Ragazzi, non ne posso più di sentire le solite scuse. "Non ho tempo", "è troppo difficile", "non riesco a rinunciare al cibo". Basta! Io ce l’ho fatta, ho perso 30 chili e non sono un supereroe, sono uno come voi. Ma sapete qual è stata la differenza? Ho smesso di piangermi addosso e ho preso in mano la mia vita.
All’inizio è stato un inferno. Ero abituato a mangiare schifezze a tutte le ore, a crollare sul divano dopo lavoro senza muovere un muscolo. Pesavo quasi 110 chili, mi sentivo uno straccio, e ogni volta che provavo a cambiare duravo sì e no tre giorni. La svolta è arrivata quando ho capito che non era solo questione di dieta o palestra: era una guerra mentale. Il vero ostacolo non era la bilancia, ero io.
Mi sono incazzato con me stesso. Ho buttato via tutto il cibo spazzatura che avevo in casa, ho preso un quaderno e ho scritto nero su bianco cosa mangiavo ogni giorno. Niente segreti, niente bugie. Ho iniziato a cucinare, cose semplici: petto di pollo, verdure, riso. Niente di elaborato, perché non sono uno chef e non ho tempo da perdere. Ho tagliato zuccheri e alcol, e sì, all’inizio mi sembrava di morire senza la mia birra serale. Ma sapete una cosa? Dopo due settimane non mi mancava più.
L’attività fisica? Non vi racconto balle, non sono diventato un maratoneta. Ho iniziato camminando, 30 minuti al giorno, incazzato col mondo, ma camminavo. Poi ho aggiunto qualche esercizio a casa, flessioni, squat, roba che puoi fare senza spendere un euro. Non è stata una passeggiata, sudavo come un maiale e maledicevo ogni secondo, ma piano piano il corpo ha iniziato a rispondere.
Il primo ostacolo vero è stato il giudizio degli altri. Amici che dicevano "ma dai, una pizza non ti uccide", parenti che insisteva con "mangia, sembri malato". Ho dovuto imparare a dire no, a volte urlando, perché non capivano che stavo lottando per me stesso. E poi c’erano i momenti di cedimento, quelli in cui ti guardi allo specchio e pensi "non ce la farò mai". Lì ho tirato fuori la rabbia: non contro gli altri, ma contro quella voce nella mia testa che voleva farmi mollare.
Non vi dico che è facile, perché non lo è. Ci sono stati giorni in cui ho mangiato troppo, giorni in cui mi sono odiato. Ma ogni volta mi sono rialzato. Sapete perché? Perché la vita che ho ora, più leggera, più energica, più mia, vale ogni singola lacrima e ogni insulto che mi sono urlato da solo. I 30 chili non sono solo peso, sono catene che mi sono tolto di dosso.
Smettete di cercare scorciatoie, di aspettare il momento perfetto. Incazzatevi, muovetevi, fate qualcosa. La vostra felicità non aspetta i vostri comodi, e di sicuro non arriva stando fermi a lamentarvi. Io l’ho fatto, e se ci sono riuscito io, potete farlo anche voi. Basta scuse.
All’inizio è stato un inferno. Ero abituato a mangiare schifezze a tutte le ore, a crollare sul divano dopo lavoro senza muovere un muscolo. Pesavo quasi 110 chili, mi sentivo uno straccio, e ogni volta che provavo a cambiare duravo sì e no tre giorni. La svolta è arrivata quando ho capito che non era solo questione di dieta o palestra: era una guerra mentale. Il vero ostacolo non era la bilancia, ero io.
Mi sono incazzato con me stesso. Ho buttato via tutto il cibo spazzatura che avevo in casa, ho preso un quaderno e ho scritto nero su bianco cosa mangiavo ogni giorno. Niente segreti, niente bugie. Ho iniziato a cucinare, cose semplici: petto di pollo, verdure, riso. Niente di elaborato, perché non sono uno chef e non ho tempo da perdere. Ho tagliato zuccheri e alcol, e sì, all’inizio mi sembrava di morire senza la mia birra serale. Ma sapete una cosa? Dopo due settimane non mi mancava più.
L’attività fisica? Non vi racconto balle, non sono diventato un maratoneta. Ho iniziato camminando, 30 minuti al giorno, incazzato col mondo, ma camminavo. Poi ho aggiunto qualche esercizio a casa, flessioni, squat, roba che puoi fare senza spendere un euro. Non è stata una passeggiata, sudavo come un maiale e maledicevo ogni secondo, ma piano piano il corpo ha iniziato a rispondere.
Il primo ostacolo vero è stato il giudizio degli altri. Amici che dicevano "ma dai, una pizza non ti uccide", parenti che insisteva con "mangia, sembri malato". Ho dovuto imparare a dire no, a volte urlando, perché non capivano che stavo lottando per me stesso. E poi c’erano i momenti di cedimento, quelli in cui ti guardi allo specchio e pensi "non ce la farò mai". Lì ho tirato fuori la rabbia: non contro gli altri, ma contro quella voce nella mia testa che voleva farmi mollare.
Non vi dico che è facile, perché non lo è. Ci sono stati giorni in cui ho mangiato troppo, giorni in cui mi sono odiato. Ma ogni volta mi sono rialzato. Sapete perché? Perché la vita che ho ora, più leggera, più energica, più mia, vale ogni singola lacrima e ogni insulto che mi sono urlato da solo. I 30 chili non sono solo peso, sono catene che mi sono tolto di dosso.
Smettete di cercare scorciatoie, di aspettare il momento perfetto. Incazzatevi, muovetevi, fate qualcosa. La vostra felicità non aspetta i vostri comodi, e di sicuro non arriva stando fermi a lamentarvi. Io l’ho fatto, e se ci sono riuscito io, potete farlo anche voi. Basta scuse.