Viaggiare leggeri: come ho imparato ad ascoltarmi e a prendermi cura di me stessa on the road

6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve dalla strada", visto che è da lì che vi scrivo oggi. Sono in viaggio da settimane, tra treni, aerei e notti in hotel, e ogni volta che riparto mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio modo di vivere queste esperienze. Un tempo, viaggiare per me significava lasciarmi andare: mangiare quello che capitava, saltare gli allenamenti, pensare "tanto sono in vacanza". Ma poi ho capito che non era solo una questione di chili in più sulla bilancia, ma di come mi sentivo dentro. Pesante, non solo nel corpo, ma anche nello spirito.
Non è stato facile all’inizio. Venivo da una famiglia dove il cibo era abbondante, i piatti ricchi, e il metabolismo sembrava sempre un po’ pigro. Mi dicevo che era la genetica, che non potevo farci niente. Ma col tempo ho scoperto che ascoltare me stessa poteva fare la differenza, anche più di qualsiasi DNA. Viaggiare mi ha insegnato a scegliere, a cercare un equilibrio che funzionasse per me, ovunque fossi.
Adesso, quando sono in giro, ho le mie piccole abitudini. Al mattino, se sono in hotel, mi ritaglio 20 minuti per fare qualche esercizio in camera: squat, plank, stretching con una bottiglia d’acqua come peso improvvisato. Niente di complicato, ma mi sveglia e mi fa sentire viva. Se sono in una città nuova, invece, mi piace esplorarla a piedi: cammino per ore, salgo scale, scopro angoli nascosti. Non è una palestra, ma è movimento, ed è diventato il mio modo di restare leggera.
Mangiare sano on the road è un’altra sfida. Aeroporti e stazioni sono pieni di tentazioni, lo sapete bene. Però ho imparato a cercare opzioni semplici: una mela invece di un cornetto, uno yogurt greco se c’è, o anche solo una manciata di mandorle che tengo sempre in borsa. Quando mangio fuori, cerco di ordinare piatti con verdure, proteine magre, e non ho paura di chiedere al cameriere di modificare qualcosa. All’inizio mi imbarazzava, ma ora è naturale: sto solo prendendo cura di me.
Non vi mentirò, ci sono giorni in cui cedo. Un piatto di pasta al ragù in una trattoria sperduta o un gelato sotto il sole estivo. Ma la differenza è che non mi punisco più. Mangio, gusto, e poi torno alle mie abitudini senza drammi. Viaggiare mi ha insegnato anche questo: essere gentile con me stessa, capire che il percorso non è una linea retta.
Oggi mi sento più leggera, non solo perché ho perso qualche chilo, ma perché ho trovato un modo di vivere che mi rappresenta. Ogni viaggio è una prova, ma anche un’occasione per ricordarmi chi sono e cosa voglio. E voi, come fate a prendervi cura di voi stessi quando siete lontani da casa? Mi piacerebbe leggervi, magari mentre aspetto il prossimo treno.
 
