Basta scuse: ho perso 30 chili e vi dico come ho fatto!

ferran.96

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6 Marzo 2025
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Ragazzi, non ne posso più di sentire le solite scuse. "Non ho tempo", "è troppo difficile", "non riesco a rinunciare al cibo". Basta! Io ce l’ho fatta, ho perso 30 chili e non sono un supereroe, sono uno come voi. Ma sapete qual è stata la differenza? Ho smesso di piangermi addosso e ho preso in mano la mia vita.
All’inizio è stato un inferno. Ero abituato a mangiare schifezze a tutte le ore, a crollare sul divano dopo lavoro senza muovere un muscolo. Pesavo quasi 110 chili, mi sentivo uno straccio, e ogni volta che provavo a cambiare duravo sì e no tre giorni. La svolta è arrivata quando ho capito che non era solo questione di dieta o palestra: era una guerra mentale. Il vero ostacolo non era la bilancia, ero io.
Mi sono incazzato con me stesso. Ho buttato via tutto il cibo spazzatura che avevo in casa, ho preso un quaderno e ho scritto nero su bianco cosa mangiavo ogni giorno. Niente segreti, niente bugie. Ho iniziato a cucinare, cose semplici: petto di pollo, verdure, riso. Niente di elaborato, perché non sono uno chef e non ho tempo da perdere. Ho tagliato zuccheri e alcol, e sì, all’inizio mi sembrava di morire senza la mia birra serale. Ma sapete una cosa? Dopo due settimane non mi mancava più.
L’attività fisica? Non vi racconto balle, non sono diventato un maratoneta. Ho iniziato camminando, 30 minuti al giorno, incazzato col mondo, ma camminavo. Poi ho aggiunto qualche esercizio a casa, flessioni, squat, roba che puoi fare senza spendere un euro. Non è stata una passeggiata, sudavo come un maiale e maledicevo ogni secondo, ma piano piano il corpo ha iniziato a rispondere.
Il primo ostacolo vero è stato il giudizio degli altri. Amici che dicevano "ma dai, una pizza non ti uccide", parenti che insisteva con "mangia, sembri malato". Ho dovuto imparare a dire no, a volte urlando, perché non capivano che stavo lottando per me stesso. E poi c’erano i momenti di cedimento, quelli in cui ti guardi allo specchio e pensi "non ce la farò mai". Lì ho tirato fuori la rabbia: non contro gli altri, ma contro quella voce nella mia testa che voleva farmi mollare.
Non vi dico che è facile, perché non lo è. Ci sono stati giorni in cui ho mangiato troppo, giorni in cui mi sono odiato. Ma ogni volta mi sono rialzato. Sapete perché? Perché la vita che ho ora, più leggera, più energica, più mia, vale ogni singola lacrima e ogni insulto che mi sono urlato da solo. I 30 chili non sono solo peso, sono catene che mi sono tolto di dosso.
Smettete di cercare scorciatoie, di aspettare il momento perfetto. Incazzatevi, muovetevi, fate qualcosa. La vostra felicità non aspetta i vostri comodi, e di sicuro non arriva stando fermi a lamentarvi. Io l’ho fatto, e se ci sono riuscito io, potete farlo anche voi. Basta scuse.
 
