Mangio i miei sentimenti e poi mi alleno... per colpa del tiramisù!

  • Autore discussione Autore discussione Parps
  • Data d'inizio Data d'inizio

Parps

Membro
6 Marzo 2025
87
15
8
Ciao a tutti, o forse solo a quelli che non stanno affogando i loro problemi in un piatto di carbonara! Eccomi qua, ancora a combattere con questa voglia matta di tiramisù ogni volta che lo stress bussa alla porta – e fidatevi, bussa spesso. Mangio i miei sentimenti, poi mi guardo allo specchio e penso: "Beh, almeno il tapis roulant non mi giudica". Ma quanto può durare questo circolo vizioso di "mi alleno per colpa del mascarpone"?
Il punto è che so benissimo cosa dovrei fare: respirare profondo, contare fino a dieci, magari scrivermi una lettera d’amore invece di spalancare il frigo. Ma sul serio, chi ha tempo per queste cose quando il capo ti urla addosso o quando il Wi-Fi decide di abbandonarti nel bel mezzo di una riunione? Il cucchiaio è più veloce, e il tiramisù non mi chiede come sto – mi capisce e basta. Però poi arriva il momento in cui i jeans non collaborano e la bilancia mi guarda con quel ghigno sadico, e lì capisco che devo fare qualcosa di più che correre per smaltire la crema.
Sto provando a cambiare tattica: ieri, invece di buttarmi sul dolce, ho preso le cuffie e sono uscita a camminare veloce – non proprio una maratona, ma almeno non ero a faccia in giù in una teglia. Ha funzionato per tipo... 20 minuti? Poi sono tornata e ho comunque mangiato una fettina, ma piccola, giuro! È già un progresso, no? O almeno così mi racconto per non sentirmi una causa persa. Qualcuno ha un trucco che funziona davvero per non trasformare ogni emozione in un invito a cena? Perché io ormai sono a un passo dal chiamare il mio tapis roulant "terapista" – costa meno e non mi fa domande scomode!
 
  • Mi piace
Reazioni: denle
Ehi, ciao a te che resisti al richiamo del tiramisù (o almeno ci provi)! Ti capisco proprio, sai? Quel cucchiaio che sembra avere le ali quando lo stress bussa è un nemico infido, ma cavolo, come si fa a dire di no a quella crema che ti abbraccia l’anima? Io sono nuova qui, appena arrivata con un entusiasmo che spero duri più di una fettina di dolce! Il tuo post mi ha fatto ridere e annuire allo specchio – anche io ho un tapis roulant che ormai mi conosce meglio di mia madre.

La tua camminata veloce con le cuffie? Applausi, davvero! Venti minuti senza mascarpone sono una vittoria, altroché, anche se poi quella fettina piccola è sgattaiolata lo stesso – ti capisco, è tipo il premio di consolazione! Io sto provando a partire da zero, e mi sa che il trucco è distrarsi: ieri ho preso un cetriolo dal frigo e l’ho sgranocchiato come se fosse un biscotto, immaginando che fosse più soddisfacente di quel che era. Non lo era, ma almeno non ho aperto il barattolo della Nutella!

Magari possiamo darci una mano? Tipo, tu mi dici “respira e cammina” e io ti urlo “lascialo lì quel cucchiaio!”? Da qualche parte si deve pur iniziare, no? Fammi sapere com’è andata oggi col tuo “terapista” – il mio è ancora in modalità silenziosa, ma presto lo metto sotto torchio! Forza, che ce la facciamo!
 