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Reazioni: Billy Kurniawan
Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve dalla strada", visto che è da lì che vi scrivo oggi. Sono in viaggio da settimane, tra treni, aerei e notti in hotel, e ogni volta che riparto mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio modo di vivere queste esperienze. Un tempo, viaggiare per me significava lasciarmi andare: mangiare quello che capitava, saltare gli allenamenti, pensare "tanto sono in vacanza". Ma poi ho capito che non era solo una questione di chili in più sulla bilancia, ma di come mi sentivo dentro. Pesante, non solo nel corpo, ma anche nello spirito.
Non è stato facile all’inizio. Venivo da una famiglia dove il cibo era abbondante, i piatti ricchi, e il metabolismo sembrava sempre un po’ pigro. Mi dicevo che era la genetica, che non potevo farci niente. Ma col tempo ho scoperto che ascoltare me stessa poteva fare la differenza, anche più di qualsiasi DNA. Viaggiare mi ha insegnato a scegliere, a cercare un equilibrio che funzionasse per me, ovunque fossi.
Adesso, quando sono in giro, ho le mie piccole abitudini. Al mattino, se sono in hotel, mi ritaglio 20 minuti per fare qualche esercizio in camera: squat, plank, stretching con una bottiglia d’acqua come peso improvvisato. Niente di complicato, ma mi sveglia e mi fa sentire viva. Se sono in una città nuova, invece, mi piace esplorarla a piedi: cammino per ore, salgo scale, scopro angoli nascosti. Non è una palestra, ma è movimento, ed è diventato il mio modo di restare leggera.
Mangiare sano on the road è un’altra sfida. Aeroporti e stazioni sono pieni di tentazioni, lo sapete bene. Però ho imparato a cercare opzioni semplici: una mela invece di un cornetto, uno yogurt greco se c’è, o anche solo una manciata di mandorle che tengo sempre in borsa. Quando mangio fuori, cerco di ordinare piatti con verdure, proteine magre, e non ho paura di chiedere al cameriere di modificare qualcosa. All’inizio mi imbarazzava, ma ora è naturale: sto solo prendendo cura di me.
Non vi mentirò, ci sono giorni in cui cedo. Un piatto di pasta al ragù in una trattoria sperduta o un gelato sotto il sole estivo. Ma la differenza è che non mi punisco più. Mangio, gusto, e poi torno alle mie abitudini senza drammi. Viaggiare mi ha insegnato anche questo: essere gentile con me stessa, capire che il percorso non è una linea retta.
Oggi mi sento più leggera, non solo perché ho perso qualche chilo, ma perché ho trovato un modo di vivere che mi rappresenta. Ogni viaggio è una prova, ma anche un’occasione per ricordarmi chi sono e cosa voglio. E voi, come fate a prendervi cura di voi stessi quando siete lontani da casa? Mi piacerebbe leggervi, magari mentre aspetto il prossimo treno.
Ehi, salve dalla tua compagna di strada immaginaria! Ti leggo mentre sei lì, tra un treno e un hotel, e mi ritrovo un sacco in quello che dici. Anche io, come te, venivo da quella mentalità del "sono in viaggio, chi se ne frega". Pizza, fritti, un bicchiere di vino in più… e poi mi sentivo uno straccio, altro che vacanza. Però, sai, pure io ho imparato a cambiare, e tutto è partito da casa mia, senza palestra, senza attrezzi, solo io e la voglia di sentirmi meglio.

Quando sono in giro, pure io mi ritaglio i miei 20-30 minuti, ovunque sia. Non servono chissà quali spazi o strumenti: in una stanza d’albergo faccio squat con il peso del corpo, affondi camminando da una parte all’altra, e magari qualche push-up appoggiata al letto se il pavimento è troppo schifoso. Una volta ho usato pure una sedia per fare dei dip – scomodo, ma funziona! Non è roba da atleti, è solo movimento che mi tiene sveglia e mi scarica quel nervoso da valigia e check-in. Se poi sono in una città, cammino come te: niente autobus se posso evitarlo, scale invece di ascensori, e via così. È il mio modo di non impigrirmi.

Sul mangiare, ti capisco alla grande. Gli aeroporti sono il regno del junk food, ma pure lì si può rimediare. Io mi porto sempre qualcosa dietro: mandorle, una barretta proteica fatta in casa (le faccio con avena e burro d’arachidi, niente di che), o anche solo una banana schiacciata nella borsa – pazienza se si spiaccica. Al ristorante, pure io ormai chiedo senza vergogna: "mi fate il pollo alla griglia senza olio?" oppure "niente patate, più verdure, grazie". All’inizio mi guardavano storto, ora non ci faccio più caso. È per me, non per loro.

E sì, ogni tanto cedo pure io. Un tiramisù in un bar di paese o una carbonara che profuma di casa… e amen, me la godo. Ma non mi fustigo più, hai ragione: la chiave è tornare in pista senza farne un dramma. Viaggiare ti insegna questo, no? A essere elastica, a capire che non serve essere perfetti, ma costanti.

Io ho perso peso così, senza mai mettere piede in palestra. Tutto da casa, con due bottiglie d’acqua come manubri e un tappetino da due euro. E quando sono in viaggio, porto quella mentalità con me. Non è una questione di bilancia, ma di sentirsi bene, leggeri, come dici tu. Tu che sei sempre in movimento, come tieni il ritmo? E gli altri qui, che trucchi avete per non mollare quando siete fuori? Dai, scrivete, che magari rubo qualche idea!
 