Ragazzi, non ne posso più di sentire le solite scuse. "Non ho tempo", "è troppo difficile", "non riesco a rinunciare al cibo". Basta! Io ce l’ho fatta, ho perso 30 chili e non sono un supereroe, sono uno come voi. Ma sapete qual è stata la differenza? Ho smesso di piangermi addosso e ho preso in mano la mia vita.
All’inizio è stato un inferno. Ero abituato a mangiare schifezze a tutte le ore, a crollare sul divano dopo lavoro senza muovere un muscolo. Pesavo quasi 110 chili, mi sentivo uno straccio, e ogni volta che provavo a cambiare duravo sì e no tre giorni. La svolta è arrivata quando ho capito che non era solo questione di dieta o palestra: era una guerra mentale. Il vero ostacolo non era la bilancia, ero io.
Mi sono incazzato con me stesso. Ho buttato via tutto il cibo spazzatura che avevo in casa, ho preso un quaderno e ho scritto nero su bianco cosa mangiavo ogni giorno. Niente segreti, niente bugie. Ho iniziato a cucinare, cose semplici: petto di pollo, verdure, riso. Niente di elaborato, perché non sono uno chef e non ho tempo da perdere. Ho tagliato zuccheri e alcol, e sì, all’inizio mi sembrava di morire senza la mia birra serale. Ma sapete una cosa? Dopo due settimane non mi mancava più.
L’attività fisica? Non vi racconto balle, non sono diventato un maratoneta. Ho iniziato camminando, 30 minuti al giorno, incazzato col mondo, ma camminavo. Poi ho aggiunto qualche esercizio a casa, flessioni, squat, roba che puoi fare senza spendere un euro. Non è stata una passeggiata, sudavo come un maiale e maledicevo ogni secondo, ma piano piano il corpo ha iniziato a rispondere.
Il primo ostacolo vero è stato il giudizio degli altri. Amici che dicevano "ma dai, una pizza non ti uccide", parenti che insisteva con "mangia, sembri malato". Ho dovuto imparare a dire no, a volte urlando, perché non capivano che stavo lottando per me stesso. E poi c’erano i momenti di cedimento, quelli in cui ti guardi allo specchio e pensi "non ce la farò mai". Lì ho tirato fuori la rabbia: non contro gli altri, ma contro quella voce nella mia testa che voleva farmi mollare.
Non vi dico che è facile, perché non lo è. Ci sono stati giorni in cui ho mangiato troppo, giorni in cui mi sono odiato. Ma ogni volta mi sono rialzato. Sapete perché? Perché la vita che ho ora, più leggera, più energica, più mia, vale ogni singola lacrima e ogni insulto che mi sono urlato da solo. I 30 chili non sono solo peso, sono catene che mi sono tolto di dosso.
Smettete di cercare scorciatoie, di aspettare il momento perfetto. Incazzatevi, muovetevi, fate qualcosa. La vostra felicità non aspetta i vostri comodi, e di sicuro non arriva stando fermi a lamentarvi. Io l’ho fatto, e se ci sono riuscito io, potete farlo anche voi. Basta scuse.
Ehi, leggendo il tuo post mi sono rivisto in tante cose, sai? Anch’io all’inizio ero pieno di scuse, sempre a rimandare, a dirmi che non era il momento giusto. Però hai ragione, arriva un punto in cui ti stufi di sentirti intrappolato nel tuo stesso corpo e decidi che basta, si cambia. La tua storia mi ha colpito, soprattutto quella rabbia che hai trasformato in forza, perché è una cosa che capisco bene.

Io ho trovato la mia strada con i corsi di gruppo, tipo zumba, pilates e un po’ di boxe. Non sono mai stato uno da palestra solitaria, mi annoio e mollo subito. Ma con le lezioni di gruppo è diverso: c’è quel senso di squadra che ti spinge a non arrenderti. Quando vedo gli altri che sudano insieme a me, che si incoraggiano, mi viene voglia di dare il massimo. È come se fossimo tutti sulla stessa barca, ognuno con i suoi chili da buttare giù, e questo mi motiva un casino.

All’inizio non è stato facile neanche per me. Arrivavo a lezione con zero fiato, mi sentivo un pesce fuor d’acqua tra gente che sembrava già in forma. Però ho tenuto duro, perché il bello dei corsi è che nessuno ti giudica, o almeno non nei gruppi giusti. Ti consiglio di provarci, se non l’hai mai fatto: trova un posto dove l’istruttore ti mette a tuo agio e dove l’energia è positiva. Per me è stato fondamentale scegliere classi con musica che mi carica e un gruppo non troppo serio, così mi diverto pure mentre sudo.

La tua guerra mentale la capisco eccome. Anche per me il cibo era un nemico, soprattutto nei momenti di stress. Ho imparato a non privarmi di tutto, ma a controllare le porzioni e a godermi il movimento invece di vederlo come una punizione. Le camminate di cui parli sono un ottimo inizio, e ti giuro che aggiungendo un corso tipo zumba senti il corpo che si sveglia. Non serve essere perfetti, basta muoversi e crederci.

Il giudizio degli altri è un ostacolo che ho affrontato anch’io. "Ma dai, vieni a mangiare con noi, che ti fa un piatto di pasta?" Quante volte l’ho sentito! Ho dovuto imparare a mettere me stesso al primo posto, senza litigare ma spiegando che sto facendo una cosa per me. E sai una cosa? Col tempo hanno smesso di insistere, vedendo che non mollavo.

