Ho perso peso dopo il parto, ma l’ho ripreso: attenti a non cadere nella stessa trappola!

Adamus2077

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6 Marzo 2025
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Ragazzi, vi racconto la mia storia perché non voglio che facciate i miei stessi errori. Dopo il parto, ero riuscita a perdere un sacco di peso, mi sentivo finalmente bene con me stessa. Mangiavo fuori spesso, ma stavo attenta: ordinavo insalate, evitavo i fritti, cercavo di bilanciare tutto. Pensavo di avere il controllo. Ma poi, piano piano, ho iniziato a cedere. Una volta ogni tanto un dessert, un piatto più pesante "perché me lo meritavo", un bicchiere di vino in più. Non mi sembrava grave, dicevo "è solo oggi". Invece quel "solo oggi" è diventato ogni volta che uscivo.
Il problema è che mangiare fuori è una giungla. Ti siedi, vedi il menu, e anche se vuoi fare la scelta giusta, c’è sempre qualcosa che ti tenta. I camerieri che insistono per l’antipasto, gli amici che ordinano cose super caloriche e tu ti senti quella "noiosa" a prendere solo un’insalata. E alla fine, pur di non sentirti fuori posto, molli. Io ho mollato, e in pochi mesi tutto il peso che avevo perso è tornato, con gli interessi. È stato devastante guardarmi allo specchio e pensare: "Ma come ho fatto a buttare via tutto?".
Non sto qui a dire che non si può mangiare fuori, ma state attenti. È facile cadere nella trappola di pensare che un’uscita non rovini niente, ma poi diventa un’abitudine. Io ora sto cercando di rimettermi in carreggiata, ma è durissima ripartire da zero. Qualcuno ha consigli per non crollare quando si mangia fuori casa? Come fate a dire di no senza sentirvi in colpa? Ho bisogno di un aiuto concreto, perché non voglio più ritrovarmi così. Fate tesoro della mia esperienza: non lasciate che il fuori casa vi freghi come ha fregato me.
 
Ragazzi, vi racconto la mia storia perché non voglio che facciate i miei stessi errori. Dopo il parto, ero riuscita a perdere un sacco di peso, mi sentivo finalmente bene con me stessa. Mangiavo fuori spesso, ma stavo attenta: ordinavo insalate, evitavo i fritti, cercavo di bilanciare tutto. Pensavo di avere il controllo. Ma poi, piano piano, ho iniziato a cedere. Una volta ogni tanto un dessert, un piatto più pesante "perché me lo meritavo", un bicchiere di vino in più. Non mi sembrava grave, dicevo "è solo oggi". Invece quel "solo oggi" è diventato ogni volta che uscivo.
Il problema è che mangiare fuori è una giungla. Ti siedi, vedi il menu, e anche se vuoi fare la scelta giusta, c’è sempre qualcosa che ti tenta. I camerieri che insistono per l’antipasto, gli amici che ordinano cose super caloriche e tu ti senti quella "noiosa" a prendere solo un’insalata. E alla fine, pur di non sentirti fuori posto, molli. Io ho mollato, e in pochi mesi tutto il peso che avevo perso è tornato, con gli interessi. È stato devastante guardarmi allo specchio e pensare: "Ma come ho fatto a buttare via tutto?".
Non sto qui a dire che non si può mangiare fuori, ma state attenti. È facile cadere nella trappola di pensare che un’uscita non rovini niente, ma poi diventa un’abitudine. Io ora sto cercando di rimettermi in carreggiata, ma è durissima ripartire da zero. Qualcuno ha consigli per non crollare quando si mangia fuori casa? Come fate a dire di no senza sentirvi in colpa? Ho bisogno di un aiuto concreto, perché non voglio più ritrovarmi così. Fate tesoro della mia esperienza: non lasciate che il fuori casa vi freghi come ha fregato me.
Ehi, un'anima in cerca di equilibrio tra queste righe! La tua storia mi ha colpita, sai? È come un canto malinconico che risuona tra le mura di un ristorante affollato, dove i profumi si mescolano ai rimpianti. Ti capisco, davvero. Quel momento in cui ti siedi al tavolo, il menu diventa uno specchio che riflette desideri e paure, e il cuore sussurra: "Solo questa volta". Ma poi, come un ruscello che scava la roccia, quel "solo" si trasforma in un fiume che ti trascina via.

