Camminare come un matto: i miei percorsi assurdi per sciogliere i chili!

stephenisacc

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6 Marzo 2025
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Ehi, pazzi della forza, preparatevi a un racconto che vi farà venire voglia di mollare i pesi e infilare le scarpe da ginnastica! Oggi vi porto con me in una delle mie camminate assurde, quelle che faccio per sciogliere i chili e tenere il cervello sveglio. Altro che squat, qui si suda con stile!
Allora, ieri sono partito da casa con un piano folle: raggiungere il vecchio mulino abbandonato vicino al fiume, quello che sembra uscito da un film horror. Sono 12 chilometri andata e ritorno, roba da matti, no? Ho preso il sentiero dietro il paese, quello pieno di sassi e rovi che ti graffiano le caviglie come un gatto arrabbiato. Ma sapete che vi dico? Ogni passo è una vittoria contro la pancetta!
Per rendere la cosa epica, ho messo in cuffia una playlist che sembra un misto tra Rocky e un rave party. Camminavo a ritmo, saltellando come un idiota tra le pozzanghere – sì, ha piovuto e io sembravo un pazzo bagnato, ma chi se ne frega! A un certo punto ho incrociato una salita che chiamerò “l’assassina di polpacci”. Giuro, sembrava di scalare l’Everest con le infradito. Però, arrivati in cima, vista pazzesca: colline verdi, il fiume che luccica e io che mi sento un guerriero.
Il trucco per non annoiarsi? Inventarsi missioni. Tipo: “Devo trovare tre pietre a forma di cuore prima di tornare” (ne ho trovate due, ci riprovo domani). Oppure conto i corvi che vedo – ieri erano 15, forse mi stanno seguendo, chissà! E poi, camminando, penso a tutto: a come i jeans ormai mi ballano in vita, a cosa mangerò stasera (insalata, ma con un po’ di grana, che sono umano!).
Tornato a casa, ero distrutto ma felice. Le gambe urlavano, il contapassi segnava 18.000 passi e io mi sono detto: “Altro che palestra, questa è la mia rivoluzione!”. Se vi va, unitevi al club dei camminatori folli: i pesi li solleviamo con la mente, i chili li sciogliamo coi piedi! Qualcuno ha un percorso assurdo da consigliarmi? Forza, stupitemi!
 
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Ehi, tu, pazzo delle camminate, mi hai fatto quasi venir voglia di mollare i miei adorati corsi di gruppo per seguire i tuoi percorsi da folle! Ma sai che ti dico? Io resto fedele al ritmo della zumba e ai jab del boxe, perché il sudore con gli altri mi dà una carica che tu, solitario tra i rovi, forse non capisci. Però ammetto che il tuo racconto mi ha preso: il mulino abbandonato, la salita assassina, le pietre a forma di cuore... sembri un guerriero uscito da un film, altro che un tizio che conta corvi!

Io, invece, oggi ho combattuto la pancetta a suon di playlist scatenate in palestra. Eravamo in venti a saltare come matti, sudati fradici, con l’istruttore che urlava “ancora un plank, forza!”. Non c’è niente come il momento in cui ti guardi intorno, vedi tutti che spingono e ti senti parte di una squadra. Altro che missioni solitarie: qui la sfida è non crollare mentre gli altri ti fissano e ti incitano. E quando finisci, esausto ma con quel sorriso da “ce l’ho fatta”, capisci perché non mollo mai i gruppi.

Detto questo, i tuoi 18.000 passi mi hanno fatto pensare. Magari un giorno provo a unire le due cose: porto la mia truppa di pilates a fare un’uscita assurda come la tua, tipo scalare una collina o raggiungere un rudere dimenticato. Però ti avverto: se ci graffiamo le caviglie tra i rovi, la colpa è tua! Consigli per scegliere un corso? Cerca qualcosa che ti faccia muovere a ritmo, con gente che non molla e un istruttore che ti spinge a dare tutto. Io ho trovato il mio fuoco nella zumba: ti muovi, balli, ti senti vivo e la pancetta sparisce senza che te ne accorgi.

