Basta scuse: il metodo del piatto mi sta cambiando la vita, un pasto alla volta!

tomy92

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6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse no, non importa. Sono qui per raccontare come il metodo del piatto mi stia tirando fuori da anni di abitudini schifose, e non ho intenzione di mollare. Non è una passeggiata, ve lo dico subito. All’inizio guardavo quella metà di piatto piena di verdure e pensavo: “Ma chi me lo fa fare?”. Poi però ho capito che non è una questione di magia o di diete assurde che ti promettono la luna. È solo questione di testa dura e di cambiare un passo alla volta.
La mia giornata tipo ormai è questa: prendo un piatto, lo divido mentalmente – non servono bilance o robe complicate – e ci metto quello che serve. Metà è sempre verdure, crude o cotte, non importa, basta che siano lì. Una quarto è proteine, tipo pollo, pesce o uova, niente di strano. L’altro quarto sono carboidrati: riso, patate, qualche volta pasta, ma non esagero. Scatto una foto ogni tanto, così vedo i progressi. Non sono un fotografo, eh, ma mi piace guardarle dopo un mese e pensare: “Cavolo, ce la sto facendo”.
All’inizio mangiavo e mi sembrava poco. La fame mi guardava storto, ma ho tenuto botta. Col tempo lo stomaco si abitua, non è un mito. Non è che “muori di fame” o “non ce la fai”, come dicono quelli che cercano scuse. È che il corpo si adatta, punto. Ora se riempio troppo il piatto mi sento pesante, e non mi piace più. Questa cosa delle porzioni giuste non è una favola per illudersi, funziona e basta.
Non sono qui a dirvi che è facile o che sono diventato un modello. Macché. Però i jeans di due taglie fa li ho tirati fuori dall’armadio, e questo mi dà una soddisfazione che non vi spiego. Il metodo del piatto non è una dieta, è un modo di ragionare. Non serve contare calorie o impazzire dietro a regole assurde. È semplice, ma devi essere testardo. Io lo sono, e i risultati li vedo, un pasto alla volta. Se ce la faccio io, che ero il re delle abbuffate, allora smettetela di raccontarvi storie e provateci. Basta scuse.
 
Ciao a tutti, o forse no, non importa. Sono qui per raccontare come il metodo del piatto mi stia tirando fuori da anni di abitudini schifose, e non ho intenzione di mollare. Non è una passeggiata, ve lo dico subito. All’inizio guardavo quella metà di piatto piena di verdure e pensavo: “Ma chi me lo fa fare?”. Poi però ho capito che non è una questione di magia o di diete assurde che ti promettono la luna. È solo questione di testa dura e di cambiare un passo alla volta.
La mia giornata tipo ormai è questa: prendo un piatto, lo divido mentalmente – non servono bilance o robe complicate – e ci metto quello che serve. Metà è sempre verdure, crude o cotte, non importa, basta che siano lì. Una quarto è proteine, tipo pollo, pesce o uova, niente di strano. L’altro quarto sono carboidrati: riso, patate, qualche volta pasta, ma non esagero. Scatto una foto ogni tanto, così vedo i progressi. Non sono un fotografo, eh, ma mi piace guardarle dopo un mese e pensare: “Cavolo, ce la sto facendo”.
All’inizio mangiavo e mi sembrava poco. La fame mi guardava storto, ma ho tenuto botta. Col tempo lo stomaco si abitua, non è un mito. Non è che “muori di fame” o “non ce la fai”, come dicono quelli che cercano scuse. È che il corpo si adatta, punto. Ora se riempio troppo il piatto mi sento pesante, e non mi piace più. Questa cosa delle porzioni giuste non è una favola per illudersi, funziona e basta.
Non sono qui a dirvi che è facile o che sono diventato un modello. Macché. Però i jeans di due taglie fa li ho tirati fuori dall’armadio, e questo mi dà una soddisfazione che non vi spiego. Il metodo del piatto non è una dieta, è un modo di ragionare. Non serve contare calorie o impazzire dietro a regole assurde. È semplice, ma devi essere testardo. Io lo sono, e i risultati li vedo, un pasto alla volta. Se ce la faccio io, che ero il re delle abbuffate, allora smettetela di raccontarvi storie e provateci. Basta scuse.
Ehi, o magari no, chi se ne frega dei saluti formali. Leggerti mi ha fatto pensare a quanto anche io, all’inizio, guardassi il mio piatto mezzo pieno di verdure con una faccia tipo “ma sul serio?”. Sono d’accordo con te, non è una passeggiata, e non è che ti svegli un giorno e tutto diventa magia. Però hai ragione, è una questione di testa, di insistere anche quando la tentazione di mollare ti urla nelle orecchie. Io sto seguendo un percorso un po’ diverso, con un coach online e un dietologo che mi seguono a distanza, e ti dico com’è andata finora.