Il tuo percorso è ispirazione pura, e sono d’accordo: non ci sono scorciatoie. Però ti dico, trovare un gruppo con cui condividere la fatica può fare la differenza. Non è solo questione di bruciare calorie, ma di sentirsi meno soli in questa battaglia. Se ti va, prova a buttarti in un corso, magari uno tranquillo come pilates per iniziare. Vedrai che il corpo risponde e la testa pure. Forza, che ce la fai, e ce la facciamo insieme!
 
Ehi, leggendo il tuo post mi sono rivisto in tante cose, sai? Anch’io all’inizio ero pieno di scuse, sempre a rimandare, a dirmi che non era il momento giusto. Però hai ragione, arriva un punto in cui ti stufi di sentirti intrappolato nel tuo stesso corpo e decidi che basta, si cambia. La tua storia mi ha colpito, soprattutto quella rabbia che hai trasformato in forza, perché è una cosa che capisco bene.

Io ho trovato la mia strada con i corsi di gruppo, tipo zumba, pilates e un po’ di boxe. Non sono mai stato uno da palestra solitaria, mi annoio e mollo subito. Ma con le lezioni di gruppo è diverso: c’è quel senso di squadra che ti spinge a non arrenderti. Quando vedo gli altri che sudano insieme a me, che si incoraggiano, mi viene voglia di dare il massimo. È come se fossimo tutti sulla stessa barca, ognuno con i suoi chili da buttare giù, e questo mi motiva un casino.

All’inizio non è stato facile neanche per me. Arrivavo a lezione con zero fiato, mi sentivo un pesce fuor d’acqua tra gente che sembrava già in forma. Però ho tenuto duro, perché il bello dei corsi è che nessuno ti giudica, o almeno non nei gruppi giusti. Ti consiglio di provarci, se non l’hai mai fatto: trova un posto dove l’istruttore ti mette a tuo agio e dove l’energia è positiva. Per me è stato fondamentale scegliere classi con musica che mi carica e un gruppo non troppo serio, così mi diverto pure mentre sudo.

La tua guerra mentale la capisco eccome. Anche per me il cibo era un nemico, soprattutto nei momenti di stress. Ho imparato a non privarmi di tutto, ma a controllare le porzioni e a godermi il movimento invece di vederlo come una punizione. Le camminate di cui parli sono un ottimo inizio, e ti giuro che aggiungendo un corso tipo zumba senti il corpo che si sveglia. Non serve essere perfetti, basta muoversi e crederci.

Il giudizio degli altri è un ostacolo che ho affrontato anch’io. "Ma dai, vieni a mangiare con noi, che ti fa un piatto di pasta?" Quante volte l’ho sentito! Ho dovuto imparare a mettere me stesso al primo posto, senza litigare ma spiegando che sto facendo una cosa per me. E sai una cosa? Col tempo hanno smesso di insistere, vedendo che non mollavo.

Il tuo percorso è ispirazione pura, e sono d’accordo: non ci sono scorciatoie. Però ti dico, trovare un gruppo con cui condividere la fatica può fare la differenza. Non è solo questione di bruciare calorie, ma di sentirsi meno soli in questa battaglia. Se ti va, prova a buttarti in un corso, magari uno tranquillo come pilates per iniziare. Vedrai che il corpo risponde e la testa pure. Forza, che ce la fai, e ce la facciamo insieme!
Ciao Ferran, il tuo post mi ha preso in pieno. Quella rabbia che descrivi, quel momento in cui ti guardi e dici “basta, ora cambio”, l’ho vissuto anch’io. Pesavo troppo, mi sentivo sempre stanco, e ogni scusa era buona per non iniziare. Poi un giorno ho deciso: o adesso o mai più. E sai cosa? Per me la chiave è stata prendere in mano un bilanciere. Niente di complicato, solo pesi e sudore, ma ha funzionato.

Non fraintendermi, non sono uno di quei fanatici della palestra che vivono di selfie allo specchio. Ero uno normale, con un lavoro, poco tempo e zero voglia di contare calorie come un matematico. Però ho scoperto che sollevare pesi non è solo per mettere muscoli, ma per bruciare grasso e sentirsi vivi. Ho perso 25 chili così, e non è stata una passeggiata, ma ogni goccia di sudore è valsa la pena.

All’inizio ero spaventato. Pensavo che la palestra fosse roba da supereroi, che servissero macchinari costosi o diete da astronauta. Invece no. Ho iniziato con due manubri a casa, squat, stacchi, panca con quello che avevo. La verità è che non serve essere perfetti, serve iniziare. Il primo mese è stato un disastro: tremavo dopo cinque ripetizioni, mi sentivo ridicolo. Ma poi il corpo si abitua, e la testa segue. Dopo un po’ non vedevo l’ora di allenarmi, perché era il mio momento, il mio sfogo.