Dimmi, tu che sembri un lupo solitario, non ti manca mai quel “dai, insieme!” che ti tira su quando stai per cedere? O sei troppo preso a contare corvi e saltare pozzanghere? Fammi sapere, e magari buttami un altro dei tuoi percorsi folli: chissà, potrei convincere la mia squadra a provarlo!
 
Ehi, pazzi della forza, preparatevi a un racconto che vi farà venire voglia di mollare i pesi e infilare le scarpe da ginnastica! Oggi vi porto con me in una delle mie camminate assurde, quelle che faccio per sciogliere i chili e tenere il cervello sveglio. Altro che squat, qui si suda con stile!
Allora, ieri sono partito da casa con un piano folle: raggiungere il vecchio mulino abbandonato vicino al fiume, quello che sembra uscito da un film horror. Sono 12 chilometri andata e ritorno, roba da matti, no? Ho preso il sentiero dietro il paese, quello pieno di sassi e rovi che ti graffiano le caviglie come un gatto arrabbiato. Ma sapete che vi dico? Ogni passo è una vittoria contro la pancetta!
Per rendere la cosa epica, ho messo in cuffia una playlist che sembra un misto tra Rocky e un rave party. Camminavo a ritmo, saltellando come un idiota tra le pozzanghere – sì, ha piovuto e io sembravo un pazzo bagnato, ma chi se ne frega! A un certo punto ho incrociato una salita che chiamerò “l’assassina di polpacci”. Giuro, sembrava di scalare l’Everest con le infradito. Però, arrivati in cima, vista pazzesca: colline verdi, il fiume che luccica e io che mi sento un guerriero.
Il trucco per non annoiarsi? Inventarsi missioni. Tipo: “Devo trovare tre pietre a forma di cuore prima di tornare” (ne ho trovate due, ci riprovo domani). Oppure conto i corvi che vedo – ieri erano 15, forse mi stanno seguendo, chissà! E poi, camminando, penso a tutto: a come i jeans ormai mi ballano in vita, a cosa mangerò stasera (insalata, ma con un po’ di grana, che sono umano!).
Tornato a casa, ero distrutto ma felice. Le gambe urlavano, il contapassi segnava 18.000 passi e io mi sono detto: “Altro che palestra, questa è la mia rivoluzione!”. Se vi va, unitevi al club dei camminatori folli: i pesi li solleviamo con la mente, i chili li sciogliamo coi piedi! Qualcuno ha un percorso assurdo da consigliarmi? Forza, stupitemi!
Ciao, guerriero dei sentieri! La tua camminata epica mi ha fatto quasi venir voglia di mollare la tabella di Montignac per un giorno e unirmi al tuo club di matti. Però, parli di sciogliere chili e io ti dico: provali a sciogliere con i carboidrati giusti! Altro che insalata con grana, ieri sera mi sono fatto un piatto di lenticchie – indice glicemico basso, energia lenta, zero rimpianti. Camminare è una bomba, ma se ci abbini il metodo Montignac ti senti un vero stratega della bilancia. Hai mai provato a fare i tuoi 12 km con un po’ di farro in pancia invece del rave party nelle orecchie? Funziona, fidati. Comunque, per un percorso assurdo ti consiglio la salita verso il santuario vecchio, quella con le scale mezzo rotte: polpacci d’acciaio e vista da urlo!
 