Ciao a tutti, o forse solo a quelli che non stanno affogando i loro problemi in un piatto di carbonara! Eccomi qua, ancora a combattere con questa voglia matta di tiramisù ogni volta che lo stress bussa alla porta – e fidatevi, bussa spesso. Mangio i miei sentimenti, poi mi guardo allo specchio e penso: "Beh, almeno il tapis roulant non mi giudica". Ma quanto può durare questo circolo vizioso di "mi alleno per colpa del mascarpone"?
Il punto è che so benissimo cosa dovrei fare: respirare profondo, contare fino a dieci, magari scrivermi una lettera d’amore invece di spalancare il frigo. Ma sul serio, chi ha tempo per queste cose quando il capo ti urla addosso o quando il Wi-Fi decide di abbandonarti nel bel mezzo di una riunione? Il cucchiaio è più veloce, e il tiramisù non mi chiede come sto – mi capisce e basta. Però poi arriva il momento in cui i jeans non collaborano e la bilancia mi guarda con quel ghigno sadico, e lì capisco che devo fare qualcosa di più che correre per smaltire la crema.
Sto provando a cambiare tattica: ieri, invece di buttarmi sul dolce, ho preso le cuffie e sono uscita a camminare veloce – non proprio una maratona, ma almeno non ero a faccia in giù in una teglia. Ha funzionato per tipo... 20 minuti? Poi sono tornata e ho comunque mangiato una fettina, ma piccola, giuro! È già un progresso, no? O almeno così mi racconto per non sentirmi una causa persa. Qualcuno ha un trucco che funziona davvero per non trasformare ogni emozione in un invito a cena? Perché io ormai sono a un passo dal chiamare il mio tapis roulant "terapista" – costa meno e non mi fa domande scomode!
Ehi, capisco perfettamente quella lotta col tiramisù – anche io ogni tanto mi ritrovo a fissare il frigo come se fosse il mio migliore amico! 😅 Però sai, leggendo il tuo post mi è venuta in mente una cosa che per me ha fatto davvero la differenza, e magari potrebbe ispirarti: i lunghi trekking in montagna o in mezzo alla natura. Non sto parlando di una passeggiatina tranquilla di 20 minuti, ma di quelle avventure che ti prendono giornate intere, dove ti porti dietro uno zaino, un po’ di acqua e magari un panino (sano, giuro!) e ti perdi tra i sentieri.

Ti racconto come funziona per me: quando sento che lo stress sta per farmi aprire quella dannata scatola di biscotti, invece di cedere, mi organizzo per un’uscita. Non c’è niente di meglio di un bel percorso in salita per svuotare la testa! E sai una cosa? Non solo bruci un sacco di calorie – tipo, davvero tante, altro che tapis roulant – ma ti senti anche più forte, dentro e fuori. Le gambe lavorano, il cuore pompa, e mentre sei lì a sudare e a maledire le salite, magicamente non pensi più al mascarpone o al capo che urla. È come se la montagna ti desse una bella scrollata e ti dicesse: “Ehi, ce la puoi fare!”.

E poi c’è un altro trucco che ho scoperto quasi per caso: quando sono in cammino, spesso mi concentro sulla respirazione e faccio una specie di “vacuum mentale” – non proprio quello per la pancia, ma più per la testa! 😄 Tipo, inspiro forte l’aria fresca e mi immagino di buttare fuori tutto lo stress. E sai che c’è? Questo mi ha aiutato anche a tonificare un po’ il core, perché mentre cammini per ore, il corpo lavora in modo pazzesco senza nemmeno accorgertene. Non dico che sia una passeggiata (beh, in realtà sì, ma hai capito!), però è un modo per trasformare quelle emozioni che di solito ci spingono verso il frigo in qualcosa di attivo e liberatorio.

Magari non hai montagne dietro casa, ma anche un bel parco o un sentiero in campagna possono fare il loro lavoro. E se proprio il tiramisù chiama troppo forte, prova a portartene dietro un pezzettino microscopico – te lo gusti in cima alla salita come premio, e vedrai che non avrai bisogno di mezza teglia per sentirti soddisfatta! 😉 Fammi sapere se ti va di provare, sono curiosa di sapere com’è andata!
 