Il mio trainer mi ha impostato una cosa simile al tuo metodo del piatto, ma con qualche tweak. Anche per me metà è verdura, sempre, e pure io non uso bilance, solo l’occhio e via. Proteine e carboidrati si dividono il resto, e ogni settimana faccio una videochiamata per vedere come sto andando. La cosa bella del coach online è che mi tiene d’occhio senza starmi col fiato sul collo. Mi manda piani, mi corregge se sgarro, ma non mi fa sentire in colpa. Tipo, una volta ho confessato di aver mangiato un pezzo di torta a una festa, e invece di sgridarmi mi ha detto: “Ok, capita, ora rimettiamoci in carreggiata”. Questo mi piace, perché è umano, non ti fa sentire un fallito.

Il dietologo invece mi ha spiegato come gestire quella sensazione di “non sono pieno” che all’inizio mi tormentava. Mi ha detto di puntare su verdure che riempiono, tipo zucchine o cavolfiori, e di giocare con le spezie per non annoiarmi. Funziona, te lo giuro. Dopo un mese o due, non è che non ho più fame, ma mi basta meno per sentirmi a posto. Non so se è lo stomaco che si restringe o il cervello che si abitua, ma ormai un piatto normale mi soddisfa e non mi lascia con quella voglia di spaccare il frigo a mezzanotte.

Il lato negativo? La distanza. A volte vorrei un coach qui, in carne e ossa, che mi guardasse negli occhi e mi dicesse “forza, non mollare”. Online è comodo, sì, ma manca quel contatto diretto. E poi ci vuole disciplina, perché nessuno ti controlla davvero se non mandi la foto del piatto o se salti la consulenza. Devi essere tu a spingerti, altrimenti è un abbonamento sprecato. Però i pro superano i contro: posso farlo da casa, con i miei orari, e i risultati arrivano lo stesso. Non sono ancora ai jeans di due taglie fa come te, ma la cintura l’ho stretta di un buco, e per me è già una vittoria.

Concordo sul fatto che non serve complicarsi la vita con calorie o regole assurde. Il mio coach dice sempre: “Mangia bene, mangia abbastanza, e il resto viene da sé”. E hai ragione, non è una dieta, è un modo di pensare. Io ci sto provando, tra alti e bassi, ma ogni consulta mi dà un motivo per non cedere. Se tu ce la fai da re delle abbuffate, io da pigro cronico posso almeno tenere il passo. Un pasto alla volta, no? Basta scuse, come dici tu.
 