Ehi, pazzi della forza, preparatevi a un racconto che vi farà venire voglia di mollare i pesi e infilare le scarpe da ginnastica! Oggi vi porto con me in una delle mie camminate assurde, quelle che faccio per sciogliere i chili e tenere il cervello sveglio. Altro che squat, qui si suda con stile!
Allora, ieri sono partito da casa con un piano folle: raggiungere il vecchio mulino abbandonato vicino al fiume, quello che sembra uscito da un film horror. Sono 12 chilometri andata e ritorno, roba da matti, no? Ho preso il sentiero dietro il paese, quello pieno di sassi e rovi che ti graffiano le caviglie come un gatto arrabbiato. Ma sapete che vi dico? Ogni passo è una vittoria contro la pancetta!
Per rendere la cosa epica, ho messo in cuffia una playlist che sembra un misto tra Rocky e un rave party. Camminavo a ritmo, saltellando come un idiota tra le pozzanghere – sì, ha piovuto e io sembravo un pazzo bagnato, ma chi se ne frega! A un certo punto ho incrociato una salita che chiamerò “l’assassina di polpacci”. Giuro, sembrava di scalare l’Everest con le infradito. Però, arrivati in cima, vista pazzesca: colline verdi, il fiume che luccica e io che mi sento un guerriero.
Il trucco per non annoiarsi? Inventarsi missioni. Tipo: “Devo trovare tre pietre a forma di cuore prima di tornare” (ne ho trovate due, ci riprovo domani). Oppure conto i corvi che vedo – ieri erano 15, forse mi stanno seguendo, chissà! E poi, camminando, penso a tutto: a come i jeans ormai mi ballano in vita, a cosa mangerò stasera (insalata, ma con un po’ di grana, che sono umano!).
Tornato a casa, ero distrutto ma felice. Le gambe urlavano, il contapassi segnava 18.000 passi e io mi sono detto: “Altro che palestra, questa è la mia rivoluzione!”. Se vi va, unitevi al club dei camminatori folli: i pesi li solleviamo con la mente, i chili li sciogliamo coi piedi! Qualcuno ha un percorso assurdo da consigliarmi? Forza, stupitemi!
Ehi, guerriero delle camminate, attento che dopo questo racconto potresti pentirti di aver sfidato il mondo dello yoga! Io sono uno di quelli che mischia asana a cardio selvaggio, e ti dico subito: i tuoi 12 chilometri me li mangio a colazione con un bel saluto al sole. Quel sentiero pieno di rovi? Una passeggiata rispetto alla mia combo preferita: plank, affondi e una corsa su per la collina dietro casa che ti spacca i polmoni.

Ieri, mentre tu saltellavi tra le pozzanghere, io ho preso la mia stuoia e ho fatto una sequenza da paura: guerriero due, cane a testa in giù e poi via, a correre come un matto fino al vecchio ponte. Altro che “assassina di polpacci”, la mia salita è una belva che ti divora le cosce e ti sputa in cima con la lingua di fuori. Ma la vista? Un premio che ti fa dimenticare ogni goccia di sudore. E la playlist? Un’esplosione di battiti che ti spinge a non mollare, altro che rave party.

Il tuo trucco delle missioni non è male, ma io gioco pesante: durante la camminata mi fermo e infilo dieci piegamenti ogni chilometro, così i chili tremano e la mente si piega. Tornato a casa, altro che insalata con grana – io mi sparo un frullato verde che sembra fango ma brucia grasso come un lanciafiamme. Il contapassi? Una barzelletta, perché il vero conto lo fanno le gambe che implorano pietà.

Se vuoi un percorso assurdo, prova questo: parti dal bosco vicino alla chiesetta, sali fino alla cresta dove il vento ti schiaffeggia la faccia, poi scendi a zig-zag tra i sassi. È una guerra, ma quando finisci ti senti un titano. Unisciti al mio club, altro che pesi o camminate da pazzi: qui si suda, si respira e si vince, tutto insieme. Pronto a mollare il mulino per qualcosa di più cattivo?
 
Caro stephenisacc, le tue parole sono un fuoco che accende l’anima! Leggendo del tuo sentiero selvaggio e di quelle missioni che trasformano ogni passo in un atto di conquista, mi sono sentito chiamato a condividere il mio viaggio, un cammino che per me è anche un dialogo con qualcosa di più grande.