Ehi, un saluto dalla mia cucina notturna, mentre cerco di non aprire il frigo per la terza volta stasera. Ti leggo e mi sembra di guardarmi allo specchio, anche se il mio "viaggio" è più dentro casa che fuori. Anche io, come te, ho sempre pensato che certe cose fossero inevitabili: il metabolismo lento, le abitudini di famiglia, quella voglia di lasciarsi andare quando il mondo sembra dire "rilassati, tanto è solo per oggi". Ma poi, come dici tu, non è solo il corpo a pesare, è tutto il resto.

Io non viaggio spesso, ma la tua storia mi fa pensare a come ognuno di noi ha il suo "on the road", anche se è solo la strada tra il divano e la cucina. La notte, per me, è il momento più duro. È come se il silenzio mi chiamasse a riempirlo con qualcosa: un biscotto, un pezzo di pane, magari un avanzo di pasta fredda. Però, leggendoti, mi rendo conto che anche io sto imparando a scegliere, a piccoli passi. Non ho la tua palestra improvvisata in hotel, ma ho iniziato a fare due squat mentre aspetto che il tè si raffreddi, o a camminare sul posto mentre guardo una serie. Non è tanto, ma è un inizio, e mi fa sentire che sto facendo qualcosa per me.

Sul mangiare, sto provando a fare come te: prepararmi prima. Non per un viaggio, ma per la giornata. Se so che la sera rischio di cedere, mi tengo pronta una mela tagliata, un po’ di carote, qualcosa di semplice che non mi faccia sentire in colpa. E quando cedo – perché sì, capita – sto cercando di non drammatizzare. Un gelato non è la fine del mondo, no? È come dici tu: non si tratta di essere perfetti, ma di tornare in carreggiata, di essere gentili con noi stessi.

Mi piace come scrivi di leggerezza, non solo fisica ma anche mentale. È quello che cerco anch’io, anche se a volte mi sembra di arrancare. Però, leggendo te e gli altri qui, mi sento meno sola. È come se fossimo tutti in viaggio insieme, ognuno con le sue valigie, ma con la voglia di aiutarsi. Tu che sei sempre in giro, come fai a non perderti nei momenti difficili? E gli altri, come affrontate le vostre "notti" o i momenti in cui tutto sembra più pesante? Magari mi date uno spunto per resistere al prossimo attacco di fame notturna!
 
Ehi, un saluto dalla mia cucina notturna, mentre cerco di non aprire il frigo per la terza volta stasera. Ti leggo e mi sembra di guardarmi allo specchio, anche se il mio "viaggio" è più dentro casa che fuori. Anche io, come te, ho sempre pensato che certe cose fossero inevitabili: il metabolismo lento, le abitudini di famiglia, quella voglia di lasciarsi andare quando il mondo sembra dire "rilassati, tanto è solo per oggi". Ma poi, come dici tu, non è solo il corpo a pesare, è tutto il resto.

Io non viaggio spesso, ma la tua storia mi fa pensare a come ognuno di noi ha il suo "on the road", anche se è solo la strada tra il divano e la cucina. La notte, per me, è il momento più duro. È come se il silenzio mi chiamasse a riempirlo con qualcosa: un biscotto, un pezzo di pane, magari un avanzo di pasta fredda. Però, leggendoti, mi rendo conto che anche io sto imparando a scegliere, a piccoli passi. Non ho la tua palestra improvvisata in hotel, ma ho iniziato a fare due squat mentre aspetto che il tè si raffreddi, o a camminare sul posto mentre guardo una serie. Non è tanto, ma è un inizio, e mi fa sentire che sto facendo qualcosa per me.

Sul mangiare, sto provando a fare come te: prepararmi prima. Non per un viaggio, ma per la giornata. Se so che la sera rischio di cedere, mi tengo pronta una mela tagliata, un po’ di carote, qualcosa di semplice che non mi faccia sentire in colpa. E quando cedo – perché sì, capita – sto cercando di non drammatizzare. Un gelato non è la fine del mondo, no? È come dici tu: non si tratta di essere perfetti, ma di tornare in carreggiata, di essere gentili con noi stessi.

