Correre per l’anima: come il marathon mi ha insegnato a prendermi cura di me

majk-poz

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6 Marzo 2025
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Ragazzi, sapete qual è il suono più bello del mondo? Quello dei miei piedi che battono sull’asfalto alle prime luci dell’alba, quando tutto tace e resta solo il ritmo del mio respiro. Correre un marathon non è solo una questione di chili da perdere, è un viaggio dentro di sé. Ogni passo mi ha insegnato qualcosa: pazienza, costanza, e soprattutto ascolto. Ascolto del corpo, della mente, di quell’angolo di me che a volte vuole mollare ma poi trova la forza per andare avanti.
Quando ho iniziato, pesavo troppo, sì, ma non era solo il corpo a essere pesante. C’era una nebbia nella testa, un senso di insoddisfazione che non sapevo spiegare. Il marathon mi ha salvato. Prepararmi per quei 42 chilometri mi ha costretto a guardarmi dentro. Non si tratta solo di allenamenti: è scegliere di alzarsi presto, di sentire i muscoli che urlano e decidere di non cedere. È imparare a prevenire gli infortuni, perché se vuoi arrivare alla fine devi conoscere i tuoi limiti. Io, per esempio, ho capito che lo stretching non è negoziabile: 15 minuti dopo ogni corsa, senza eccezioni. E poi l’idratazione: acqua, certo, ma anche succhi freschi, magari con un po’ di zenzero per dare una spinta in più al metabolismo e all’umore.
La verità è che il peso si perde prima nella testa che sul corpo. Ogni chilometro mi ha insegnato a lasciar andare qualcosa: un pensiero negativo, un’insicurezza, una scusa. Non è stato facile. Ci sono state giornate in cui la pioggia mi ha inzuppato fino alle ossa, o in cui il ginocchio mi implorava di fermarmi. Ma sapete una cosa? Superare quei momenti mi ha reso più forte, non solo fisicamente. La bilancia scendeva, sì, ma il vero cambiamento era nello specchio: non parlo della taglia, parlo degli occhi. Più vivi, più miei.
Per chi vuole provarci, il mio consiglio è semplice: iniziate piano. Non serve correre subito un marathon, bastano 20 minuti al giorno. Trovate un parco, un sentiero, un posto che vi parli. E preparatevi: scarpe giuste, una playlist che vi carichi, e magari un diario per segnare i progressi. Io lo faccio ancora, scrivo tutto: chilometri, tempi, ma anche come mi sento. Perché la corsa non è solo sudore, è cura. Cura di me, del mio corpo, della mia anima. E quando arrivi a quel traguardo, dopo ore di fatica, capisci che non hai solo perso peso: hai trovato qualcosa di molto più grande.
 
Ehi, che dire, il tuo post mi ha colpito. Quel suono dei piedi sull’asfalto lo conosco bene, anche se io non sono ancora al livello di un marathon. Mi sto buttando sui miei passati di verdure, sai, quei brodi leggeri con zucchine, carote e un po’ di sedano per tenere a bada le calorie. Però, cavolo, a volte la fame mi prende lo stesso, come se il corpo urlasse più forte dei muscoli dopo una corsa! Tu parli di ascolto, ed è vero, ci vuole pazienza per capire cosa serve davvero. Io sto provando a bilanciare: un piatto di minestrone non basta se poi mi sento vuota dopo un’ora. Ci aggiungo magari qualche fettina di petto di pollo o un uovo sodo, roba leggera ma che tenga su. Niente alcol, chiaro, che quello sì che manda all’aria tutto, gonfia e basta.

La tua storia mi fa pensare: anch’io ho quella nebbia in testa, quel peso che non è solo sulla bilancia. I tuoi chilometri mi ispirano, ma per ora io sono qui, a cucinare pentole di brodo e a chiedermi se sto facendo abbastanza. Come fai a non crollare quando la voglia di mollare arriva? Io a volte guardo il frigo e penso “ma chi me lo fa fare”, però poi mi ricordo perché ho iniziato. Dimmi, tu che sei andata così lontano, come tieni duro quando tutto sembra pesante?
 
