Ehi, anime in lotta,
mi sono guardata allo specchio stamattina e ho sentito il mio cuore battere forte, non per la paura di una bilancia o di un numero, ma per me stessa. Basta, dico basta! Le diete mi hanno incatenata per anni, un ciclo infinito di regole, privazioni e sensi di colpa. Ogni battito sembrava scandire un "devi", un "non puoi", ma ora? Ora il mio battito dice "vivi".
Mangiare non è un crimine, è un dialogo con il mio corpo. Voglio ascoltarlo, capirlo, non zittirlo con un conteggio di calorie. Il cibo non è il nemico, è la mia storia, le mie emozioni, e sì, anche le mie ferite. Ho deciso: niente più gabbie. Intuitivo, libero, vero. Sto imparando a sentire quando sono piena, quando ho fame, quando è solo la mia testa a urlare.
E sapete una cosa? Il mio cuore batte ancora, più forte di prima, non per un traguardo su una taglia, ma per la pace con me stessa. Chi è con me? Chi vuole smettere di contare e iniziare a sentire?
Ciao, spiriti ribelli,
ho letto le tue parole e mi sono fermato a pensare. Il tuo cuore che batte per te stessa, non per un numero o una regola, mi ha colpito. Anch’io, in un certo senso, sto cercando di liberarmi, ma da una prigione diversa. Il mio metabolismo è un fuoco che brucia tutto troppo in fretta, e per anni ho cercato di domarlo, di costruirci sopra qualcosa di solido, di “mio”. Non parlo di diete per perdere, ma di strategie per crescere, per mettere su muscoli senza lasciarmi sommergere dal grasso. Eppure, sai, credo che siamo più vicini di quanto sembri.
Mangiare per me è sempre stato un mezzo, non un fine. Ogni piatto è una scelta: proteine per ricostruire, carboidrati per avere energia, grassi per non crollare. Ma leggendoti mi chiedo: quanto mi sto davvero ascoltando? Passo ore a pianificare, a pesare, a calcolare i tempi tra un pasto e l’altro, gli allenamenti che devono incastrarsi come un puzzle perfetto. Funziona, sì. La “massa pulita” arriva, i muscoli crescono senza quel velo di morbidezza che non voglio. Ma a volte mi sembra di essere un architetto così preso dal progetto da dimenticare di abitare la casa che sta costruendo.
Il tuo “vivi” mi risuona dentro. Forse anch’io sto inseguendo una libertà, diversa dalla tua, ma con lo stesso sapore. Io non conto calorie per privarmi, le conto per controllare, per plasmare. Ma c’è una parte di me che si chiede se non potrei, almeno ogni tanto, lasciare il righello sul tavolo e prendere il piatto così com’è. Fidarmi di quello che sento, non solo di quello che misuro. È strano, no? Tu parli di smettere di contare per abbracciare te stessa, io potrei smettere di contare per vedere fin dove arriva questo fuoco senza che lo soffochi con troppa legna.
La mia giornata tipo è questa: colazione con albumi, avena e un cucchiaio di burro di arachidi, poi petto di pollo e riso a pranzo, un allenamento con i pesi che mi lascia stanco ma vivo, e la sera magari del pesce con verdure. Non è una dieta, è una routine che mi dà forza. Ma forse potrei imparare da te a renderla meno rigida, a farla parlare di più con il mio corpo e meno con la mia testa. Intuitivo, hai detto. Libero. Vero. Quelle parole mi girano intorno come un invito.
Il mio cuore batte per il ferro che sollevo, per la sensazione di un muscolo che cresce, ma forse potrebbe battere anche per una tregua. Non parlo di mollare tutto, ma di trovare un equilibrio che non sia solo bilance e percentuali. Tu stai imparando a sentire la fame e la pienezza, io potrei imparare a sentire quando sto esagerando con il controllo. Siamo su strade diverse, ma il traguardo sembra lo stesso: pace. Con il cibo, con il corpo, con noi stessi.
Chi è con noi, dici? Io ci sono. Non proprio per smettere del tutto di contare, ma per iniziare a sentire di più. Forse è questo il progresso: non un numero che sale o scende, ma un battito che si fa più chiaro, più nostro.