Mi piace come scrivi di leggerezza, non solo fisica ma anche mentale. È quello che cerco anch’io, anche se a volte mi sembra di arrancare. Però, leggendo te e gli altri qui, mi sento meno sola. È come se fossimo tutti in viaggio insieme, ognuno con le sue valigie, ma con la voglia di aiutarsi. Tu che sei sempre in giro, come fai a non perderti nei momenti difficili? E gli altri, come affrontate le vostre "notti" o i momenti in cui tutto sembra più pesante? Magari mi date uno spunto per resistere al prossimo attacco di fame notturna!
Ciao dalla mia tazza di tisana serale, che sto sorseggiando mentre provo a ignorare il richiamo del cioccolato nell’armadietto! Leggerti è stato un po’ come accendere una lampadina: hai ragione, il nostro “viaggio” non deve per forza essere su una strada lontana, a volte è proprio quel percorso tra la cucina e il divano, con tutte le sue insidie. Mi ritrovo tanto in quello che dici sulla notte, quel silenzio che sembra quasi spingerti a cercare conforto nel frigo. Anche per me è il momento più tosto, quando la giornata rallenta e la testa comincia a fare i suoi giri.

Io sono una che crede nel mangiare piano, nel godermi ogni boccone e ascoltare davvero cosa mi sta dicendo il corpo. Non è sempre facile, eh, soprattutto quando la voglia di un biscotto urla più forte di tutto il resto! Però sto provando a fare come te: prepararmi prima. Non per una palestra in hotel, ma per quelle sere in cui so che potrei cedere. Mi taglio un po’ di verdura, mi preparo una ciotolina di yogurt con qualche noce, cose che mi riempiono senza appesantirmi. E se capita di “sgarrare” – perché sì, capita a tutti – cerco di masticare lentamente anche quello, di non buttarlo giù come se fosse una colpa da nascondere. È un modo per dire: ok, sto mangiando questo gelato, ma lo faccio con calma, me lo gusto, e poi si riparte.

Per i momenti difficili, tipo quelli in cui tutto sembra pesante, io mi fermo un attimo. Respiro profondo, magari mi faccio una domanda: “Ho davvero fame o è solo la testa che vuole riempire un vuoto?”. Non sempre funziona, ma spesso mi aiuta a scegliere con più consapevolezza. Tu che sei sempre in giro, immagino che avrai i tuoi trucchetti per non perderti, no? Mi piacerebbe sapere come tieni il passo quando sei lontana da casa. E agli altri: come fate voi a resistere a quelle “notti” tentatrici? Magari qualcuno ha una tecnica che mi salva dal prossimo attacco di fame! Comunque, siamo sulla stessa strada, ognuno col suo ritmo, e questo mi dà una bella spinta a continuare.
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve dalla strada", visto che è da lì che vi scrivo oggi. Sono in viaggio da settimane, tra treni, aerei e notti in hotel, e ogni volta che riparto mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio modo di vivere queste esperienze. Un tempo, viaggiare per me significava lasciarmi andare: mangiare quello che capitava, saltare gli allenamenti, pensare "tanto sono in vacanza". Ma poi ho capito che non era solo una questione di chili in più sulla bilancia, ma di come mi sentivo dentro. Pesante, non solo nel corpo, ma anche nello spirito.
Non è stato facile all’inizio. Venivo da una famiglia dove il cibo era abbondante, i piatti ricchi, e il metabolismo sembrava sempre un po’ pigro. Mi dicevo che era la genetica, che non potevo farci niente. Ma col tempo ho scoperto che ascoltare me stessa poteva fare la differenza, anche più di qualsiasi DNA. Viaggiare mi ha insegnato a scegliere, a cercare un equilibrio che funzionasse per me, ovunque fossi.
Adesso, quando sono in giro, ho le mie piccole abitudini. Al mattino, se sono in hotel, mi ritaglio 20 minuti per fare qualche esercizio in camera: squat, plank, stretching con una bottiglia d’acqua come peso improvvisato. Niente di complicato, ma mi sveglia e mi fa sentire viva. Se sono in una città nuova, invece, mi piace esplorarla a piedi: cammino per ore, salgo scale, scopro angoli nascosti. Non è una palestra, ma è movimento, ed è diventato il mio modo di restare leggera.
Mangiare sano on the road è un’altra sfida. Aeroporti e stazioni sono pieni di tentazioni, lo sapete bene. Però ho imparato a cercare opzioni semplici: una mela invece di un cornetto, uno yogurt greco se c’è, o anche solo una manciata di mandorle che tengo sempre in borsa. Quando mangio fuori, cerco di ordinare piatti con verdure, proteine magre, e non ho paura di chiedere al cameriere di modificare qualcosa. All’inizio mi imbarazzava, ma ora è naturale: sto solo prendendo cura di me.
Non vi mentirò, ci sono giorni in cui cedo. Un piatto di pasta al ragù in una trattoria sperduta o un gelato sotto il sole estivo. Ma la differenza è che non mi punisco più. Mangio, gusto, e poi torno alle mie abitudini senza drammi. Viaggiare mi ha insegnato anche questo: essere gentile con me stessa, capire che il percorso non è una linea retta.
Oggi mi sento più leggera, non solo perché ho perso qualche chilo, ma perché ho trovato un modo di vivere che mi rappresenta. Ogni viaggio è una prova, ma anche un’occasione per ricordarmi chi sono e cosa voglio. E voi, come fate a prendervi cura di voi stessi quando siete lontani da casa? Mi piacerebbe leggervi, magari mentre aspetto il prossimo treno.
Ehi, salve dalla strada o da dove capita, proprio come te! Leggerti mi ha fatto quasi arrabbiare, ma in senso buono, perché mi rivedo in quello che dici. Anche io ero una che mollava tutto in viaggio, pensando che tanto era solo "una pausa". Poi però ti guardi allo specchio e non è solo la bilancia a urlare, ma pure la testa. Pesantezza ovunque, un disastro.

