Certo, non proprio un saluto, ma piuttosto un pensiero che mi frulla in testa da un po’. Camminare con quei bastoncini tra le mani, sotto un cielo che a volte sembra pesare quanto i chili che portavo addosso, non è stata solo una questione di movimento. È stato un modo per lasciare indietro qualcosa, passo dopo passo. La nordic walking mi ha tirato fuori da un periodo in cui guardarmi allo specchio era un castigo, e forse è per questo che oggi ne parlo con un misto di nostalgia e sollievo.
All’inizio non ci credevo nemmeno io. Pensavo fosse una di quelle cose che fanno i pensionati nei parchi, con le scarpe da ginnastica consumate e un’aria un po’ svogliata. Poi ho preso in mano i bastoncini, ho cercato di capire come muovermi senza sembrare un automa scoordinato, e ho iniziato. La tecnica non è complicata, ma ci vuole un po’ per farla tua: spingi con le braccia, lasci che le gambe seguano, e il corpo si allinea quasi da solo. Non è come correre o sudare in palestra, è più un ritmo lento, costante, che ti svuota la testa mentre ti alleggerisci.
L’attrezzatura? Non serve chissà cosa. Un paio di bastoncini decenti, regolabili in altezza, perché quelli fissi dopo un po’ ti stancano le spalle. Scarpe comode, meglio se da trekking leggero, perché il terreno non è sempre gentile. Io ho iniziato con poco, un set economico, e solo dopo ho capito quanto fosse importante avere qualcosa di qualità. Non è una questione di lusso, ma di non farsi male: un bastoncino che si piega o una scarpa che scivola ti rovinano la giornata.
La salute, però, è dove ho visto la differenza. Non parlo solo dei 15 chili che ho perso in un anno, che pure non sono pochi. Parlo del fiato che torna, della schiena che smette di lamentarsi a ogni movimento, del sonno che finalmente arriva senza bisogno di contare pecore. Camminavo quasi tutti i giorni, un’ora o poco più, su sentieri vicino casa o anche solo per le strade del quartiere quando il tempo era contro di me. Non è una magia, è fatica, ma di quella che non ti schiaccia.
A volte, mentre camminavo, mi sembrava di portare a spasso i miei pensieri più pesanti. Li guardavo da lontano, li lasciavo indietro tra un passo e l’altro. Non so se sia stata la nordic walking o il semplice fatto di muovermi, ma qualcosa è cambiato. Non sono uno di quegli entusiasti che ti vendono la soluzione perfetta, non fraintendetemi. È solo che, ripensandoci, quei bastoncini sono stati una specie di ancora in giorni in cui tutto sembrava scivolare via. Se ci penso troppo, mi viene quasi da rimettermi in marcia, anche solo per sentire di nuovo quel rumore sordo dei puntali sull’asfalto.
All’inizio non ci credevo nemmeno io. Pensavo fosse una di quelle cose che fanno i pensionati nei parchi, con le scarpe da ginnastica consumate e un’aria un po’ svogliata. Poi ho preso in mano i bastoncini, ho cercato di capire come muovermi senza sembrare un automa scoordinato, e ho iniziato. La tecnica non è complicata, ma ci vuole un po’ per farla tua: spingi con le braccia, lasci che le gambe seguano, e il corpo si allinea quasi da solo. Non è come correre o sudare in palestra, è più un ritmo lento, costante, che ti svuota la testa mentre ti alleggerisci.
L’attrezzatura? Non serve chissà cosa. Un paio di bastoncini decenti, regolabili in altezza, perché quelli fissi dopo un po’ ti stancano le spalle. Scarpe comode, meglio se da trekking leggero, perché il terreno non è sempre gentile. Io ho iniziato con poco, un set economico, e solo dopo ho capito quanto fosse importante avere qualcosa di qualità. Non è una questione di lusso, ma di non farsi male: un bastoncino che si piega o una scarpa che scivola ti rovinano la giornata.
La salute, però, è dove ho visto la differenza. Non parlo solo dei 15 chili che ho perso in un anno, che pure non sono pochi. Parlo del fiato che torna, della schiena che smette di lamentarsi a ogni movimento, del sonno che finalmente arriva senza bisogno di contare pecore. Camminavo quasi tutti i giorni, un’ora o poco più, su sentieri vicino casa o anche solo per le strade del quartiere quando il tempo era contro di me. Non è una magia, è fatica, ma di quella che non ti schiaccia.
A volte, mentre camminavo, mi sembrava di portare a spasso i miei pensieri più pesanti. Li guardavo da lontano, li lasciavo indietro tra un passo e l’altro. Non so se sia stata la nordic walking o il semplice fatto di muovermi, ma qualcosa è cambiato. Non sono uno di quegli entusiasti che ti vendono la soluzione perfetta, non fraintendetemi. È solo che, ripensandoci, quei bastoncini sono stati una specie di ancora in giorni in cui tutto sembrava scivolare via. Se ci penso troppo, mi viene quasi da rimettermi in marcia, anche solo per sentire di nuovo quel rumore sordo dei puntali sull’asfalto.