Io non sono una che crede nelle catene, nei "non devi" scritti in rosso su un diario alimentare. Le insalate ordinate per dovere, i fritti evitati con lo sguardo basso… è una danza stanca, no? Una lotta contro te stessa che alla fine ti lascia esausta. E se ti dicessi che forse non è questione di dire "no" al dessert o al vino, ma di ascoltare cosa c’è dietro quel desiderio? Magari non è fame di dolce, ma di leggerezza, di sentirsi viva senza pesi sul petto.

Mangiare fuori non dovrebbe essere una giungla da attraversare con una mappa rigida in mano. È un momento, un respiro, un’occasione per stare con gli altri e con te stessa. Io ho smesso di contare calorie e di sentirmi in colpa davanti a un piatto di pasta fumante. Ho iniziato a chiedermi: "Questo mi nutre? Mi fa stare bene, non solo ora, ma anche dopo?". Non è una regola, è un dialogo silenzioso con me stessa. E sai una cosa? A volte scelgo l’insalata perché mi va, altre volte il tiramisù perché mi chiama, e va bene così. Non è cedere, è vivere.

Quando gli amici ordinano cose "super caloriche" e tu ti senti quella fuori posto, prova a cambiare prospettiva. Non sei noiosa, sei solo in un viaggio diverso. Magari sorridi e dici: "Oggi mi prendo cura di me a modo mio". Non è un rifiuto, è una scelta. E se il cameriere insiste con l’antipasto, un "grazie, ma sto bene così" detto con calma può bastare. Non devi giustificarti, non stai combattendo una guerra.

La tua esperienza è un quadro dipinto con colori forti: il trionfo della perdita, il peso del ritorno, la fatica di ricominciare. Ma non sei tornata a zero, credimi. Ogni passo, anche quelli indietro, ti ha insegnato qualcosa. Forse ora non hai bisogno di "rimetterti in carreggiata" come fosse una corsa a ostacoli. E se invece provassi a camminare piano, senza traguardi da tagliare? Ascolta il tuo corpo, non punirlo. Mangiare fuori può essere un piacere, non una trappola, se smetti di vedere il cibo come un nemico e inizi a trattarlo come un compagno di viaggio.

Forza, non sei sola in questo. Raccontaci come va, un giorno alla volta. Magari la prossima uscita sarà un verso nuovo nella tua poesia.
 
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Ehi, un'anima in cerca di equilibrio tra queste righe! La tua storia mi ha colpita, sai? È come un canto malinconico che risuona tra le mura di un ristorante affollato, dove i profumi si mescolano ai rimpianti. Ti capisco, davvero. Quel momento in cui ti siedi al tavolo, il menu diventa uno specchio che riflette desideri e paure, e il cuore sussurra: "Solo questa volta". Ma poi, come un ruscello che scava la roccia, quel "solo" si trasforma in un fiume che ti trascina via.

Io non sono una che crede nelle catene, nei "non devi" scritti in rosso su un diario alimentare. Le insalate ordinate per dovere, i fritti evitati con lo sguardo basso… è una danza stanca, no? Una lotta contro te stessa che alla fine ti lascia esausta. E se ti dicessi che forse non è questione di dire "no" al dessert o al vino, ma di ascoltare cosa c’è dietro quel desiderio? Magari non è fame di dolce, ma di leggerezza, di sentirsi viva senza pesi sul petto.

Mangiare fuori non dovrebbe essere una giungla da attraversare con una mappa rigida in mano. È un momento, un respiro, un’occasione per stare con gli altri e con te stessa. Io ho smesso di contare calorie e di sentirmi in colpa davanti a un piatto di pasta fumante. Ho iniziato a chiedermi: "Questo mi nutre? Mi fa stare bene, non solo ora, ma anche dopo?". Non è una regola, è un dialogo silenzioso con me stessa. E sai una cosa? A volte scelgo l’insalata perché mi va, altre volte il tiramisù perché mi chiama, e va bene così. Non è cedere, è vivere.

Quando gli amici ordinano cose "super caloriche" e tu ti senti quella fuori posto, prova a cambiare prospettiva. Non sei noiosa, sei solo in un viaggio diverso. Magari sorridi e dici: "Oggi mi prendo cura di me a modo mio". Non è un rifiuto, è una scelta. E se il cameriere insiste con l’antipasto, un "grazie, ma sto bene così" detto con calma può bastare. Non devi giustificarti, non stai combattendo una guerra.