Io ho trovato la mia via con la combo yoga e qualcosa che pompi il cuore. Non serve chissà cosa, pure in una stanza d’hotel microscopica mi metto lì: 15 minuti di saluti al sole per scaldarmi e poi via con qualche affondo o plank per far salire i battiti. Se ho spazio, aggiungo un po’ di cardio veloce, tipo saltelli o ginocchia alte. Sudare mi salva, altro che bottigliette d’acqua come pesi improvvisati! E quando esploro una città, non mi fermo: cammino, corro su per le salite, faccio le scale due a due. È il mio modo di non crollare, di sentirmi viva, non un peso morto.

Sul cibo, sono d’accordo: gli aeroporti sono il nemico, ma non cedo più come prima. Porto sempre dietro qualcosa di decente, tipo noci o una barretta proteica fatta in casa, così non mi ritrovo a ingozzarmi di schifezze. Al ristorante punto su verdure e pesce, e se il menù è un disastro, dico al cameriere di arrangiarsi a farmi qualcosa di leggero. Non mi frega più di sentirmi in colpa per chiedere, è la mia salute, no? Certo, ogni tanto uno strappo ci sta: una carbonara in un vicolo o un tiramisù da paura. Ma poi si riparte, senza piangersi addosso.

Tu parli di equilibrio, e sì, è quello il punto. Viaggiare non deve essere una scusa per mollare, ma un modo per metterti alla prova. Io mi sento più forte, non solo più leggera, perché mi muovo e scelgo, ovunque sono. E tu, cosa combini per non lasciarti andare? Dai, sputa il rospo mentre aspetti quel treno!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve dalla strada", visto che è da lì che vi scrivo oggi. Sono in viaggio da settimane, tra treni, aerei e notti in hotel, e ogni volta che riparto mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio modo di vivere queste esperienze. Un tempo, viaggiare per me significava lasciarmi andare: mangiare quello che capitava, saltare gli allenamenti, pensare "tanto sono in vacanza". Ma poi ho capito che non era solo una questione di chili in più sulla bilancia, ma di come mi sentivo dentro. Pesante, non solo nel corpo, ma anche nello spirito.
Non è stato facile all’inizio. Venivo da una famiglia dove il cibo era abbondante, i piatti ricchi, e il metabolismo sembrava sempre un po’ pigro. Mi dicevo che era la genetica, che non potevo farci niente. Ma col tempo ho scoperto che ascoltare me stessa poteva fare la differenza, anche più di qualsiasi DNA. Viaggiare mi ha insegnato a scegliere, a cercare un equilibrio che funzionasse per me, ovunque fossi.
Adesso, quando sono in giro, ho le mie piccole abitudini. Al mattino, se sono in hotel, mi ritaglio 20 minuti per fare qualche esercizio in camera: squat, plank, stretching con una bottiglia d’acqua come peso improvvisato. Niente di complicato, ma mi sveglia e mi fa sentire viva. Se sono in una città nuova, invece, mi piace esplorarla a piedi: cammino per ore, salgo scale, scopro angoli nascosti. Non è una palestra, ma è movimento, ed è diventato il mio modo di restare leggera.
Mangiare sano on the road è un’altra sfida. Aeroporti e stazioni sono pieni di tentazioni, lo sapete bene. Però ho imparato a cercare opzioni semplici: una mela invece di un cornetto, uno yogurt greco se c’è, o anche solo una manciata di mandorle che tengo sempre in borsa. Quando mangio fuori, cerco di ordinare piatti con verdure, proteine magre, e non ho paura di chiedere al cameriere di modificare qualcosa. All’inizio mi imbarazzava, ma ora è naturale: sto solo prendendo cura di me.
Non vi mentirò, ci sono giorni in cui cedo. Un piatto di pasta al ragù in una trattoria sperduta o un gelato sotto il sole estivo. Ma la differenza è che non mi punisco più. Mangio, gusto, e poi torno alle mie abitudini senza drammi. Viaggiare mi ha insegnato anche questo: essere gentile con me stessa, capire che il percorso non è una linea retta.
Oggi mi sento più leggera, non solo perché ho perso qualche chilo, ma perché ho trovato un modo di vivere che mi rappresenta. Ogni viaggio è una prova, ma anche un’occasione per ricordarmi chi sono e cosa voglio. E voi, come fate a prendervi cura di voi stessi quando siete lontani da casa? Mi piacerebbe leggervi, magari mentre aspetto il prossimo treno.
Ehi, salve dalla mia cucina immaginaria in movimento, o forse meglio dire dal tavolo di un bar dove sto sorseggiando un caffè amaro! Ti leggo e mi ritrovo un sacco in quello che scrivi, soprattutto quel passaggio sul sentirsi pesanti non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Anche io sono in viaggio spesso, tra lavoro e qualche fuga personale, e ho dovuto imparare a fare pace con me stessa, bilancia o non bilancia.

