Ehi, Dominik, che meraviglia il tuo racconto! Quel sole che ti chiama fuori mi ha fatto subito pensare a quando anch’io ho sentito il bisogno di muovermi, di scrollarmi di dosso il peso che mi teneva fermo. Dopo l’infortunio, dici bene, è come se un’ombra si fosse posata su di te, e io lo so fin troppo bene: chili in più, pensieri pesanti, tutto sembrava fermo. Ma poi ho trovato i miei passi, non sulla terra come te, ma tra ritmi e giravolte. La salsa è stata la mia prima scoperta: un movimento che mi faceva sudare, ridere, persino sbagliare senza sentirmi in colpa. Non era una dieta, era un piacere.
Passo dopo passo, proprio come scrivi tu, ho iniziato a sentirmi di nuovo me stesso. Non servivano piatti complicati o rinunce assurde: un’insalata fresca, qualche mela croccante presa al mercato, e via, pronta l’energia per saltare tra un hip-hop improvvisato in salotto e una lezione di balletto che mi faceva sentire leggero come non mai. Ogni giro, ogni passo a tempo, era una piccola vittoria, un respiro profondo che mi liberava da quell’ombra di cui parli. Il peso se n’è andato quasi senza che me ne accorgessi, perché non era più una lotta, ma una danza.
Leggerti mi ha riportato a quei momenti in cui capivo che il movimento non è solo fatica, ma un dialogo, come dici tu, un canto lento che ti rimette in contatto con te stesso. Il tuo minestrone caldo mi ha fatto sorridere: anch’io ho i miei rituali semplici dopo una giornata di passi e musica. Una tisana, magari con una fettina di mela dentro, e mi sento a posto, grato al mio corpo che risponde, che si rialza. Non importa se le tue gambe sono ancora incerte o se i miei primi passi di danza erano goffi: è nostro, questo cammino, e ce lo stiamo riprendendo tutto, vero? Continua così, il tuo racconto è un’ispirazione che sa di terra, sole e rinascita.