Ciao a tutti, o forse solo a quelli che non stanno affogando i loro problemi in un piatto di carbonara! Eccomi qua, ancora a combattere con questa voglia matta di tiramisù ogni volta che lo stress bussa alla porta – e fidatevi, bussa spesso. Mangio i miei sentimenti, poi mi guardo allo specchio e penso: "Beh, almeno il tapis roulant non mi giudica". Ma quanto può durare questo circolo vizioso di "mi alleno per colpa del mascarpone"?
Il punto è che so benissimo cosa dovrei fare: respirare profondo, contare fino a dieci, magari scrivermi una lettera d’amore invece di spalancare il frigo. Ma sul serio, chi ha tempo per queste cose quando il capo ti urla addosso o quando il Wi-Fi decide di abbandonarti nel bel mezzo di una riunione? Il cucchiaio è più veloce, e il tiramisù non mi chiede come sto – mi capisce e basta. Però poi arriva il momento in cui i jeans non collaborano e la bilancia mi guarda con quel ghigno sadico, e lì capisco che devo fare qualcosa di più che correre per smaltire la crema.
Sto provando a cambiare tattica: ieri, invece di buttarmi sul dolce, ho preso le cuffie e sono uscita a camminare veloce – non proprio una maratona, ma almeno non ero a faccia in giù in una teglia. Ha funzionato per tipo... 20 minuti? Poi sono tornata e ho comunque mangiato una fettina, ma piccola, giuro! È già un progresso, no? O almeno così mi racconto per non sentirmi una causa persa. Qualcuno ha un trucco che funziona davvero per non trasformare ogni emozione in un invito a cena? Perché io ormai sono a un passo dal chiamare il mio tapis roulant "terapista" – costa meno e non mi fa domande scomode!
Ehi, ciao a te che resisti alla carbonara e a quel tiramisù che sembra chiamarti per nome! Ti capisco fin troppo bene, sai? Anch’io sono qui, a cercare di perdere qualche chilo non tanto per guardarmi allo specchio, ma per correre più veloce e non sentirmi un sacco di patate al prossimo allenamento. Il tuo post mi ha fatto ridere e annuire allo stesso tempo – il tapis roulant come terapista? Geniale, quasi quasi lo brevetto pure io!

Io sono quel tipo che si allena per lo sport, tipo maratone o corse lunghe, e ti giuro che la bilancia a volte diventa il mio peggior nemico, ma anche la mia motivazione. Quando lo stress mi colpisce – e succede, eccome – il frigo è lì che mi fa l’occhiolino, ma sto provando a resistere. Il mio trucco? Pianifico tutto, forse troppo. La mattina mi preparo il pranzo, tipo riso integrale con pollo e verdure, così quando torno stanca dopo lavoro e palestra non ho scuse per buttarmi su qualcosa di pronto e calorico. Non sempre funziona, eh, a volte cedo pure io a una fettina di qualcosa (ok, magari non proprio “piccola”), ma cerco di bilanciare con l’allenamento.

Per le emozioni... uff, bella sfida. Io ho iniziato a tenere un quadernino dove scrivo i miei tempi di corsa e cosa mangio, e quando mi viene voglia di affogare tutto in un dolce, mi metto a guardare i progressi. Tipo: “Ehi, due mesi fa correvi 5 km e morivi, ora ne fai 8 senza rantolare!”. Non è proprio contare fino a dieci, ma mi distrae quel tanto che basta. E poi, dopo una corsa lunga, mi premio con qualcosa di buono – non un tiramisù intero, magari un quadratino di cioccolato fondente. È un compromesso, no?

Il tuo giro a piedi con le cuffie? Brava, è un inizio! Io dico sempre che il primo passo è non mollare, anche se poi ti mangi una fettina dopo. Magari prova a rendere quel “camminare veloce” una corsa leggera, tipo 20-30 minuti, e vedrai che il tiramisù ti sembrerà meno necessario. Il mio piano di battaglia è: colazione proteica (fiocchi d’avena con yogurt greco), allenamento tosto (corsa o interval training), e poi una cena leggera ma soddisfacente. Se vuoi, ti passo qualche idea per i pasti – niente di complicato, giuro, che pure io sono pigra in cucina!

Forza, non sei una causa persa, sei solo umana come me. Il tapis roulant non giudica, vero, ma magari può diventare il tuo alleato per qualcosa di più grande di smaltire il mascarpone. Che dici, ci proviamo insieme a non farci fregare dal cucchiaio?
 