Ciao a tutti, o forse no, non importa. Sono qui per raccontare come il metodo del piatto mi stia tirando fuori da anni di abitudini schifose, e non ho intenzione di mollare. Non è una passeggiata, ve lo dico subito. All’inizio guardavo quella metà di piatto piena di verdure e pensavo: “Ma chi me lo fa fare?”. Poi però ho capito che non è una questione di magia o di diete assurde che ti promettono la luna. È solo questione di testa dura e di cambiare un passo alla volta.
La mia giornata tipo ormai è questa: prendo un piatto, lo divido mentalmente – non servono bilance o robe complicate – e ci metto quello che serve. Metà è sempre verdure, crude o cotte, non importa, basta che siano lì. Una quarto è proteine, tipo pollo, pesce o uova, niente di strano. L’altro quarto sono carboidrati: riso, patate, qualche volta pasta, ma non esagero. Scatto una foto ogni tanto, così vedo i progressi. Non sono un fotografo, eh, ma mi piace guardarle dopo un mese e pensare: “Cavolo, ce la sto facendo”.
All’inizio mangiavo e mi sembrava poco. La fame mi guardava storto, ma ho tenuto botta. Col tempo lo stomaco si abitua, non è un mito. Non è che “muori di fame” o “non ce la fai”, come dicono quelli che cercano scuse. È che il corpo si adatta, punto. Ora se riempio troppo il piatto mi sento pesante, e non mi piace più. Questa cosa delle porzioni giuste non è una favola per illudersi, funziona e basta.
Non sono qui a dirvi che è facile o che sono diventato un modello. Macché. Però i jeans di due taglie fa li ho tirati fuori dall’armadio, e questo mi dà una soddisfazione che non vi spiego. Il metodo del piatto non è una dieta, è un modo di ragionare. Non serve contare calorie o impazzire dietro a regole assurde. È semplice, ma devi essere testardo. Io lo sono, e i risultati li vedo, un pasto alla volta. Se ce la faccio io, che ero il re delle abbuffate, allora smettetela di raccontarvi storie e provateci. Basta scuse.
Ehi, ciao, o magari un semplice "eccomi qua". Leggerti mi ha fatto quasi venire voglia di applaudire, sai? Il metodo del piatto è una di quelle cose che all’inizio ti fanno storcere il naso, ma poi, se hai la testa dura come dici tu, ti cambia tutto. Io lo so bene, perché sto seguendo una strada simile, anche se con un twist diverso: faccio online coaching con un trainer e un dietologo che mi seguono da lontano. Non proprio la stessa cosa, ma il concetto di “un passo alla volta” me lo ritrovo in pieno.

Io sono partita con loro ormai da qualche mese. Non è che mi presento di persona in palestra o in uno studio con la bilancia sotto il naso, no. Tutto via schermo: videochiamate, messaggi, foto dei piatti che mando ogni tanto per avere un feedback. All’inizio ero scettica, pensavo “ma come fanno a capirmi senza vedermi dal vivo?”. E invece funziona. Mi danno il piano, mi spiegano come dividere il piatto – sì, anche io ho la mia metà di verdure, il quarto di proteine e quello di carboidrati – e poi mi seguono passo passo. Mi correggono se sgarro, ma senza farmi sentire una fallita. È un po’ come avere un angelo custode, ma con la connessione Wi-Fi.

I pro? La flessibilità è pazzesca. Non devo correre da nessuna parte, mi organizzo coi miei tempi. Se sono in viaggio o ho una giornata assurda, basta un messaggio e aggiustiamo il tiro. E poi c’è quel senso di responsabilità: sapere che ogni settimana devo fare il check-in mi tiene sul pezzo. I contro, però, ci sono eccome. Non hai qualcuno che ti guarda negli occhi e ti dice “dai, ce la fai” di persona, e a volte mi manca quel contatto umano. Se non sei disciplinato di tuo, rischi di mollare, perché nessuno ti corre dietro fisicamente. E sì, la connessione che salta durante una consulenza può farti venire voglia di lanciare il telefono.

Tornando al piatto, ti capisco quando dici che lo stomaco si abitua. Anche a me all’inizio sembrava di mangiare aria, ma ora è diverso. L’altro giorno ho provato a riempirlo un po’ di più, tanto per vedere, e mi sono sentita un macigno. Il corpo cambia, è vero, e te ne accorgi pure nei vestiti. Non sono ancora ai jeans di due taglie fa come te – complimenti, comunque, che soddisfazione dev’essere! – ma i leggings che uso per allenarmi ormai mi stanno larghi sui fianchi, e non ti dico la gioia.

Il mio trainer mi fa lavorare anche sul lato fisico, non solo sul cibo. Mi manda esercizi da fare a casa, roba semplice tipo squat o plank, per tonificare un po’. Non miro a diventare una statua greca, ma sentirmi più soda sì, quello mi piace. Il dietologo invece insiste sulle verdure, come te, e mi ha fatto scoprire modi di cucinarle che non mi fanno rimpiangere le patatine fritte. Quasi.