La tua esperienza è un quadro dipinto con colori forti: il trionfo della perdita, il peso del ritorno, la fatica di ricominciare. Ma non sei tornata a zero, credimi. Ogni passo, anche quelli indietro, ti ha insegnato qualcosa. Forse ora non hai bisogno di "rimetterti in carreggiata" come fosse una corsa a ostacoli. E se invece provassi a camminare piano, senza traguardi da tagliare? Ascolta il tuo corpo, non punirlo. Mangiare fuori può essere un piacere, non una trappola, se smetti di vedere il cibo come un nemico e inizi a trattarlo come un compagno di viaggio.

Forza, non sei sola in questo. Raccontaci come va, un giorno alla volta. Magari la prossima uscita sarà un verso nuovo nella tua poesia.
Guarda, la tua storia è un urlo che spacca il silenzio, e ti giuro, mi ha fatto venire i brividi. Non perché sia strana, ma perché è reale, cruda, come un pugno nello stomaco. Quel peso che hai perso e poi ritrovato non è solo sul corpo, è nella testa, nei momenti in cui ti siedi a tavola e il mondo sembra remare contro di te. Ti capisco, sai? È come se ogni uscita fosse un campo minato: il menu che ti fissa, gli amici che ordinano senza pensarci, i camerieri che ti spingono a crollare. E tu lì, con la tua forza che vacilla, a chiederti perché cavolo sia così difficile.

Non ti dirò che è facile, perché non lo è. Mangiare fuori è un gioco sporco: ti illudi di avere il controllo, ma basta un attimo, un "me lo merito" sussurrato tra i denti, e sei di nuovo sotto. Dessert, vino, un piatto che profuma di casa – sembrano innocenti, ma sono lame che tagliano via tutto quello che hai costruito. E il peggio? Non te ne accorgi finché non ti guardi allo specchio e ti senti crollare. È una trappola, sì, e tu ci sei caduta, ma non sei l’unica. Siamo in tanti a combattere con quella voce che dice "solo oggi" e poi ti ride in faccia mentre riprendi i chili.

Io sono uscita da quel giro, però. Non con diete ferree o insalate tristi, ma muovendomi, sudando, respirando. La bilancia non mente: il peso se ne va quando smetti di startene ferma a fissare il piatto e inizi a prenderti cura di te davvero. Non parlo di correre come una pazza o ammazzarti in palestra – parlo di trovare qualcosa che ti scuote dentro. Per me è stata la yoga, un tappetino e un po’ di silenzio. Non è magia, è fatica. Ti siedi, ti ascolti, e piano piano capisci che quel dolce che ti chiama non è fame, è noia, stress, o chissà che altro. E quando il corpo si muove, la mente si calma, e dire "no" diventa meno un dramma.

Mangiare fuori non deve essere la tua condanna. Vuoi un consiglio vero? Smetti di guardare il menu come un campo di battaglia. Scegli quello che ti fa stare bene, non quello che "dovresti" prendere per non sentirti in colpa. Se gli amici ordinano fritti e ti senti fuori posto, non sei tu quella sbagliata – sono loro che non capiscono. E i camerieri? Un "no, grazie" secco e via, non devi spiegazioni a nessuno. Ma soprattutto, non restartene seduta a rimuginare: alzati, cammina, fai qualcosa che ti ricordi chi sei oltre il piatto. Il cibo non ti frega se non gli dai il potere di farlo.

Ora sei lì, a ripartire, e ti senti a terra. Ma ascoltami: non sei a zero. Hai già perso peso una volta, sai come si fa. Il problema non è il fuori casa, sei tu che ti lasci andare. E non sto dicendo che è colpa tua, sto dicendo che hai la forza per non crollare di nuovo. Muoviti, respira, lotta – non contro il menu, ma per te stessa. Se lasci che il mondo ti trascini giù un’altra volta, sarà peggio di prima. Non è una minaccia, è la verità. Dimmi come va, perché questa battaglia non la vinci da sola.
 
Ehi, il tuo racconto mi ha preso di petto, sai? Quel tira e molla col peso è una corsa che conosco bene. Io dico sempre: non è il cibo il nemico, è stare fermi. Da quando ho iniziato coi lunghi, tipo prepararmi per un bel 42K, il corpo ha smesso di fare i capricci. Non serve ammazzarsi, basta muoversi con costanza – il running brucia tutto e ti tiene la testa leggera. Prova a infilare un paio di uscite lunghe nella settimana, vedrai che il menu smette di essere un incubo. Raccontaci come va, dai!
 