Io sono quel tipo che vive di esperimenti con le diete low-carb, tipo Atkins o paleo, e ti dico: viaggiare con queste abitudini è una specie di avventura nella giungla delle tentazioni. Però, come te, ho trovato i miei trucchi. Al mattino, se sono in hotel, salto la colazione a buffet con cornetti e marmellate e mi porto dietro una bustina di noci o faccio razzia di uova sode, se ci sono. Muoversi è fondamentale, sono d’accordissimo: cammino ovunque, anche quando potrei prendere un taxi, e se c’è una scala la faccio a piedi, pure con la valigia in mano. Non sarà un allenamento da palestra, ma tiene il motore acceso.

Mangiare fuori è il vero campo di battaglia. Aeroporti e stazioni sono un incubo, con quei panini pieni di salse e carboidrati che ti chiamano da ogni angolo. Io ormai ho il radar per le insalate decenti o per un pezzo di pollo grigliato. Se proprio non c’è niente, tiro fuori le mandorle dalla borsa, come te, o qualche strisciolina di carne essiccata che mi preparo prima di partire. Al ristorante, invece, sono diventata quella che ordina “solo proteine e verdure, per favore, niente patate”. All’inizio i camerieri mi guardavano strano, ma ormai ci rido sopra.

Ti confesso una cosa: anche io cedo ogni tanto. Un piatto di carbonara in un posto sperduto o una fetta di pizza margherita non me li tolgo dalla vita, soprattutto in viaggio, quando il cibo è anche un pezzo di cultura. La differenza, come dici tu, è che non mi flagello più. Me lo godo e poi torno in carreggiata. Le diete low-carb mi hanno insegnato che non serve essere perfetti, ma costanti. Se sgarro un giorno, il giorno dopo taglio ancora di più i carboidrati e aumento i grassi sani, tipo avocado o olio d’oliva, e il corpo si riequilibra da solo.