Io sono quello che armeggia con gadget a ogni passo: il mio fittness tracker è come un confessore che registra ogni battito del cuore, e le mie bilance smart mi parlano ogni mattina, quasi come un promemoria che il corpo è un dono da custodire. Ma non è solo questione di numeri. Per me, camminare è una preghiera in movimento, un modo per ringraziare e riflettere mentre il mondo intorno respira con me. La tua storia del mulino abbandonato mi ha fatto pensare ai miei percorsi, che scelgo non solo per bruciare calorie, ma per sentirmi parte di una comunità, anche quando sono solo con i miei pensieri.

L’altro giorno, per esempio, ho preso il sentiero che porta al santuario in collina. Non è lontano, saranno 10 chilometri tra andata e ritorno, ma è un viaggio che mi rigenera. Parto con il mio contapassi che ticchetta e un’app che mi traccia il percorso, ma il vero motore è quello che sento dentro. Il sentiero è ripido, con pietre che sembrano messe lì per testare la tua fede, e il vento che ti spinge indietro come a dire “sei sicuro?”. Ma io vado avanti, con una playlist di canti che mi sollevano: niente rave, solo melodie che parlano di speranza e rinascita. Ogni passo è un’offerta, un modo per lasciare indietro i pesi del cuore, non solo quelli del corpo.

Arrivato in cima, c’è una chiesetta semplice, con un panorama che ti fa dimenticare ogni fatica. Lì mi fermo, non solo per riprendere fiato, ma per pensare a chi non ha la forza di camminare, a chi lotta in silenzio. La mia app mi dice che ho fatto 12.000 passi, ma il vero conteggio è nel senso di pace che porto a casa. E sai una cosa? Questi gadget mi aiutano a non perdere il ritmo: il tracker mi avvisa se rallento troppo, l’app mi mostra i progressi settimanali, e ogni notifica è come un piccolo “bravo, continua”. Non sono solo tecnologia, sono strumenti che mi ricordano di essere costante, come una comunità che ti sostiene anche a distanza.

Il tuo gioco delle missioni mi piace, ma io ne ho una mia: lungo il cammino, cerco un momento per fermarmi e scrivere un pensiero su un taccuino che porto sempre con me. Magari è una frase su cosa significa essere grati, o un’intenzione per qualcuno che ne ha bisogno. È il mio modo di rendere il percorso più di una sfida fisica: ogni chilometro diventa un passo verso gli altri, un modo per sentirmi legato a chi incrocio, anche senza parole.

Se cerchi un percorso da provare, ti consiglio questo: parti dal parco vicino al fiume, segui il sentiero che costeggia l’acqua fino alla vecchia cappella dimenticata. Non è solo questione di chilometri – sono una quindicina in tutto – ma di quello che incontri: famiglie che passeggiano, anziani che si fermano a chiacchierare, bambini che corrono. È un cammino che ti ricorda che non sei mai solo, che ogni passo è parte di qualcosa di più grande. E se ti va, porta con te un gadget: magari un’app che ti mostri quante calorie hai bruciato, o un tracker che conti i battiti. Vedrai che ti dà una spinta in più, come un amico che ti dice “forza, ce la fai”.

Grazie per aver condiviso la tua storia, mi ha fatto venir voglia di infilare le scarpe e ripartire. Spero che anche tu trovi nei tuoi cammini non solo un modo per sciogliere i chili, ma per costruire ponti verso chi ti sta intorno, passo dopo passo. Qual è la prossima follia che hai in mente?
 
Caro stephenisacc, le tue parole sono un fuoco che accende l’anima! Leggendo del tuo sentiero selvaggio e di quelle missioni che trasformano ogni passo in un atto di conquista, mi sono sentito chiamato a condividere il mio viaggio, un cammino che per me è anche un dialogo con qualcosa di più grande.

