che ti piace, un percorso che ti tenga la testa occupata, perché è vero, dentro è ancora un casino, ma fuori puoi ricostruire qualcosa.

E sì, mi capita di sentire che ogni passo è un modo per buttare fuori quello che non riesco a dire. Non sei sola, credimi. La bilancia cambia, il corpo pure, ma la testa va più lenta, e va bene così. Se ti va, scrivimi com’è andata una camminata lunga, magari mi dai qualche idea per un percorso nuovo. Intanto, quel caffè freddo sul tavolo lascialo lì: esci e cammina, che forse non risolve tutto, ma aiuta a respirare.
 
Ciao a tutti, o forse no, non so neanche perché scrivo qui oggi. Sono stanca, sapete? Dopo il divorzio mi sento come se mi avessero strappato via un pezzo di me, e non parlo solo del cuore. Pesavo troppo, mi guardavo allo specchio e vedevo solo fallimento. Lui se n’è andato, e io sono rimasta con i miei chili di troppo e una tazza di caffè nero che ormai è l’unica cosa che mi tiene in piedi.
Ho iniziato ad allenarmi, non perché lo volessi davvero, ma perché dovevo fare qualcosa. All’inizio era solo una camminata veloce, con la rabbia che mi bruciava dentro più dei muscoli. Ora faccio un po’ di pesi, qualche squat, cerco di seguire una routine decente, ma non è facile. Mi alzo presto, bevo quel dannato caffè senza zucchero – che sa di niente, proprio come me in questo momento – e mi trascino in palestra o fuori a correre. Ho perso qualche chilo, sì, ma non è abbastanza. Non lo sarà mai, forse.
Qualcuno di voi ci è passato? Vi capita mai di sudare e sentire che state buttando fuori anche le lacrime che non avete più? Io sì. Ogni ripetizione è un “te l’ho detto” che non ho mai avuto il coraggio di urlargli in faccia. Ogni passo è un tentativo di riprendermi qualcosa, ma poi torno a casa, sola, e mi chiedo se ne valga la pena. La bilancia dice che sto cambiando, il mio corpo un po’ si sta trasformando, ma dentro? Dentro è ancora un casino.
Non so, forse scrivo solo per sfogarmi. Se qualcuno ha una routine che funziona, me la passi? Magari qualcosa di semplice, perché non ho più energie per complicarmi la vita. E se anche voi vi siete sentiti così, ditemelo. Almeno non mi sembrerà di essere l’unica a combattere con i pesi e con me stessa, mentre il caffè si raffredda sul tavolo.
Ehi, ti leggo e sembra quasi di guardarmi allo specchio, sai? Quel caffè amaro che sa di vuoto lo conosco fin troppo bene. Anche io sto provando a rimettermi in piedi, un passo alla volta, senza strafare. Dopo il mio caos personale, ho deciso di non buttarmi in diete assurde o promesse impossibili. Faccio poco, ma ogni giorno aggiungo qualcosa: ieri ho bevuto più acqua, oggi ho fatto una passeggiata più lunga del solito. Domani magari provo a fare qualche squat davanti alla tv, niente di che.

Capisco quel tuo “non è abbastanza”. La bilancia si muove, il corpo cambia, ma dentro è come se fossi ancora ferma lì, a guardarti cadere a pezzi. Io sto trovando un po’ di pace nel non correre troppo: un giorno alla volta, una piccola abitudine nuova. Non so se sia una routine da passarti, ma magari prova così: oggi bevi un bicchiere d’acqua in più, domani fai cinque minuti di stretching. Piccole cose, che non pesano come tutto il resto.

Sudare e sentire che esce anche il resto, sì, mi succede. Ogni tanto mi fermo, respiro, e penso che forse sto buttando fuori anche un po’ di quel casino che mi porto dentro. Non sei sola, credimi. La tua tazza di caffè freddo sul tavolo potrebbe essere la mia. Forza, un passo piccolo oggi, ok? Magari domani ci scriviamo come è andata.
 
Ciao, o forse “ehi, tu con il caffè amaro, ascoltami un attimo”! Quel tuo post mi ha colpita, sai? Sembra una di quelle mattine in cui ti svegli, ti versi la solita tazza nera come la pece e ti chiedi se stai girando un film drammatico o se è solo la tua vita. Io ci sono passata, magari non proprio con un divorzio, ma con quel senso di “ok, e ora che faccio?” che ti prende e non ti molla. E quel caffè senza zucchero? Un classico, il mio compagno di sventure da quando ho deciso di darci un taglio con le schifezze.

