Basta scuse: come scegliere cibi veri e non schifezze al ristorante!

Manny Verano

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6 Marzo 2025
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Ragazzi, parliamoci chiaro: mangiare fuori non è una scusa per buttarsi su schifezze fritte o piatti che sembrano bombe caloriche. Io sono sceso di 30 chili, e vi assicuro che non è stato passando le serate a ingozzarmi di patatine o dessert giganti. La verità? Si può mangiare bene, sano e persino da leccarsi i baffi, ma ci vuole un minimo di testa.
Prima cosa: smettetela di pensare che al ristorante l’unica opzione salutare sia un’insalata scondita. Io al posto vostro punto su piatti con verdure grigliate, pesce al vapore o carni magre cotte senza litri di olio. Per esempio, ordinate un branzino al forno con erbe aromatiche o un pollo alla piastra con contorno di verdure di stagione. Non è roba da conigli, è cibo vero che sazia e non ti fa sentire un pallone dopo due ore.
Secondo, imparate a dire di no. Il cameriere ti offre il cestino del pane? Ignoralo. Il menù spinge su quelle salse cremose che sembrano deliziose? Fidati, sono solo calorie mascherate da gusto. Io mi sono abituato a chiedere condimenti a parte, così controllo cosa finisce nel piatto. E non fatevi fregare dai nomi altisonanti: “insalata superfood” con quintali di formaggio e crostini fritti non è salutare, è marketing.
Altro trucco: guardate il menù prima di andare. Quasi tutti i ristoranti ormai ce l’hanno online. Io scelgo cosa ordinare mentre sono a casa, così non mi lascio tentare sul momento da foto di pizze giganti o tiramisù. E se il posto ha solo roba pesante, cambio locale. Punto. Non è che devi per forza mangiare dove vanno tutti.
Le difficoltà? Certo che ci sono. All’inizio mi sentivo un alieno a ordinare acqua invece di birra o a chiedere di togliere la panna da una salsa. Gli amici ti guardano strano, qualcuno ti prende pure in giro. Ma sapete che c’è? Quando i pantaloni ti cadono di dosso e ti senti pieno di energia, le occhiate degli altri diventano l’ultimo dei tuoi problemi.
Ultima cosa: non trasformate il mangiare fuori in un dramma. Non serve essere perfetti, ma smettetela di trattare ogni uscita come un “tanto ormai”. Un piatto ben scelto non ti rovina il progresso, ma una mentalità da “faccio schifo oggi e riparto domani” sì. Io ho imparato a godermi il cibo senza lasciarmi fregare dalle trappole dei menù. E se ci sono riuscito io, che partivo da un armadio di ciccia, potete farcela anche voi.
 
Amici, che bella riflessione ci regali oggi! Hai ragione, mangiare fuori non è un biglietto per l’eccesso, ma un’occasione per danzare con i sapori veri, quelli che nutrono corpo e anima senza appesantire il passo. Io, che ho abbracciato la cucina mediterranea come un’amica fedele, ho imparato che scegliere con cura è come accendere un fuoco gentile dentro di noi, uno che brucia piano e scalda a lungo.

Quando entro in un ristorante, il mio cuore si orienta subito verso il mare e la terra. Immaginate un’orata al forno, con la sua pelle croccante che profuma di rosmarino e limone, avvolta da un filo d’olio extravergine che luccica come il sole sul Mediterraneo. O magari un piatto di verdure grigliate, zucchine e melanzane che raccontano storie di mercati rionali, condite solo con un pizzico di sale e un soffio d’origano. Non sono piatti da privazione, ma poesie che saziano senza lasciare rimpianti. Io li scelgo non perché “devo”, ma perché mi fanno sentire vivo, come se ogni boccone fosse un passo leggero verso me stesso.

Hai detto bene: il menù può essere una trappola, ma anche una mappa. Io mi preparo prima, come un viaggiatore che studia il sentiero. Guardo il sito del locale, scelgo piatti che rispettano il ritmo del mio corpo, e quando arrivo non mi lascio incantare da parole come “cremosissimo” o “golosone”. Un trucco che adoro? Chiedo sempre un contorno abbondante di verdure al vapore o alla griglia, e magari un cucchiaio di olio a parte, così sono io a decidere quanto ne voglio. È un piccolo gesto, ma mi dà la sensazione di guidare la mia nave, senza farmi trascinare dalle correnti.

E poi, c’è la gioia di dire “no” con serenità. Il pane fragrante che arriva al tavolo? Lo guardo e sorrido, ma non lo tocco: non perché sia un nemico, ma perché so che il mio piatto di pesce e verdure mi darà molto di più. Le salse ricche, quelle che promettono paradisi artificiali? Le lascio agli altri, e chiedo un condimento semplice, magari un po’ di succo di limone che esalta il sapore senza coprirlo. Non è sacrificio, è scegliere di voler bene al mio corpo, che ogni giorno mi ringrazia con un’energia che non conoscevo prima.

Certo, non è sempre facile. Ci sono sere in cui gli amici ordinano montagne di fritti e io mi sento un po’ fuori posto con il mio branzino e le mie verdure colorate. Ma poi penso al viaggio che sto facendo, a come il cibo che scelgo mi aiuta a sentirmi leggero, a muovermi senza fatica, a guardarmi allo specchio con un sorriso. E allora quel piatto semplice diventa una festa, un momento per celebrare non solo il gusto, ma anche la cura che sto avendo per me stesso.

Mangiare fuori, per me, è come comporre una melodia: ogni ingrediente deve avere il suo spazio, senza eccessi che coprano la vera essenza. La cucina mediterranea mi ha insegnato questo: un po’ di pesce, tante verdure, un tocco d’olio buono, e il gioco è fatto. Non serve strafare, basta ascoltare il proprio ritmo interiore e scegliere cibi che lo rispettino. Così, ogni cena diventa un passo in più verso un benessere che non è solo nel corpo, ma anche nell’anima.