Io sono quello che armeggia con gadget a ogni passo: il mio fittness tracker è come un confessore che registra ogni battito del cuore, e le mie bilance smart mi parlano ogni mattina, quasi come un promemoria che il corpo è un dono da custodire. Ma non è solo questione di numeri. Per me, camminare è una preghiera in movimento, un modo per ringraziare e riflettere mentre il mondo intorno respira con me. La tua storia del mulino abbandonato mi ha fatto pensare ai miei percorsi, che scelgo non solo per bruciare calorie, ma per sentirmi parte di una comunità, anche quando sono solo con i miei pensieri.

L’altro giorno, per esempio, ho preso il sentiero che porta al santuario in collina. Non è lontano, saranno 10 chilometri tra andata e ritorno, ma è un viaggio che mi rigenera. Parto con il mio contapassi che ticchetta e un’app che mi traccia il percorso, ma il vero motore è quello che sento dentro. Il sentiero è ripido, con pietre che sembrano messe lì per testare la tua fede, e il vento che ti spinge indietro come a dire “sei sicuro?”. Ma io vado avanti, con una playlist di canti che mi sollevano: niente rave, solo melodie che parlano di speranza e rinascita. Ogni passo è un’offerta, un modo per lasciare indietro i pesi del cuore, non solo quelli del corpo.

Arrivato in cima, c’è una chiesetta semplice, con un panorama che ti fa dimenticare ogni fatica. Lì mi fermo, non solo per riprendere fiato, ma per pensare a chi non ha la forza di camminare, a chi lotta in silenzio. La mia app mi dice che ho fatto 12.000 passi, ma il vero conteggio è nel senso di pace che porto a casa. E sai una cosa? Questi gadget mi aiutano a non perdere il ritmo: il tracker mi avvisa se rallento troppo, l’app mi mostra i progressi settimanali, e ogni notifica è come un piccolo “bravo, continua”. Non sono solo tecnologia, sono strumenti che mi ricordano di essere costante, come una comunità che ti sostiene anche a distanza.

Il tuo gioco delle missioni mi piace, ma io ne ho una mia: lungo il cammino, cerco un momento per fermarmi e scrivere un pensiero su un taccuino che porto sempre con me. Magari è una frase su cosa significa essere grati, o un’intenzione per qualcuno che ne ha bisogno. È il mio modo di rendere il percorso più di una sfida fisica: ogni chilometro diventa un passo verso gli altri, un modo per sentirmi legato a chi incrocio, anche senza parole.

Se cerchi un percorso da provare, ti consiglio questo: parti dal parco vicino al fiume, segui il sentiero che costeggia l’acqua fino alla vecchia cappella dimenticata. Non è solo questione di chilometri – sono una quindicina in tutto – ma di quello che incontri: famiglie che passeggiano, anziani che si fermano a chiacchierare, bambini che corrono. È un cammino che ti ricorda che non sei mai solo, che ogni passo è parte di qualcosa di più grande. E se ti va, porta con te un gadget: magari un’app che ti mostri quante calorie hai bruciato, o un tracker che conti i battiti. Vedrai che ti dà una spinta in più, come un amico che ti dice “forza, ce la fai”.

Grazie per aver condiviso la tua storia, mi ha fatto venir voglia di infilare le scarpe e ripartire. Spero che anche tu trovi nei tuoi cammini non solo un modo per sciogliere i chili, ma per costruire ponti verso chi ti sta intorno, passo dopo passo. Qual è la prossima follia che hai in mente?
Ehi, che bella la tua storia di cammini che sono molto più di un semplice conteggio di passi! Leggerti mi ha fatto venir voglia di condividere il mio viaggio, che magari non ha santuari in collina o cappelle dimenticate, ma ha un ingrediente speciale: la yoga della risata. Sì, hai letto bene, rido per dimagrire, e non è uno scherzo!