Sul cibo ti capisco al cento per cento. Anch’io avevo la dispensa piena di schifezze, e buttare tutto è stato un colpo al cuore. Ho semplificato: pollo, uova, patate dolci, verdure. Niente magie, solo roba che riempie e dà energia. Ho tagliato zuccheri e schifezze, e sì, all’inizio mi mancava il gelato come se fosse un amico perso. Ma dopo un mese non ci pensavo più. Non è privazione, è abituarsi a stare meglio. E quando sgarravo, non mi flagellavo: tornavo in pista il giorno dopo.

Il tuo discorso sulla guerra mentale è sacrosanto. La bilancia può scendere, ma se la testa non è convinta, crolli. Per me i pesi sono stati la svolta perché mi davano un obiettivo: sollevare di più, spingermi oltre. Non era solo dimagrire, era diventare più forte. E questo mi ha salvato nei giorni no, quando volevo mollare. Altro che “non ho tempo”: trovavo 30 minuti, mettevo la mia playlist e via, senza scuse.

Il giudizio degli altri? Un incubo. “Ma perché non mangi normale?”, “Sembri ossessionato”. Ho smesso di spiegare, tanto non capivano. Ho imparato a dire no e basta, perché stavo lottando per me, non per loro. E quei momenti in cui ti guardi allo specchio e ti senti fermo? Li ho avuti anch’io. Lì mi incazzavo, prendevo il bilanciere e sfogavo tutto. Funziona, te lo giuro.

Non dico che i pesi siano la soluzione per tutti, ma ti consiglio di provarci. Non serve una palestra di lusso: due manubri, un angolo di casa e voglia di spaccare. Parti con poco, tipo 3 serie da 10 squat o flessioni coi pesi, e aumenta quando ti senti pronto. È una strada dura, ma ti dà controllo, forza, e alla fine ti guardi e pensi: “Ce l’ho fatta”. La tua storia è una spinta per tanti, me compreso. Non mollare, e se vuoi un consiglio su dove iniziare con i pesi, chiedi pure. Siamo in questa battaglia insieme.
 
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Reazioni: dablju
Ehi, stingu, il tuo messaggio mi ha fatto quasi cadere dalla sedia, sai? Quella vibrazione che descrivi, quel fuoco che ti accende quando dici “basta scuse”, è come se me lo fossi sentito rimbombare nelle ossa! Io e mio marito ci siamo guardati in faccia un giorno, entrambi con i jeans che tiravano e il fiatone dopo due rampe di scale, e ci siamo detti: o ci muoviamo insieme o finiamo a rotolare giù dal divano. E da lì è partita la nostra rivoluzione, un po’ incasinata ma vera.

Non siamo tipi da palestra, né da diete con bilancino e tabelle. All’inizio ci siamo messi a camminare, proprio come te, ma insieme era diverso: ci prendevamo in giro se uno rallentava, ci sfidavamo a fare un pezzo in più. Poi abbiamo alzato il tiro. Lui ha tirato fuori dal garage una vecchia cyclette, io ho trovato un’app con esercizi a corpo libero che sembrava scritta da un sergente militare. Ci siamo messi lì, sudando e ridendo, a volte inciampando l’uno sull’altro per fare plank o squat. Non era perfetto, ma era nostro.

La cosa assurda è che avere lui accanto mi ha salvato mille volte dal mollare. Sai quei giorni in cui la bilancia non si muove e ti viene voglia di affogare i dispiaceri in una vaschetta di tiramisù? Lui mi guardava e diceva: “Dai, facciamo altri dieci minuti, poi ci spariamo una pizza light”. E funzionava! Non perché fossimo dei fenomeni, ma perché insieme ci sentivamo meno persi. Io lo tiravo su quando voleva cedere, lui mi spronava quando mi vedeva con la faccia da funerale. È come avere un alleato in trincea: ti copre le spalle mentre spari ai chili di troppo.

Il cibo è stato un altro campo di battaglia. Eravamo due mangioni, di quelli che vedono un piatto di carbonara e sentono gli angeli cantare. Tagliare tutto? Impossibile. Abbiamo fatto pace col nemico: meno olio, porzioni da umani e non da vichinghi, e ogni tanto uno sgarro programmato per non impazzire. La prima volta che abbiamo detto no a una cena infinita con amici ci guardavano come alieni. “Ma che vi è successo?”, ci chiedevano. E noi, con un sorrisetto, rispondevamo: “Stiamo salvando noi stessi, tranquilli”. Col tempo hanno smesso di rompere, e ora ci chiedono pure consigli!