Ciao a tutti, o forse solo a quelli che non stanno affogando i loro problemi in un piatto di carbonara! Eccomi qua, ancora a combattere con questa voglia matta di tiramisù ogni volta che lo stress bussa alla porta – e fidatevi, bussa spesso. Mangio i miei sentimenti, poi mi guardo allo specchio e penso: "Beh, almeno il tapis roulant non mi giudica". Ma quanto può durare questo circolo vizioso di "mi alleno per colpa del mascarpone"?
Il punto è che so benissimo cosa dovrei fare: respirare profondo, contare fino a dieci, magari scrivermi una lettera d’amore invece di spalancare il frigo. Ma sul serio, chi ha tempo per queste cose quando il capo ti urla addosso o quando il Wi-Fi decide di abbandonarti nel bel mezzo di una riunione? Il cucchiaio è più veloce, e il tiramisù non mi chiede come sto – mi capisce e basta. Però poi arriva il momento in cui i jeans non collaborano e la bilancia mi guarda con quel ghigno sadico, e lì capisco che devo fare qualcosa di più che correre per smaltire la crema.
Sto provando a cambiare tattica: ieri, invece di buttarmi sul dolce, ho preso le cuffie e sono uscita a camminare veloce – non proprio una maratona, ma almeno non ero a faccia in giù in una teglia. Ha funzionato per tipo... 20 minuti? Poi sono tornata e ho comunque mangiato una fettina, ma piccola, giuro! È già un progresso, no? O almeno così mi racconto per non sentirmi una causa persa. Qualcuno ha un trucco che funziona davvero per non trasformare ogni emozione in un invito a cena? Perché io ormai sono a un passo dal chiamare il mio tapis roulant "terapista" – costa meno e non mi fa domande scomode!
Ehi, leggendo le tue parole mi sembrava quasi di guardarmi allo specchio, con quel cucchiaio in mano e il tiramisù che sussurra “tranquilla, ci penso io”. Grazie per aver condiviso tutto questo, davvero, perché mi fai sentire meno sola in questa battaglia contro le emozioni che finiscono sempre in un piatto. Il tuo racconto del tapis roulant che non giudica e della fettina “piccola” mi ha fatto sorridere: sai che c’è? È proprio un progresso, e non è poco!

Voglio raccontarti una cosa che sto provando ultimamente, perché magari può esserti utile. Ho iniziato a creare una specie di “dosa dei desideri” sul telefono: niente di complicato, solo una cartella con foto che mi ispirano. Non parlo di modelle perfette o fisici irraggiungibili, ma immagini di me stessa quando mi sentivo bene, leggera, o anche solo di momenti in cui ero felice senza bisogno di cibo. Ci ho messo pure una foto di un parco dove vorrei tornare a correre senza fiatone, e una di un vestito che sogno di indossare senza tirare in dentro la pancia. Ogni volta che lo stress mi spinge verso il frigo, apro quella cartella e mi fermo un attimo a guardare. Non sempre funziona, lo ammetto, ma a volte mi dà quel piccolo “clic” per scegliere diversamente.

Un’altra cosa che mi sta aiutando è una tecnica semplicissima: quando sento l’impulso di mangiare per calmarmi, mi fermo e scrivo su un foglio tutto quello che mi passa per la testa. Rabbia, ansia, noia, qualsiasi cosa. Non deve essere poetico, basta buttare fuori le parole. Poi, invece di correre al dolce, provo a fare qualcosa di piccolo che mi piace: tipo mettere una canzone che mi fa ballare in cucina o fare cinque minuti di stretching. È come dire al mio cervello: “Ok, ti ascolto, ma ora facciamo a modo mio”. Non è una magia, e sì, a volte il tiramisù vince comunque, ma sto imparando a darmi una chance.

Il tuo racconto della camminata con le cuffie mi ha fatto pensare: magari potresti provare a trasformare quei 20 minuti in un appuntamento fisso con te stessa. Non deve essere una maratona, come dici tu, ma un momento in cui ti regali un po’ di spazio. Magari ascolti un podcast che ti piace o immagini di essere in un posto che ti rende serena. Io, per esempio, quando cammino, a volte fingo di essere in una città nuova, tipo a esplorare stradine senza meta. Suona sciocco, ma mi distrae dal pensiero del cibo.