Il mio percorso per sciogliere i chili non è fatto solo di sentieri o gadget che ticchettano al polso, anche se ammetto di avere un contapassi che mi segue ovunque. La mia “arma segreta” è ridere, tanto e di gusto, seguendo sessioni di yoga della risata. L’idea è semplice: lo stress spesso mi portava a mangiare per riempire un vuoto emotivo, e il cibo diventava un rifugio. Con la yoga della risata ho scoperto che ridere, anche senza motivo, scioglie la tensione meglio di qualsiasi snack. È come un allenamento per l’anima: il cuore batte forte, i polmoni si riempiono d’aria, e il corpo si libera di quel peso che non si misura sulla bilancia.

Non fraintendermi, non passo le giornate a sghignazzare da solo come un matto. Partecipo a sessioni di gruppo, dove ci si guarda negli occhi, si fanno esercizi che sembrano giochi da bambini – tipo fingere di essere un leone che ruggisce o ridere come se ti avessero raccontato la barzelletta del secolo – e alla fine ti senti leggero, come dopo una lunga camminata. La scienza lo conferma: ridere abbassa il cortisolo, l’ormone dello stress, e aiuta a controllare l’appetito emotivo. Per me è stato un game-changer. Prima, una giornata storta finiva con un pacchetto di patatine; ora, dopo una sessione di risate, mi sento soddisfatto senza bisogno di cibo.

Sto cercando club o gruppi che praticano yoga della risata nella mia zona, perché farlo in comunità è tutta un’altra cosa. Online ho trovato qualche video, ma niente batte l’energia di un gruppo che ride insieme. Tu che sei così legato alla tua comunità di camminatori, magari hai sentito parlare di qualche incontro del genere? O magari conosci qualcuno che organizza eventi simili? Io vivo vicino a un parco dove spesso si riuniscono gruppi per fare yoga o meditazione, e sto pensando di proporre una sessione di yoga della risata lì. Immagina: un prato, il sole, e un gruppo di persone che ridono senza motivo, bruciando calorie e stress. Non sarebbe una follia bellissima?

Per non essere solo chiacchiere, ti racconto come integro questa pratica con il mio percorso di dimagrimento. Ogni settimana cerco di fare almeno due sessioni di yoga della risata, che durano circa un’ora. Non è come correre o camminare 10 chilometri, ma il corpo lavora eccome: i muscoli addominali si contraggono, il diaframma si allena, e il battito cardiaco sale come durante una camminata veloce. Poi, per bilanciare, cammino almeno 5 chilometri al giorno, spesso con una playlist che mi tiene il ritmo. Non uso app super sofisticate, ma il mio contapassi mi dà una mano a non perdere la costanza. E, visto che parliamo di benessere, sto attento a non trascurare l’energia del corpo: mangio frutta e verdura colorate, che sono come un’iniezione di vitalità, e bevo tanta acqua. Non sono un fanatico di integratori, ma cerco di ascoltare il mio corpo per capire di cosa ha bisogno.

Il tuo racconto del santuario e dei pensieri che scrivi sul taccuino mi ha colpito. Anche per me la yoga della risata è un modo per riflettere, per lasciare andare i pesi del cuore. Durante una sessione, mentre rido, a volte mi vengono in mente cose che mi preoccupano, e alla fine mi sento come se le avessi “risolte” senza nemmeno pensarci troppo. È un po’ come il tuo fermarti a scrivere: un momento per connetterti con te stesso e con gli altri.

Se ti va di provare qualcosa di diverso, ti consiglio di cercare un gruppo di yoga della risata. Non serve essere un esperto, basta lasciarsi andare. E chissà, magari la prossima volta che cammini verso la tua cappella dimenticata, potresti provare a ridere lungo il sentiero, anche solo per vedere che effetto fa. Dimmi, tu che follia stai pianificando per il tuo prossimo percorso? E grazie per avermi ispirato a raccontare la mia!