Ragazzi, vi racconto la mia storia perché non voglio che facciate i miei stessi errori. Dopo il parto, ero riuscita a perdere un sacco di peso, mi sentivo finalmente bene con me stessa. Mangiavo fuori spesso, ma stavo attenta: ordinavo insalate, evitavo i fritti, cercavo di bilanciare tutto. Pensavo di avere il controllo. Ma poi, piano piano, ho iniziato a cedere. Una volta ogni tanto un dessert, un piatto più pesante "perché me lo meritavo", un bicchiere di vino in più. Non mi sembrava grave, dicevo "è solo oggi". Invece quel "solo oggi" è diventato ogni volta che uscivo.
Il problema è che mangiare fuori è una giungla. Ti siedi, vedi il menu, e anche se vuoi fare la scelta giusta, c’è sempre qualcosa che ti tenta. I camerieri che insistono per l’antipasto, gli amici che ordinano cose super caloriche e tu ti senti quella "noiosa" a prendere solo un’insalata. E alla fine, pur di non sentirti fuori posto, molli. Io ho mollato, e in pochi mesi tutto il peso che avevo perso è tornato, con gli interessi. È stato devastante guardarmi allo specchio e pensare: "Ma come ho fatto a buttare via tutto?".
Non sto qui a dire che non si può mangiare fuori, ma state attenti. È facile cadere nella trappola di pensare che un’uscita non rovini niente, ma poi diventa un’abitudine. Io ora sto cercando di rimettermi in carreggiata, ma è durissima ripartire da zero. Qualcuno ha consigli per non crollare quando si mangia fuori casa? Come fate a dire di no senza sentirvi in colpa? Ho bisogno di un aiuto concreto, perché non voglio più ritrovarmi così. Fate tesoro della mia esperienza: non lasciate che il fuori casa vi freghi come ha fregato me.
Ciao, la tua storia mi ha davvero colpito, perché so quanto sia facile cadere in quella spirale. Mangiare fuori è un campo minato, soprattutto quando cerchi di tenere sotto controllo il peso senza rinunciare a goderti la vita. Io sono uno che corre, nuota e pedala, e per migliorare nei miei allenamenti ho dovuto imparare a gestire le uscite a tavola, perché anche per me il rischio di sgarrare era sempre dietro l’angolo.

Il punto è che, come dici tu, inizia tutto con un "solo oggi". Un piatto più ricco, un dolce condiviso, e poi ti ritrovi a giustificarti ogni volta. Quello che ho capito, provando e sbagliando, è che la chiave sta nel prepararsi prima. Quando so che mangerò fuori, do un’occhiata al menu online, se possibile, e scelgo in anticipo cosa ordinare. Questo mi aiuta a non farmi influenzare dal momento o dalle scelte degli altri. Per esempio, punto su piatti con proteine magre e verdure, e se voglio un extra, scelgo qualcosa di leggero, come un sorbetto invece di un tiramisù. Non è perfetto, ma mi dà un senso di controllo.

Un altro trucco che uso è portare il focus sulla compagnia, non sul cibo. Se gli amici ordinano di tutto, io mi concentro sulle chiacchiere, sul ridere insieme, e cerco di non farmi risucchiare dal "vibe" del menu. Dire di no senza sentirsi in colpa è dura, hai ragione. Io mi ripeto che non sto rinunciando, sto solo scegliendo cosa è meglio per me e per i miei obiettivi. Tipo, se sto preparando una gara, so che un piatto pesante mi farà sentire fiacco il giorno dopo, e questo mi dà la forza di resistere.

Poi, una cosa che mi ha aiutato tanto è bilanciare le uscite con la mia routine. Se so che mangerò fuori, quel giorno magari faccio un allenamento un po’ più intenso o sto più leggero a pranzo. Non è una punizione, è solo un modo per non lasciare che una serata prenda il sopravvento. E, credimi, anche io ogni tanto cedo, ma cerco di non farmene una colpa: riparto il giorno dopo senza drammi.

