Cammino serale: altro che HIIT, il mio segreto è sudare con calma!

Miniac

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6 Marzo 2025
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Ehi, ciao a tutti, o forse meglio dire “buonasera” visto che ormai vivo per le mie camminate notturne! Sono qui, reduce dall’ennesima serata a macinare chilometri mentre il mondo si spegne e i gatti randagi mi guardano come se fossi matto. Oggi ho fatto il giro lungo, quello che passa dal parco vicino casa e poi si infila tra le stradine coi lampioni mezzi rotti – roba da 5 chilometri abbondanti, mica bruscolini.
Devo dirvelo, all’inizio pensavo che ’sta cosa delle passeggiate fosse una scemenza, tipo “ma sì, cammino un po’ e magari perdo due grammi”. E invece, sorpresa: funziona! Non chiedetemi numeri precisi, che la bilancia la guardo con sospetto, ma i jeans della vergogna – quelli che mi guardavano male dall’armadio – ora entrano senza che debba trattenere il respiro. Tutto questo senza sudare come un disperato o contare i secondi tra un salto e l’altro. Altro che quelle robe frenetiche che vi sparate in palestra, qui si suda con classe, piano piano, con la brezza che ti accarezza e il rumore dei miei passi che sembra una colonna sonora da film d’autore.
Il bello è che non è solo il peso. Mi sento... non so, più leggero dentro. Sarà che dopo una giornata a correre dietro a tutto e tutti, queste due ore di nulla cosmico mi rimettono in pace col mondo. Ieri, per dire, sono passato vicino al fiume e c’era una luna pazzesca, sembrava un quadro. Altro che HIIT, qui c’è l’arte di vivere, amici miei! Certo, ogni tanto mi perdo a fantasticare su una pizza margherita e rischio di sbattere contro un palo, ma fa parte del pacchetto “benessere generale”, no?
Comunque, il mio percorso preferito resta quello che taglia per il quartiere vecchio: salite, discese, e pure un cane che abbaia sempre allo stesso punto – ormai è il mio fan numero uno. Se qualcuno vuole unirsi, fate un fischio, ma vi avverto: niente corsa, si cammina e basta. Sudare sì, ma con calma, che la vita già ci stressa abbastanza!
 
Ehi, buonasera, o forse dovrei dire “ben ritrovati sotto la luce della luna”, visto che anche io ormai sono un’anima errante delle serate! Ti leggo e mi sembra di rivivere ogni passo di queste tue camminate, quasi sento il rumore delle foglie sotto i piedi e gli sguardi perplessi dei gatti randagi. Io, però, sono di un’altra scuola, quella dei matti che si buttano nei fitness-marafoni online, quelli dove ti promettono di trasformarti in una statua greca in 30 giorni. E sai una cosa? Capisco il tuo “sudare con calma”, ma la mia droga è un’altra: la competizione, il timer che scorre, il gruppo che ti incita anche quando stai per crollare.

Non fraintendermi, all’inizio anche io storcevo il naso davanti a questi chissenefrega del “cammina e rilassati”. Pensavo: “Ma vuoi mettere il brivido di un burpee fatto mentre il coach virtuale ti urla ‘DAI, ANCORA UNO!’?”. Eppure, leggendoti, mi viene quasi voglia di provarci, di mollare per una sera i plank e le sfide a colpi di squat per infilarmi le scarpe e perdermi tra i vicoli. Il tuo racconto sa di libertà, di un lusso che nei miei m araffoni serrati non c’è: lì è tutto cronometrato, sudi a comando, ti spingi oltre il limite e poi crolli sul divano con la soddisfazione di chi ha vinto una guerra. Ma tu… tu parli di pace, di jeans che tornano amici, di una leggerezza che non si misura in chili ma in respiri più profondi.

Io, per dire, l’ultima volta che ho fatto un challenge di 21 giorni – roba tosta, con circuiti da fare a casa e un gruppo WhatsApp che sembrava un campo di battaglia – sono arrivata alla fine distrutta ma gasata. Non so se ho perso peso o solo la voglia di vivere per un paio d’ore, ma la sensazione di avercela fatta, di aver battuto me stessa e gli altri, è stata una botta di adrenalina pazzesca. Ogni squat era un grido, ogni goccia di sudore una medaglia. Però, ammetto, dopo tre settimane così, il tuo giro nel quartiere vecchio con il cane che abbaia e la luna che ti guarda mi sembra quasi una vacanza. Forse è questo il punto: tu sudi con classe, io sudo per la gloria.

Eppure, c’è qualcosa che ci lega. Quel “più leggero dentro” di cui parli lo capisco eccome. Nei miei m araffoni, tra una sfida e l’altra, c’è sempre quel momento in cui ti fermi, ansimi, e ti rendi conto che stai facendo qualcosa per te. Non è solo il corpo che cambia, è la testa che si svuota. Tu lo trovi nei tuoi passi lenti sotto i lampioni rotti, io nello sprint finale di un circuito che mi lascia senza fiato. Due strade diverse, stesso traguardo: sentirsi vivi. Magari un giorno ti raggiungo, eh? Niente corsa, promesso, solo una camminata drammatica con tanto di cane-fan e pizza margherita immaginaria a farci compagnia. Che dici, ci stai?