Guarda, ti racconto come sto provando a fare io, che magari ti dà uno spunto senza complicarti troppo la giornata. Ho iniziato con il “metodo della taрелка” – sì, lo so, non è un termine italiano, ma immagina di dividere il piatto in tre parti come se fosse una pizza della salute! Metà la riempio di verdure, tipo zucchine grigliate o un’insalata che non mi faccia sbadigliare solo a guardarla. Un quarto è per le proteine – un po’ di pollo, del pesce, quello che mi capita sotto mano. E l’altro quarto è per i carboidrati, magari del riso integrale o una patata che non mi faccia sentire in colpa. Niente bilancini o conteggi da scienziata, solo occhio e buon senso. Oggi, per esempio, ho fatto una foto al mio piatto: un’esplosione di colori con carote, un pezzo di tacchino e qualche chicco di farro. Non è da chef stellato, ma mi fa sorridere quando lo guardo.

All’inizio mi sembrava una punizione, te lo giuro. Tipo: “Davvero, io che amo la pasta ora devo stare qui a contare broccoli?” Ma poi, giorno dopo giorno, è diventata una specie di gioco. Ogni tanto aggiungo un sorso di qualcosa di buono – non il caffè amaro, eh, magari un tè leggero o una tisana che mi scalda le mani e l’umore. E sai una cosa? Sudare in palestra o mentre corro mi fa sentire come te: ogni goccia è un “e ora vediamo chi vince” che lancio a me stessa, e magari anche a quel passato che vorrei lasciarmi dietro.

Non sei l’unica, davvero. Quel tuo “dentro è ancora un casino” lo capisco eccome. Ma guarda, provaci con un piatto semplice domani: mezzo pieno di verdure croccanti, un po’ di proteine che ti piacciono e un pizzico di carboidrati per non sentirti a dieta punitiva. Poi mi dici com’è andata, ok? E se il caffè si raffredda, pazienza, magari ti fai una limonata fresca per festeggiare che oggi hai fatto un passo. Dai, che siamo in due a berci la vita un sorso alla volta!
 
Ciao, o forse “ehi, tu con il caffè amaro, ascoltami un attimo”! Quel tuo post mi ha colpita, sai? Sembra una di quelle mattine in cui ti svegli, ti versi la solita tazza nera come la pece e ti chiedi se stai girando un film drammatico o se è solo la tua vita. Io ci sono passata, magari non proprio con un divorzio, ma con quel senso di “ok, e ora che faccio?” che ti prende e non ti molla. E quel caffè senza zucchero? Un classico, il mio compagno di sventure da quando ho deciso di darci un taglio con le schifezze.

Guarda, ti racconto come sto provando a fare io, che magari ti dà uno spunto senza complicarti troppo la giornata. Ho iniziato con il “metodo della taрелка” – sì, lo so, non è un termine italiano, ma immagina di dividere il piatto in tre parti come se fosse una pizza della salute! Metà la riempio di verdure, tipo zucchine grigliate o un’insalata che non mi faccia sbadigliare solo a guardarla. Un quarto è per le proteine – un po’ di pollo, del pesce, quello che mi capita sotto mano. E l’altro quarto è per i carboidrati, magari del riso integrale o una patata che non mi faccia sentire in colpa. Niente bilancini o conteggi da scienziata, solo occhio e buon senso. Oggi, per esempio, ho fatto una foto al mio piatto: un’esplosione di colori con carote, un pezzo di tacchino e qualche chicco di farro. Non è da chef stellato, ma mi fa sorridere quando lo guardo.

All’inizio mi sembrava una punizione, te lo giuro. Tipo: “Davvero, io che amo la pasta ora devo stare qui a contare broccoli?” Ma poi, giorno dopo giorno, è diventata una specie di gioco. Ogni tanto aggiungo un sorso di qualcosa di buono – non il caffè amaro, eh, magari un tè leggero o una tisana che mi scalda le mani e l’umore. E sai una cosa? Sudare in palestra o mentre corro mi fa sentire come te: ogni goccia è un “e ora vediamo chi vince” che lancio a me stessa, e magari anche a quel passato che vorrei lasciarmi dietro.