La tua storia dei corsi di gruppo mi ha acceso una lampadina. Io e mio marito siamo due disastri con la coordinazione, tipo due orsi che provano a ballare, ma magari uno Zumba insieme potrebbe essere epico. Già me lo vedo lui che inciampa e io che rido come una matta, ma alla fine sudiamo e ci divertiamo. È questo il punto: fare qualcosa che ti tenga vivo, non che ti spegna. Tu parli di gruppo e io penso a noi due come a un mini-team: non c’è istruttore, ma c’è quel patto non detto di non lasciarci cadere.

La testa, però, è una bestia schifosa. Ti sabota quando meno te l’aspetti. Io avevo i miei momenti “tanto non ce la faccio”, e lui i suoi “ma chi me lo fa fare”. Ci siamo messi a scriverci i motivi per cui abbiamo iniziato: li abbiamo appiccicati sul frigo, così ogni volta che aprivamo per cercare conforto ci sbattevamo in faccia la realtà. Funziona, sai? Non è da guru, è da disperati che vogliono vincere. E vincere insieme è un’altra cosa: quando uno dei due perde un chilo, l’altro esulta come se fosse un gol ai mondiali.

Il tuo percorso mi gasa da morire, stingu. Quella grinta che ci metti è contagiosa. Io ti dico: buttati coi corsi, sì, ma se hai qualcuno con cui condividere la fatica, provaci. Non deve essere un gruppo enorme, basta una persona che capisce e ti spinge. Io senza mio marito sarei ancora sul divano a maledire lo specchio. Ora invece ci guardiamo e diciamo: “Cavolo, stiamo diventando tosti”. Non siamo perfetti, ma siamo in piedi. E tu, continua a spaccare, che questa guerra la vinciamo un passo alla volta, insieme a chi ci sta vicino!
 
Cavolo, il tuo messaggio mi ha preso in pieno! Quel modo di raccontarti, con te e tuo marito che vi spingete a vicenda, mi ha fatto pensare a quanto sia potente avere qualcuno che ti tiene in pista. Io invece sono qui a combattere da sola, soprattutto con le mie serate che finiscono sempre con uno snack di troppo. Leggerti mi ha dato una scossa, però, e mi sa che devo cambiare qualcosa.

Il mio problema grosso è la notte. Dopo cena, quando finalmente mi rilasso, parte il pilota automatico: apro il frigo, pesco qualcosa, poi mi ritrovo sul divano con una tazza di latte e biscotti che non ricordo nemmeno di aver preso. Non è fame, è proprio abitudine, come se il mio cervello dicesse “ehi, ora tocca mangiare per stare tranquilli”. Però tranquilla non ci sto per niente, perché poi mi sveglio con quel peso sullo stomaco e sullo specchio. La tua storia mi ha fatto venir voglia di spezzare questo loop.

Ho iniziato da poco a provare con delle tisane, tipo quelle alla melissa o camomilla, per darmi un segnale diverso la sera. Non sono una maga delle diete, ma sto cercando di sostituire il rituale del cibo con qualcosa di caldo che mi calmi senza appesantirmi. Funziona a giorni alterni: a volte mi sento soddisfatta, altre invece la voglia di sgranocchiare vince. Però quando resisto, la mattina dopo mi sento più leggera, non solo di pancia ma proprio di testa.

Il tuo discorso sul fare le cose insieme mi ha fatto riflettere. Io non ho un “team” come te e tuo marito, ma magari potrei coinvolgere una collega o un’amica per una passeggiata serale, così evito di crollare sul divano appena finisco di lavare i piatti. Oppure, boh, provare un corso come dici tu, anche se l’idea di muovermi in gruppo mi spaventa un po’. Sono più tipo da “faccio da sola e nessuno mi guarda”. Però capisco che da sola rischio di mollare, come dici tu quando parli di quei momenti in cui la testa ti sabota.

Per ora mi sto dando delle piccole regole: niente cibo dopo le 20, una tisana pronta sul tavolo e una serie tv che mi tenga incollata senza bisogno di mangiare. Non è una rivoluzione come la vostra, ma è un passo. Leggerti mi ha fatto venir voglia di non arrendermi, di trovare il mio modo di dire “basta scuse”. Grazie per la carica, continua a raccontare che mi serve da ispirazione!