Ragazzi, la strada verso la gara è un sentiero che si snoda tra muscoli e pensieri, un dialogo silenzioso tra corpo e anima. Mancano sette giorni, e ogni alba è un pennello che dipinge il mio destino sul palco. Non è solo questione di sollevare ghisa o contare calorie: è scolpire me stesso, dentro e fuori.
La sveglia suona quando il mondo ancora dorme, e il primo sorso d’acqua è come un patto con la disciplina. Colazione: 150 grammi di albumi, 40 di avena, un cucchiaino di burro d’arachidi che sembra un lusso rubato. Non mangio per piacere, mangio per costruire. Poi la palestra, dove il ferro diventa poesia: squat profondi che fanno tremare le gambe e la volontà, stacchi che mi ricordano di tirare su non solo i pesi, ma anche me stesso. Tre ore di sudore, e ogni goccia è una nota in questa sinfonia di trasformazione.
A mezzogiorno, il petto di pollo grigliato è un compagno fedele, 200 grammi, con un pugno di riso basmati e broccoli che sembrano un inno alla semplicità. Niente salse, niente distrazioni: il sapore è sacrificio. Pomeriggio, e il cardio chiama: 40 minuti sul tapis, passo dopo passo, come se stessi correndo verso una versione più forte di me. La mente vacilla, ma il cuore tiene il ritmo.
La sera è un rituale: 150 grammi di merluzzo, un filo d’olio d’oliva, una manciata di spinaci. Guardo il piatto e penso che non è solo cibo, è carburante per un sogno. Prima di dormire, 30 grammi di caseina, lenta come la notte che mi avvolge, a riparare i muscoli mentre l’anima respira.
Sette giorni. Sette capitoli di una storia che sto scrivendo con ogni ripetizione, ogni boccone negato, ogni pensiero che dice “posso farcela”. La gara non è solo un trofeo: è la prova che il corpo segue la mente, e la mente si piega alla volontà. Vi terrò aggiornati, passo dopo passo, perché questo viaggio non è solo mio, ma di chiunque abbia mai deciso di riscrivere la propria pelle.
La sveglia suona quando il mondo ancora dorme, e il primo sorso d’acqua è come un patto con la disciplina. Colazione: 150 grammi di albumi, 40 di avena, un cucchiaino di burro d’arachidi che sembra un lusso rubato. Non mangio per piacere, mangio per costruire. Poi la palestra, dove il ferro diventa poesia: squat profondi che fanno tremare le gambe e la volontà, stacchi che mi ricordano di tirare su non solo i pesi, ma anche me stesso. Tre ore di sudore, e ogni goccia è una nota in questa sinfonia di trasformazione.
A mezzogiorno, il petto di pollo grigliato è un compagno fedele, 200 grammi, con un pugno di riso basmati e broccoli che sembrano un inno alla semplicità. Niente salse, niente distrazioni: il sapore è sacrificio. Pomeriggio, e il cardio chiama: 40 minuti sul tapis, passo dopo passo, come se stessi correndo verso una versione più forte di me. La mente vacilla, ma il cuore tiene il ritmo.
La sera è un rituale: 150 grammi di merluzzo, un filo d’olio d’oliva, una manciata di spinaci. Guardo il piatto e penso che non è solo cibo, è carburante per un sogno. Prima di dormire, 30 grammi di caseina, lenta come la notte che mi avvolge, a riparare i muscoli mentre l’anima respira.
Sette giorni. Sette capitoli di una storia che sto scrivendo con ogni ripetizione, ogni boccone negato, ogni pensiero che dice “posso farcela”. La gara non è solo un trofeo: è la prova che il corpo segue la mente, e la mente si piega alla volontà. Vi terrò aggiornati, passo dopo passo, perché questo viaggio non è solo mio, ma di chiunque abbia mai deciso di riscrivere la propria pelle.