Ragazzi, sapete qual è il suono più bello del mondo? Quello dei miei piedi che battono sull’asfalto alle prime luci dell’alba, quando tutto tace e resta solo il ritmo del mio respiro. Correre un marathon non è solo una questione di chili da perdere, è un viaggio dentro di sé. Ogni passo mi ha insegnato qualcosa: pazienza, costanza, e soprattutto ascolto. Ascolto del corpo, della mente, di quell’angolo di me che a volte vuole mollare ma poi trova la forza per andare avanti.
Quando ho iniziato, pesavo troppo, sì, ma non era solo il corpo a essere pesante. C’era una nebbia nella testa, un senso di insoddisfazione che non sapevo spiegare. Il marathon mi ha salvato. Prepararmi per quei 42 chilometri mi ha costretto a guardarmi dentro. Non si tratta solo di allenamenti: è scegliere di alzarsi presto, di sentire i muscoli che urlano e decidere di non cedere. È imparare a prevenire gli infortuni, perché se vuoi arrivare alla fine devi conoscere i tuoi limiti. Io, per esempio, ho capito che lo stretching non è negoziabile: 15 minuti dopo ogni corsa, senza eccezioni. E poi l’idratazione: acqua, certo, ma anche succhi freschi, magari con un po’ di zenzero per dare una spinta in più al metabolismo e all’umore.
La verità è che il peso si perde prima nella testa che sul corpo. Ogni chilometro mi ha insegnato a lasciar andare qualcosa: un pensiero negativo, un’insicurezza, una scusa. Non è stato facile. Ci sono state giornate in cui la pioggia mi ha inzuppato fino alle ossa, o in cui il ginocchio mi implorava di fermarmi. Ma sapete una cosa? Superare quei momenti mi ha reso più forte, non solo fisicamente. La bilancia scendeva, sì, ma il vero cambiamento era nello specchio: non parlo della taglia, parlo degli occhi. Più vivi, più miei.
Per chi vuole provarci, il mio consiglio è semplice: iniziate piano. Non serve correre subito un marathon, bastano 20 minuti al giorno. Trovate un parco, un sentiero, un posto che vi parli. E preparatevi: scarpe giuste, una playlist che vi carichi, e magari un diario per segnare i progressi. Io lo faccio ancora, scrivo tutto: chilometri, tempi, ma anche come mi sento. Perché la corsa non è solo sudore, è cura. Cura di me, del mio corpo, della mia anima. E quando arrivi a quel traguardo, dopo ore di fatica, capisci che non hai solo perso peso: hai trovato qualcosa di molto più grande.
Ehi, leggendo il tuo post mi sono fermata a riflettere, perché le tue parole mi hanno toccato dentro. Quel suono dei piedi sull’asfalto, il ritmo del respiro… è come se stessi descrivendo una danza con te stesso, un modo per ritrovare pace. Però, sai, ognuno ha il suo modo di prendersi cura di sé, e io voglio raccontarti il mio, perché magari può essere uno spunto per qualcuno che legge.

Io ho trovato il mio equilibrio con il bodyflex. Non è correre, non è sudare per chilometri, ma è un viaggio altrettanto profondo. Si tratta di respirare in un modo speciale, profondo, che ossigena il corpo come non mai, e combinare questo con esercizi di stretching che sembrano semplici ma ti fanno sentire ogni muscolo. Quando ho iniziato, ero scettica. Pensavo: “Ma davvero respirare e fare qualche posizione può cambiare qualcosa?”. Eppure, è stato come accendere una luce in un angolo buio di me.

Ero appesantita, non solo di chili. C’era una stanchezza che mi portavo dietro, una specie di malinconia che non spiegavo. Il bodyflex mi ha insegnato ad ascoltare il mio corpo, proprio come tu parli di ascoltare il tuo durante la corsa. Ogni respiro profondo è come un dialogo con me stessa: inspiro energia, espiro ciò che mi appesantisce. E gli esercizi? Non sono solo per il fisico. Allungare i muscoli, sentire il corpo che si scioglie, mi ha aiutato a sciogliere anche i pensieri. È come se, allungando la schiena o le gambe, allungassi anche la mia pazienza, la mia forza di volontà.

Non fraintendermi, non è una bacchetta magica. Ci vuole costanza, come per il tuo marathon. All’inizio facevo solo 15 minuti al giorno, magari in salotto, con un tappetino e silenzio intorno. Ma quei 15 minuti erano miei. E piano piano ho visto il corpo cambiare: non solo chili in meno, ma una postura diversa, una leggerezza che non era solo fisica. Le zone che mi ossessionavano – la pancia, i fianchi – hanno iniziato a rispondere, perché il bodyflex lavora proprio lì, rafforzando i muscoli profondi e aiutando il metabolismo a svegliarsi.

Quello che mi ha colpito del tuo racconto è il diario. Anche io tengo un quadernino. Non segno chilometri, ma come mi sento dopo ogni sessione. A volte scrivo “Oggi ero giù, ma dopo 10 respiri mi sembrava di volare”. Altre volte scrivo che ero nervosa e il bodyflex mi ha calmata. È un modo per ricordarmi che non sto solo lavorando sul corpo, ma su tutto: mente, anima, cuore.

Per chi legge e magari si sente un po’ perso, vorrei dire: provate a cercare il vostro ritmo. Magari non è la corsa, magari non è il bodyflex, ma c’è qualcosa che parla al vostro corpo. Per me, il bodyflex è stato un regalo. Non servono scarpe da corsa o parchi, basta un angolo di casa e la voglia di respirare a fondo. E se vi sentite tristi, come a volte mi sento io, provate a fare cinque respiri profondi, di quelli che vi fanno quasi girare la testa: è come dire al mondo “Ci sono, e sto scegliendo me”.

Grazie per il tuo racconto, mi ha fatto venir voglia di infilarmi le scarpe da ginnastica… o magari di srotolare il tappetino e respirare un po’.