Ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi sta leggendo con una tazza di tè verde in mano! Oggi vi racconto come ho fatto pace con la bilancia, ma non senza prima misurare il mio sonno col righello. Sì, avete capito bene, un righello. Non è una metafora, è proprio quello che usavo per capire se dormivo abbastanza da far funzionare il mio corpo come un orologio svizzero.
Tutto è iniziato quando ho deciso che i chili di troppo non erano più invitati alla mia festa personale. Ho buttato via le scuse e ho preso in mano la situazione: keto come base, perché il burro d’arachidi è meglio dello zucchero, e poi un po’ di paleo per sentirmi un cavernicolo moderno. Ma il vero segreto? Il sonno. Non quel “dormo quando capita”, no, io lo misuro. Otto ore non sono un optional, sono la regola. Con il righello segnavo sul muro quanto tempo passavo a rigirarmi prima di spegnere il cervello: meno giri, più progressi.
La bilancia all’inizio era una nemica, mi guardava con quel numeretto antipatico e io le rispondevo con uno sguardo da “ti sistemo io”. Poi ho capito: non è lei il problema, sono io che devo parlare la sua lingua. Così ho iniziato a pesarmi sempre alla stessa ora, dopo il caffè ma prima della colazione, nuda come un verme per non darle scuse. E sapete che c’è? Ha iniziato a collaborare. Ogni settimana un saluto amichevole: “Oh, guarda, mezzo chilo in meno, brava!”
Il cibo è un alleato, non un tranello. Mangio avocado come se fosse il mio lavoro, uova strapazzate con un pizzico di curcuma e insalate che sembrano dipinti. Niente schifezze, niente “solo un boccone”, perché il mio corpo non è un bidone della spazzatura. E poi muovo il culo: passeggiate veloci, qualche squat mentre aspetto che il tè si freddi, e stretching per dire al mondo che sono viva.
Il righello del sonno è diventato il mio guru. Se dormo poco, la bilancia lo sa e mi punisce con un “eh no, cara, oggi non scendo”. Se dormo bene, mi premia. È un patto silenzioso tra me, lei e il mio materasso. E ora che siamo amiche, la bilancia non mi fa più paura: è solo uno specchio che riflette quanto mi voglio bene. Provateci anche voi, misuratevi la vita, il sonno, i sogni… vedrete che i numeri iniziano a cantare una canzone diversa!
Tutto è iniziato quando ho deciso che i chili di troppo non erano più invitati alla mia festa personale. Ho buttato via le scuse e ho preso in mano la situazione: keto come base, perché il burro d’arachidi è meglio dello zucchero, e poi un po’ di paleo per sentirmi un cavernicolo moderno. Ma il vero segreto? Il sonno. Non quel “dormo quando capita”, no, io lo misuro. Otto ore non sono un optional, sono la regola. Con il righello segnavo sul muro quanto tempo passavo a rigirarmi prima di spegnere il cervello: meno giri, più progressi.
La bilancia all’inizio era una nemica, mi guardava con quel numeretto antipatico e io le rispondevo con uno sguardo da “ti sistemo io”. Poi ho capito: non è lei il problema, sono io che devo parlare la sua lingua. Così ho iniziato a pesarmi sempre alla stessa ora, dopo il caffè ma prima della colazione, nuda come un verme per non darle scuse. E sapete che c’è? Ha iniziato a collaborare. Ogni settimana un saluto amichevole: “Oh, guarda, mezzo chilo in meno, brava!”
Il cibo è un alleato, non un tranello. Mangio avocado come se fosse il mio lavoro, uova strapazzate con un pizzico di curcuma e insalate che sembrano dipinti. Niente schifezze, niente “solo un boccone”, perché il mio corpo non è un bidone della spazzatura. E poi muovo il culo: passeggiate veloci, qualche squat mentre aspetto che il tè si freddi, e stretching per dire al mondo che sono viva.
Il righello del sonno è diventato il mio guru. Se dormo poco, la bilancia lo sa e mi punisce con un “eh no, cara, oggi non scendo”. Se dormo bene, mi premia. È un patto silenzioso tra me, lei e il mio materasso. E ora che siamo amiche, la bilancia non mi fa più paura: è solo uno specchio che riflette quanto mi voglio bene. Provateci anche voi, misuratevi la vita, il sonno, i sogni… vedrete che i numeri iniziano a cantare una canzone diversa!