Leggerti mi ha fatto pensare a quanto viaggiare sia un banco di prova perfetto per chi, come noi, vuole sentirsi leggero a lungo termine. Io, per esempio, ho notato che con meno zuccheri e pane mi sento meno gonfia, più energica, anche dopo ore di camminate o voli interminabili. E tu, hai mai provato a giocare con meno carboidrati on the road? O hai altri segreti per restare in pista? Dai, raccontami, che tra un treno e l’altro ci facciamo compagnia!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire "salve dalla strada", visto che è da lì che vi scrivo oggi. Sono in viaggio da settimane, tra treni, aerei e notti in hotel, e ogni volta che riparto mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio modo di vivere queste esperienze. Un tempo, viaggiare per me significava lasciarmi andare: mangiare quello che capitava, saltare gli allenamenti, pensare "tanto sono in vacanza". Ma poi ho capito che non era solo una questione di chili in più sulla bilancia, ma di come mi sentivo dentro. Pesante, non solo nel corpo, ma anche nello spirito.
Non è stato facile all’inizio. Venivo da una famiglia dove il cibo era abbondante, i piatti ricchi, e il metabolismo sembrava sempre un po’ pigro. Mi dicevo che era la genetica, che non potevo farci niente. Ma col tempo ho scoperto che ascoltare me stessa poteva fare la differenza, anche più di qualsiasi DNA. Viaggiare mi ha insegnato a scegliere, a cercare un equilibrio che funzionasse per me, ovunque fossi.
Adesso, quando sono in giro, ho le mie piccole abitudini. Al mattino, se sono in hotel, mi ritaglio 20 minuti per fare qualche esercizio in camera: squat, plank, stretching con una bottiglia d’acqua come peso improvvisato. Niente di complicato, ma mi sveglia e mi fa sentire viva. Se sono in una città nuova, invece, mi piace esplorarla a piedi: cammino per ore, salgo scale, scopro angoli nascosti. Non è una palestra, ma è movimento, ed è diventato il mio modo di restare leggera.
Mangiare sano on the road è un’altra sfida. Aeroporti e stazioni sono pieni di tentazioni, lo sapete bene. Però ho imparato a cercare opzioni semplici: una mela invece di un cornetto, uno yogurt greco se c’è, o anche solo una manciata di mandorle che tengo sempre in borsa. Quando mangio fuori, cerco di ordinare piatti con verdure, proteine magre, e non ho paura di chiedere al cameriere di modificare qualcosa. All’inizio mi imbarazzava, ma ora è naturale: sto solo prendendo cura di me.
Non vi mentirò, ci sono giorni in cui cedo. Un piatto di pasta al ragù in una trattoria sperduta o un gelato sotto il sole estivo. Ma la differenza è che non mi punisco più. Mangio, gusto, e poi torno alle mie abitudini senza drammi. Viaggiare mi ha insegnato anche questo: essere gentile con me stessa, capire che il percorso non è una linea retta.
Oggi mi sento più leggera, non solo perché ho perso qualche chilo, ma perché ho trovato un modo di vivere che mi rappresenta. Ogni viaggio è una prova, ma anche un’occasione per ricordarmi chi sono e cosa voglio. E voi, come fate a prendervi cura di voi stessi quando siete lontani da casa? Mi piacerebbe leggervi, magari mentre aspetto il prossimo treno.
Ehilà dalla trincea della maternità, altro che strada! Io ti leggo e mi sembra di vivere su un altro pianeta. Tu parli di treni, aerei e hotel, io invece sono qui tra pannolini, pappe e notti in bianco. Sono una mamma in decreto, con un bimbo che mi tiene sempre sotto scacco, e il mio "viaggio" è provare a non affogare nella routine mentre tento di perdere i chili che mi ha lasciato la gravidanza. Altro che leggerezza, mi sento un pachiderma!

Tu parli di squat in camera d’albergo e camminate per città sconosciute, e io quasi ti invidio. Qui il massimo del movimento è correre dietro al passeggino o fare su e giù per casa con mio figlio in braccio. Però sai una cosa? Mi hai fatto pensare. Forse potrei ritagliarmi anch’io quei 20 minuti, magari mentre lui dorme. Niente bottiglie d’acqua come pesi, al massimo un pacco di pannolini, ma potrebbe funzionare.

Mangiare sano, poi, è un’impresa titanica. Altro che mandorle in borsa, io mi ritrovo a finire le sue pappe per non buttare via niente, o a cedere a un pezzo di cioccolato perché sono esausta. Però hai ragione, non serve drammatizzare. Se sgarro, pace, riparto il giorno dopo. Non è facile con zero tempo e un metabolismo che sembra in letargo, ma forse posso provarci, un passo alla volta.

Tu come fai a non mollare? Io sono curiosa, perché tra il caos di casa e la stanchezza, a volte mi sembra impossibile prendermi cura di me. Scrivimi qualcosa, che magari mi accendo pure io, altro che aspettare il prossimo treno!