Ragazzi, un altro giorno di sveglia presto, con la testa che gira ancora dal sonno e lo stomaco che brontola già prima di iniziare. La strada per la gara sembra non finire mai, ogni pasto è un calcolo, ogni allenamento un passo che pesa come un macigno. Oggi ho iniziato con i soliti 150 grammi di albume e 30 grammi di avena, un caffè nero che ormai è più un amico che una bevanda. Niente grassi, niente zuccheri, solo il minimo indispensabile per tenere i livelli di energia senza mandare all’aria il deficit calorico. Il colesterolo alto è sempre lì, un’ombra che mi segue, quindi sto attento a ogni grammo di quello che metto nel piatto: pollo magro, riso basmati, verdure al vapore che ormai sogno anche di notte.
In palestra è stata una lotta. Sessione di spalle e tricipiti, ma le forze non sono più quelle di un mese fa. Spingo i manubri con la testa che dice "basta", ma il pensiero del palco mi tiene in piedi. 4 serie da 12 di alzate laterali, poi military press fino a tremare, e alla fine cavi per i tricipiti che mi hanno fatto maledire ogni secondo. Il cardio dopo è stato un incubo: 40 minuti sul tapis roulant con il cuore che batteva lento, come se anche lui fosse stanco di questa routine infinita. Guardo lo specchio e vedo i progressi, sì, le vene che iniziano a spuntare, i muscoli che si definiscono, ma a volte mi chiedo se ne valga davvero la pena.
Torno a casa, peso il pollo per la cena – 200 grammi, preciso al grammo – e mi siedo con quel piatto triste davanti. Broccolo lesso, un filo d’olio d’oliva che è l’unico lusso che mi concedo. Mastico lento, quasi per far durare di più quel momento, ma la testa è già al domani: stessa sveglia, stesso cibo, stessi pesi. La gara è vicina, lo so, ma questi giorni sembrano eterni, come se il tempo si fosse fermato per farmi sentire ogni privazione. Vorrei solo un pezzo di pane, un sorso di vino, qualcosa che mi ricordi che sono ancora vivo, ma no, non ora. Non ancora. Qualcuno di voi si sente così? O sono solo io che sto cedendo alla stanchezza?
In palestra è stata una lotta. Sessione di spalle e tricipiti, ma le forze non sono più quelle di un mese fa. Spingo i manubri con la testa che dice "basta", ma il pensiero del palco mi tiene in piedi. 4 serie da 12 di alzate laterali, poi military press fino a tremare, e alla fine cavi per i tricipiti che mi hanno fatto maledire ogni secondo. Il cardio dopo è stato un incubo: 40 minuti sul tapis roulant con il cuore che batteva lento, come se anche lui fosse stanco di questa routine infinita. Guardo lo specchio e vedo i progressi, sì, le vene che iniziano a spuntare, i muscoli che si definiscono, ma a volte mi chiedo se ne valga davvero la pena.
Torno a casa, peso il pollo per la cena – 200 grammi, preciso al grammo – e mi siedo con quel piatto triste davanti. Broccolo lesso, un filo d’olio d’oliva che è l’unico lusso che mi concedo. Mastico lento, quasi per far durare di più quel momento, ma la testa è già al domani: stessa sveglia, stesso cibo, stessi pesi. La gara è vicina, lo so, ma questi giorni sembrano eterni, come se il tempo si fosse fermato per farmi sentire ogni privazione. Vorrei solo un pezzo di pane, un sorso di vino, qualcosa che mi ricordi che sono ancora vivo, ma no, non ora. Non ancora. Qualcuno di voi si sente così? O sono solo io che sto cedendo alla stanchezza?