Insomma, il metodo del piatto è una base solida, e tu lo stai dimostrando. Io ci aggiungo il supporto online, che per me è una marcia in più, anche se non è perfetto. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda: basta scuse, si va avanti un pasto alla volta. E se ogni tanto inciampo, pazienza, mi rialzo. Tu continua così, che il re delle abbuffate sta diventando il re della costanza. E io, beh, tengo il passo, con il mio coach virtuale che mi sprona da lontano.
 
Ciao a tutti, o forse no, non importa. Sono qui per raccontare come il metodo del piatto mi stia tirando fuori da anni di abitudini schifose, e non ho intenzione di mollare. Non è una passeggiata, ve lo dico subito. All’inizio guardavo quella metà di piatto piena di verdure e pensavo: “Ma chi me lo fa fare?”. Poi però ho capito che non è una questione di magia o di diete assurde che ti promettono la luna. È solo questione di testa dura e di cambiare un passo alla volta.
La mia giornata tipo ormai è questa: prendo un piatto, lo divido mentalmente – non servono bilance o robe complicate – e ci metto quello che serve. Metà è sempre verdure, crude o cotte, non importa, basta che siano lì. Una quarto è proteine, tipo pollo, pesce o uova, niente di strano. L’altro quarto sono carboidrati: riso, patate, qualche volta pasta, ma non esagero. Scatto una foto ogni tanto, così vedo i progressi. Non sono un fotografo, eh, ma mi piace guardarle dopo un mese e pensare: “Cavolo, ce la sto facendo”.
All’inizio mangiavo e mi sembrava poco. La fame mi guardava storto, ma ho tenuto botta. Col tempo lo stomaco si abitua, non è un mito. Non è che “muori di fame” o “non ce la fai”, come dicono quelli che cercano scuse. È che il corpo si adatta, punto. Ora se riempio troppo il piatto mi sento pesante, e non mi piace più. Questa cosa delle porzioni giuste non è una favola per illudersi, funziona e basta.
Non sono qui a dirvi che è facile o che sono diventato un modello. Macché. Però i jeans di due taglie fa li ho tirati fuori dall’armadio, e questo mi dà una soddisfazione che non vi spiego. Il metodo del piatto non è una dieta, è un modo di ragionare. Non serve contare calorie o impazzire dietro a regole assurde. È semplice, ma devi essere testardo. Io lo sono, e i risultati li vedo, un pasto alla volta. Se ce la faccio io, che ero il re delle abbuffate, allora smettetela di raccontarvi storie e provateci. Basta scuse.
Ehi, che storia la tua! Mi ha preso proprio, sai? Quel modo di raccontare come il metodo del piatto ti sta cambiando le abitudini, passo dopo passo, senza fronzoli. È come guardarsi allo specchio e dire: ok, ora si fa sul serio. E visto che qui siamo tutti sulla stessa barca, che ne dici di tirare dentro un po’ di gente e fare un bel percorso insieme? Tipo un misto di sfida e supporto, niente di pesante, ma con l’idea di darci una spinta a vicenda.

Sto pensando a un challenge di un mese, che so, “Un piatto alla volta”. Funziona così: ognuno segue il metodo del piatto come te, metà verdure, un quarto proteine, un quarto carboidrati, senza stress da bilancia o calorie. Ogni settimana ci diamo un piccolo obiettivo, tipo provare una verdura nuova, o magari cucinare un piatto colorato che ci faccia venir voglia di scattare una foto. Non per fare i fenomeni su Instagram, ma per dire: guarda qui, questo l’ho fatto io. Poi ci scriviamo qui, ci raccontiamo com’è andata, se la fame ci ha fatto l’occhiolino o se ci sentiamo più leggeri. Magari qualcuno posta pure una foto dei suoi jeans di una taglia in meno, chissà!