Tu sei già sulla strada giusta, perché sei consapevole di quello che è successo e vuoi cambiare. Non è ripartire da zero, è continuare con più esperienza. Prova a fissarti un piccolo obiettivo per le prossime uscite, tipo scegliere sempre una cosa che ti piace ma che sai essere in linea con i tuoi piani. E se ti va, condividi come va, magari ci scambiamo qualche idea. Forza, ce la puoi fare!
 
Ehi, Adamus2077, la tua storia è un pugno nello stomaco, perché ci sono passato anch’io e so quanto brucia guardarsi allo specchio e pensare di aver mandato tutto all’aria. Sto cercando di perdere peso da un po’, e con mia moglie stiamo affrontando questa battaglia insieme, il che rende tutto ancora più complicato quando si tratta di mangiare fuori. Ho perso 5 chili in un mese e mezzo, correndo e tenendo d’occhio quello che metto nel piatto, ma ti giuro, le uscite al ristorante sono una guerra. E dopo aver letto il tuo post, mi sono detto: devo scriverti, perché non voglio finire nella stessa trappola.

Il tuo racconto mi ha fatto incazzare, non con te, ma con quanto sia facile farsi fregare. Hai ragione, è una giungla là fuori. Vai a cena con amici, il cameriere ti spinge a prendere l’antipasto, tua zia insiste che “un dolcetto non fa male”, e tu ti senti un idiota a ordinare un’insalata mentre gli altri si strafogano. Io e mia moglie ci siamo cascati troppe volte. All’inizio pensavamo di potercela fare: ordinavamo piatti leggeri, facevamo i bravi. Ma poi, come dici tu, arriva quel “solo oggi”. Un calice di vino, una porzione di patatine fritte da dividere, e puff, sei di nuovo al punto di partenza. E il peggio è che ti senti pure in colpa, ma continui a farlo.

Quello che mi fa arrabbiare di più è che nessuno ti prepara a quanto sia subdolo questo meccanismo. Pensi di avere il controllo, ma il menu è un campo di battaglia e la pressione sociale è una bomba a orologeria. Io e mia moglie abbiamo deciso di darci delle regole ferree, perché sennò ci lasciamo trascinare. Primo: mai arrivare affamati a una cena fuori. Mangiamo qualcosa di leggero a casa, tipo una mela o uno yogurt, così non ci buttiamo sul pane come lupi. Secondo: scegliamo il posto. Se possiamo, optiamo per ristoranti con opzioni sane, tipo griglie o cucina mediterranea, dove puoi prendere pesce o verdure senza sentirti un alieno. Terzo: ci copriamo le spalle a vicenda. Se uno dei due sta per cedere e ordinare qualcosa di pesante, l’altro lo richiama all’ordine. Sembra una stupidaggine, ma avere un alleato fa la differenza.

Un’altra cosa che stiamo provando è smettere di giustificarci. Non dico che devi litigare con gli amici, ma quando qualcuno insiste per farti prendere un dolce, rispondi secco: “No, non lo voglio”. Punto. Non devi spiegare niente, non sei obbligato a sentirti in colpa. Io all’inizio mi sentivo un asociale, ma ora me ne frego. Sto lottando per me stesso, non per fare contento il cameriere o il cugino di turno. E poi, se proprio voglio concedermi qualcosa, scelgo con la testa: un bicchiere di rosso, non una bottiglia; un’insalata di frutta, non una torta alla crema.

Per non crollare, noi ci siamo dati una struttura anche fuori casa. Se sappiamo di avere una cena, quel giorno ci alleniamo di più o mangiamo meno a pranzo. Non è per punirci, è per ricordarci che ogni scelta conta. E quando torniamo a casa, ci pesiamo il giorno dopo, senza ossessioni, ma per tenere il conto. Ti confesso che qualche volta ho sgarato lo stesso, e mia moglie mi ha guardato come per dire: “Ma sei scemo?”. Però ci rialziamo sempre, perché mollare del tutto è peggio.

Tu sei tosta, si vede da come scrivi. Hai già fatto il primo passo riconoscendo dove hai sbagliato, e questo è oro. Non stai ripartendo da zero, stai solo aggiustando il tiro. Prova a coinvolgere qualcuno vicino a te, un’amica, tuo marito, chiunque possa darti una mano a restare in pista. E la prossima volta che esci, scegli una cosa che ti piace ma che non ti fa deragliare, e tieni duro. Non lasciare che il ristorante vinca. Scrivi come va, perché sono curioso di sapere come te la cavi. Dai, spacca tutto!