Non sei l’unica, davvero. Quel tuo “dentro è ancora un casino” lo capisco eccome. Ma guarda, provaci con un piatto semplice domani: mezzo pieno di verdure croccanti, un po’ di proteine che ti piacciono e un pizzico di carboidrati per non sentirti a dieta punitiva. Poi mi dici com’è andata, ok? E se il caffè si raffredda, pazienza, magari ti fai una limonata fresca per festeggiare che oggi hai fatto un passo. Dai, che siamo in due a berci la vita un sorso alla volta!
Ehi, tu col caffè nero come la notte, mi hai fatto quasi commuovere! Quel tuo “solo caffè amaro e allenamenti” è un grido che sento fin troppo bene. Sai, quando la vita ti sbatte in faccia un “e ora?”, a volte serve solo un sorso di qualcosa di puro per ripartire. Io sono quella fissata col detox, lo ammetto: un bel frullato verde può sembrare una follia, ma ti giuro che dà una scossa. Prova questo: spinaci, mela, un po’ di limone e acqua. Semplice, niente robe strane. Ti riempie di energia senza pesare, e le proteine le prendi dopo, magari con un pezzo di tacchino o un uovo sodo. Attenta però, non esagerare coi succhi, che lo stomaco poi si ribella. Fammi sapere se ti va, ok? Un passo alla volta, che il casino dentro si sistema piano piano.
 
Ehi, tu col caffè nero come la notte, mi hai fatto quasi commuovere! Quel tuo “solo caffè amaro e allenamenti” è un grido che sento fin troppo bene. Sai, quando la vita ti sbatte in faccia un “e ora?”, a volte serve solo un sorso di qualcosa di puro per ripartire. Io sono quella fissata col detox, lo ammetto: un bel frullato verde può sembrare una follia, ma ti giuro che dà una scossa. Prova questo: spinaci, mela, un po’ di limone e acqua. Semplice, niente robe strane. Ti riempie di energia senza pesare, e le proteine le prendi dopo, magari con un pezzo di tacchino o un uovo sodo. Attenta però, non esagerare coi succhi, che lo stomaco poi si ribella. Fammi sapere se ti va, ok? Un passo alla volta, che il casino dentro si sistema piano piano.
Ehi, sicksugar, quel tuo piatto a pizzette di salute mi ha fatto sorridere! Sembra quasi un quadro, con quei colori che ti tirano su il morale. Io, sai, sto inseguendo un traguardo: correre una mezza maratona senza sentirmi un sacco di patate. Per questo ho detto ciao ai dolci e mi sono buttata su piatti semplici, tipo i tuoi. Oggi, per dire, ho messo insieme spinaci saltati, un po’ di salmone e quinoa che sembrava un’esplosione di bontà. Niente bilancia, solo quello che mi fa stare bene. E quando corro, ogni passo è come dire al mondo: “Ce la faccio”. Il tuo caffè amaro mi ricorda le mie mattine: un sorso, un respiro, e via ad allenarmi. Grazie per il tuo racconto, mi sa che domani provo le tue zucchine grigliate. Tu che combini?
 
Ehi, sicksugar, quel tuo piatto a pizzette di salute mi ha fatto sorridere! Sembra quasi un quadro, con quei colori che ti tirano su il morale. Io, sai, sto inseguendo un traguardo: correre una mezza maratona senza sentirmi un sacco di patate. Per questo ho detto ciao ai dolci e mi sono buttata su piatti semplici, tipo i tuoi. Oggi, per dire, ho messo insieme spinaci saltati, un po’ di salmone e quinoa che sembrava un’esplosione di bontà. Niente bilancia, solo quello che mi fa stare bene. E quando corro, ogni passo è come dire al mondo: “Ce la faccio”. Il tuo caffè amaro mi ricorda le mie mattine: un sorso, un respiro, e via ad allenarmi. Grazie per il tuo racconto, mi sa che domani provo le tue zucchine grigliate. Tu che combini?
NamanZhilivoda, il tuo frullato verde mi ha incuriosito, lo provo domani! Tra bimbi che corrono e riunioni infinite, il caffè amaro è il mio migliore amico. Oggi ho ritagliato 15 minuti per fare squat e plank mentre la cena cuoceva. Per mangiare, sto andando di zuppe calde: zucca, carote, un pizzico di zenzero. Scaldano il cuore e tengono leggero. Le tue zucchine grigliate, sicksugar, finiscono dritte nel mio menu settimanale. Un passo alla volta, vero?