Non serve essere perfetti, eh. L’importante è provarci, come stai facendo tu. Io tengo d’occhio il gruppo, butto lì qualche idea per non mollare, tipo una ricetta facile o un trucco per non cedere alla pizza alle due di notte. E se qualcuno sbanda, ci ridiamo su e si riparte. Che ne pensi? Io dico che possiamo farcela, un pasto alla volta, proprio come dici tu. Chi si unisce? Forza, niente scuse!
 
Ehi, che storia la tua! Mi ha preso proprio, sai? Quel modo di raccontare come il metodo del piatto ti sta cambiando le abitudini, passo dopo passo, senza fronzoli. È come guardarsi allo specchio e dire: ok, ora si fa sul serio. E visto che qui siamo tutti sulla stessa barca, che ne dici di tirare dentro un po’ di gente e fare un bel percorso insieme? Tipo un misto di sfida e supporto, niente di pesante, ma con l’idea di darci una spinta a vicenda.

Sto pensando a un challenge di un mese, che so, “Un piatto alla volta”. Funziona così: ognuno segue il metodo del piatto come te, metà verdure, un quarto proteine, un quarto carboidrati, senza stress da bilancia o calorie. Ogni settimana ci diamo un piccolo obiettivo, tipo provare una verdura nuova, o magari cucinare un piatto colorato che ci faccia venir voglia di scattare una foto. Non per fare i fenomeni su Instagram, ma per dire: guarda qui, questo l’ho fatto io. Poi ci scriviamo qui, ci raccontiamo com’è andata, se la fame ci ha fatto l’occhiolino o se ci sentiamo più leggeri. Magari qualcuno posta pure una foto dei suoi jeans di una taglia in meno, chissà!

Non serve essere perfetti, eh. L’importante è provarci, come stai facendo tu. Io tengo d’occhio il gruppo, butto lì qualche idea per non mollare, tipo una ricetta facile o un trucco per non cedere alla pizza alle due di notte. E se qualcuno sbanda, ci ridiamo su e si riparte. Che ne pensi? Io dico che possiamo farcela, un pasto alla volta, proprio come dici tu. Chi si unisce? Forza, niente scuse!
tomy92, il tuo racconto mi ha colpito dritto al cuore. Non so nemmeno da dove cominciare. Forse dal fatto che leggere di te, del tuo piatto diviso a metà, delle verdure che all’inizio sembravano un castigo e ora sono una vittoria, mi ha fatto venire un groppo in gola. È come se stessi parlando di me, di quella versione di me che dopo il divorzio si guardava allo specchio e non si riconosceva più. Pesante, non solo nel corpo, ma nell’anima. È per questo che sono qui, su questo forum, a scrivere con le dita che tremano un po’. Perché voglio cambiare, voglio tornare a sentirmi viva, e il tuo post mi ha dato una scossa.

Ho iniziato a provarci da poco, sai? Dopo che tutto è crollato, il matrimonio, la routine, la fiducia in me stessa, mi sono detta che dovevo fare qualcosa. Non per lui, non per gli altri, ma per me. Il metodo del piatto l’ho scoperto quasi per caso, leggendo qui. All’inizio pensavo fosse l’ennesima stupidaggine, tipo quelle diete che ti fanno pesare l’aria che respiri. Invece no. È semplice, quasi troppo, e forse è proprio questo che mi spaventa. Perché non ci sono scuse dietro cui nascondersi. È solo un piatto, una scelta, un passo. E io di passi falsi ne ho fatti tanti, ma ora voglio farne di giusti.

La tua idea di una sfida mi piace, mi piace da morire. Non so se sono pronta, te lo dico onesto, ma ci sto. Un mese, un pasto alla volta, verso un me stessa che non si vergogna di guardarsi allo specchio. Ho deciso che il mio obiettivo per questo mese è smettere di vedere il cibo come un nemico o una consolazione. Voglio imparare a godermelo, a riempire quel piatto con colori, con cose che mi fanno bene. Ho comprato delle zucchine oggi, le ho guardate come se fossero aliene, ma le ho messe nel carrello. È un inizio, no? Magari settimana prossima provo a grigliarle, o ci faccio una crema, chi lo sa. Scatto una foto, come dici tu, e me la tengo per ricordarmi che ce la sto facendo.

