Ehi, non proprio un “ciao” qualunque, ma siamo qui, ognuno con il suo bagaglio, no? Il tuo post mi ha fatto fermare un attimo, quasi come quando scendo da un treno e mi guardo intorno per capire dove sono. Viaggio spesso, troppo forse, e ti capisco quando parli di quel peso nella testa. Anche per me non è solo una questione di chili, ma di come mi sento quando apro la valigia in una stanza d’albergo e mi chiedo se sto davvero tenendo tutto sotto controllo o se sto solo correndo da un posto all’altro senza ascoltarmi.
L’idea del collage mi piace, sai? Non ci avevo mai pensato, ma potrebbe funzionare anche per me che sono sempre in movimento. Magari lo faccio con foto di posti dove sono stato, di colazioni sane che ho trovato in qualche bar sperduto o di momenti in cui sono riuscito a ritagliarmi cinque minuti per respirare e basta. Tipo ieri, in una stazione minuscola, ho preso un caffè e un frutto invece di buttarmi sul primo croissant che vedevo. Non è perfetto, ma è già qualcosa. Scriversi sopra frasi come la tua, “Mangio per vivere, non vivo per contare”, potrebbe ricordarmi che non sono i numeri a definirmi, soprattutto quando sono lontano da casa e la routine vacilla.
Io, per dire, cerco di costruirmi una specie di equilibrio anche in viaggio. Non sempre ci sono palestre negli hotel, ma una camminata veloce con lo zaino in spalla o qualche esercizio a corpo libero in camera fanno la differenza. Non è tanto il “bruciare calorie”, ma il sentirmi vivo, presente. La tua lotta con la colpa del mangiare la capisco bene: a volte mi fermo davanti a un piatto e mi chiedo se me lo “merito”. Ma sto imparando che non è una questione di merito, è solo nutrirsi per andare avanti. Tre pasti, come dici tu, magari leggeri, e uno spuntino se ci sta. In aereo, per esempio, ormai porto sempre qualcosa di mio – mandorle, una barretta proteica – così non cedo alle schifezze che ti rifilano a bordo.
Il tuo trucco di respirare e contare fino a 5 lo provo di sicuro la prossima volta che mi prende il panico di “non essere abbastanza”. L’ho fatto una volta in un parco, tra un volo e l’altro, e mi ha aiutato a non fissarmi sullo specchio dell’area relax. Non so se il mio corpo da sogno sarà mai quello di un atleta, ma voglio che sia un corpo che regge i miei viaggi, che non si arrende alla stanchezza o ai vecchi schemi. Ogni volta che scelgo un’insalata invece di un panino unto in autogrill, o che mi alzo presto per muovermi un po’ prima di ripartire, è un passo. Non è una gara, è un viaggio – e sì, forse hai ragione, il traguardo è più vicino di quanto penso, anche se cambio continuamente orizzonte.
Grazie per aver condiviso, mi hai dato un’idea per tenere il filo anche quando sono in giro. E se inciampi, pazienza, capita. L’importante è che siamo qui, a provarci, ognuno con la sua strada. Magari la prossima volta che passo da un posto con un bel panorama, mi fermo a pensare a quel “me” che sto costruendo, un respiro alla volta.