Grazie ancora per aver aperto il cuore così, mi hai dato una spinta a riflettere. Siamo tutte in questo viaggio, con i nostri tapis roulant “terapisti” e le bilance che ogni tanto ci fanno l’occhiolino cattivo. Ma sai una cosa? Ogni piccolo passo, anche quello con la fettina “piccola”, è una vittoria. Forza, continua così, e scrivici ancora: la tua energia è contagiosa!
 
Ehi Parps, il tuo post mi ha preso il cuore e mi ha fatto ridere allo stesso tempo, con quel tiramisù che ti chiama come un vecchio amico fidato! Leggerti è stato come sedermi a chiacchierare con qualcuno che capisce davvero cosa significa combattere con le emozioni che spingono dritte verso il frigo. Quella fettina “piccola” di cui parli? È un passo da gigante, credimi, e sono sicura che il tuo tapis roulant terapista sarebbe d’accordo!

Voglio condividere un pezzetto della mia esperienza, perché magari può darti uno spunto. Io sono quella che si è messa a coltivare pomodori, zucchine e basilico sul balcone di casa, convinta che avere il controllo su quello che mangio mi avrebbe aiutato a non cedere alle voglie emotive. E sai una cosa? In parte funziona. Quando lo stress mi fa venire voglia di affogarmi in una ciotola di panna, vado sul mio balcone, raccolgo un pomodoro maturo o strappo qualche foglia di basilico e mi metto a preparare qualcosa di semplice, tipo un’insalata croccante o una bruschetta leggera. Non è solo il cibo in sé, è il gesto: toccare la terra, sentire il profumo delle piante, sapere che sto creando qualcosa di sano con le mie mani. Mi dà un senso di calma che il tiramisù, per quanto delizioso, non mi ha mai dato.

Dopo una camminata come la tua, o magari dopo una sessione di tapis roulant, provo a premiarmi con qualcosa che non sia solo cibo. Non fraintendermi, anch’io adoro mangiare, ma sto imparando a separare il “premio” dal bisogno di riempire un vuoto. Per esempio, l’altro giorno, dopo una corsa leggera, invece di buttarmi su un dolce, ho preso una manciata di pomodorini del mio balcone, li ho tagliati a metà, ci ho messo un filo d’olio e un pizzico di sale, e me li sono mangiata lentamente, seduta fuori, guardando il cielo. Sembra una sciocchezza, ma mi ha fatto sentire bene, come se stessi dando al mio corpo qualcosa di vero, non solo un cerotto per le emozioni.

Un trucco che mi sta aiutando è preparare in anticipo delle alternative sane che mi facciano gola. Tipo, tengo in frigo dei vasetti con verdure già tagliate e una salsina allo yogurt fatta in casa (con erbe del balcone, ovvio!). Dopo essermi mossa un po’, magari dopo una camminata o un po’ di stretching, mi concedo uno di questi vasetti. È come dire al mio cervello: “Ehi, ti sto dando qualcosa di buono, ma senza sensi di colpa”. Non è perfetto, e sì, a volte il richiamo del mascarpone è più forte, ma sto imparando a fare pace con me stessa un passo alla volta.

La tua idea di uscire con le cuffie mi piace da morire, e penso che potresti trasformarla in un rituale. Magari dopo i tuoi 20 minuti di camminata, prova a fermarti un attimo, respirare a fondo e pensare a qualcosa di bello che hai fatto per te stessa in quel momento. Io, dopo una passeggiata, a volte mi porto dietro una bottiglietta con acqua e qualche fettina di limone del mio alberello: non è solo idratante, ma mi fa sentire come se stessi coccolando me stessa, senza bisogno di un dolce.

Grazie per esserti aperta così, Parps. Mi hai fatto ripensare a quanto sia importante festeggiare i piccoli progressi, come quella fettina più piccola o quei 20 minuti di libertà con le cuffie. Coltivare le mie verdurine mi ha insegnato che prendersi cura di sé è un po’ come curare una pianta: ci vuole tempo, pazienza, e ogni tanto qualche errore, ma alla fine cresce qualcosa di bello. Continua a raccontarci di te, perché la tua sincerità è una spinta per tutte noi. E daje col tapis roulant, che è il miglior terapista che abbiamo!