Non sono brava con le parole, non come te che sembri un poeta quando parli dei tuoi jeans di due taglie fa. Ma ti dico una cosa: il mio armadio è pieno di vestiti che non metto da anni. Non sono jeans, sono abiti, quelli che indossavo quando ancora ridevo senza trattenermi. Li voglio tirare fuori, uno alla volta, come premi. Non per Natale, non per Capodanno, ma per me. Perché ogni chilo in meno, ogni centimetro in meno, è un pezzo di me che torna a casa.

La fame, quella di cui parli, la conosco bene. All’inizio è una strega che ti sussurra di aprire il frigo a mezzanotte. Ma hai ragione, il corpo si abitua. Io sto ancora imparando, a volte cedo, a volte no. Quando cedo mi sento una schifezza, ma poi mi ricordo che non è una gara, è un viaggio. E in questo viaggio voglio esserci, con voi, con te, con chiunque voglia unirsi a questa sfida. Un piatto alla volta, una settimana alla volta. Magari a fine mese posto una foto di me che provo uno di quei vestiti, o magari no, ma di sicuro avrò qualcosa da raccontare.

Grazie, tomy92. Grazie perché il tuo post non è solo un post. È una spinta, una di quelle che ti fanno alzare dal divano e dire: ok, ci provo. Chi viene con noi? Io ci sono, con le mie zucchine e il mio cuore un po’ ammaccato, ma pronto a combattere. Un pasto alla volta, verso un anno nuovo, verso una me nuova. Niente scuse.
 
Ciao a tutti, o forse no, non importa. Sono qui per raccontare come il metodo del piatto mi stia tirando fuori da anni di abitudini schifose, e non ho intenzione di mollare. Non è una passeggiata, ve lo dico subito. All’inizio guardavo quella metà di piatto piena di verdure e pensavo: “Ma chi me lo fa fare?”. Poi però ho capito che non è una questione di magia o di diete assurde che ti promettono la luna. È solo questione di testa dura e di cambiare un passo alla volta.
La mia giornata tipo ormai è questa: prendo un piatto, lo divido mentalmente – non servono bilance o robe complicate – e ci metto quello che serve. Metà è sempre verdure, crude o cotte, non importa, basta che siano lì. Una quarto è proteine, tipo pollo, pesce o uova, niente di strano. L’altro quarto sono carboidrati: riso, patate, qualche volta pasta, ma non esagero. Scatto una foto ogni tanto, così vedo i progressi. Non sono un fotografo, eh, ma mi piace guardarle dopo un mese e pensare: “Cavolo, ce la sto facendo”.
All’inizio mangiavo e mi sembrava poco. La fame mi guardava storto, ma ho tenuto botta. Col tempo lo stomaco si abitua, non è un mito. Non è che “muori di fame” o “non ce la fai”, come dicono quelli che cercano scuse. È che il corpo si adatta, punto. Ora se riempio troppo il piatto mi sento pesante, e non mi piace più. Questa cosa delle porzioni giuste non è una favola per illudersi, funziona e basta.
Non sono qui a dirvi che è facile o che sono diventato un modello. Macché. Però i jeans di due taglie fa li ho tirati fuori dall’armadio, e questo mi dà una soddisfazione che non vi spiego. Il metodo del piatto non è una dieta, è un modo di ragionare. Non serve contare calorie o impazzire dietro a regole assurde. È semplice, ma devi essere testardo. Io lo sono, e i risultati li vedo, un pasto alla volta. Se ce la faccio io, che ero il re delle abbuffate, allora smettetela di raccontarvi storie e provateci. Basta scuse.
Ehi, che bella carica il tuo post! Io sono quello che rimanda sempre, ma il tuo metodo del piatto mi sta dando una scossa. Oggi ho provato: mezzo piatto di zucchine, un po’ di pollo e una manciata di riso. Non dico che è stato amore a prima vista, ma mi sento meno appesantito. Piccola vittoria: ieri sono pure uscito a fare una corsetta leggera, roba che di solito evito come la peste. Un passo alla volta, no? Grazie per la spinta!