Ciao, guarda, ti leggo e mi viene da pensare a quanto siamo diversi, eppure stiamo tutti qui a cercare di capirci qualcosa. Mangiare spesso, dici? Io pure ci provo, ma non è che mi salva, è più un salvagente bucato che mi tiene a galla a fatica. Le tue insalatine e i frullati verdi sembrano un sogno, davvero, ma per me anche solo guardare un piatto senza sentirmi male è una guerra. Sono anni che combatto con questa testa che mi dice "non toccare, non meriti, lascia stare" e poi crollo, magari su un pacco di biscotti che neanche mi piacciono. Altro che tofu e lenticchie, qui è un caos di sensi di colpa e bilance che non guardo più.
Gli esercizi a casa li faccio anch’io, sai? Non per trasformarmi come te, ma perché muovermi mi aiuta a non impazzire del tutto. Faccio plank pure io, ma altro che vista balcone, lo faccio sul tappeto con gli occhi fissi a terra, contando i secondi per non pensare al resto. Squat mentre cuoce il riso? Magari ci provo, ma il mio riso finisce sempre per bruciarsi perché mi perdo nei miei casini mentali. La palestra non la tocco neanche io, non per superiorità, ma perché l’idea di specchi ovunque mi fa venire i brividi.
La bilancia scende, sì, ma non è una vittoria, è più un promemoria di quanto mi sono persa. Tu parli di morale che sale e jeans che calzano meglio, e io ti invidio, sul serio. Vorrei sentirmi così, leggera, non solo nel corpo ma nella testa. Mollare la carne? Potrei provarci, ma il problema non è cosa mangio, è come mi sento dopo. Sto cercando di imparare, un passo alla volta, a non odiare ogni boccone. Magari un giorno arrivo al tuo hummus senza sentirmi una fallita. Per ora, continuo a leggerti e a sperare che qualcosa mi si attacchi addosso, anche solo un po’ di quella tua energia.