E se il mio pranzo scappasse dall'ufficio? - Piccoli trucchi per muovermi di più

Stricky

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6 Marzo 2025
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Ehi, anime sedentarie intrappolate dietro una scrivania, vi capita mai di guardare il pranzo e pensare che potrebbe scappare più veloce di voi? Io sì, ogni giorno, mentre sto seduta a battere tasti e a fissare uno schermo che sembra giudicarmi. Sono un’impiegata, una di quelle che vive con il sedere incollato alla sedia e il cervello che urla “muoviti” mentre il corpo risponde “eh, magari domani”. Eppure, sto cercando di fregare il sistema, di infilare un po’ di movimento in questa vita da statua da ufficio, e ho qualche trucco strano da condividere.
Prima cosa: il mio pranzo non scappa, ma io sì. Appena arriva la pausa, mi alzo e faccio finta che il corridoio sia una pista da corsa. Non corro davvero, sia chiaro, non voglio sudare davanti ai colleghi, ma cammino veloce, tipo che sto inseguendo un panino ribelle. Venti minuti avanti e indietro, e già mi sento meno un soprammobile. Se l’ufficio è piccolo, giro intorno alla scrivania come un gatto che studia una preda. I colleghi mi guardano strano, ma pazienza, è il prezzo della libertà.
Poi c’è la sedia, questa nemica subdola. Io la uso per ribellarmi. Ogni tanto, mentre scrivo mail inutili, alzo una gamba, poi l’altra, come se stessi marciando verso la vittoria contro i chili di troppo. Non è elegante, lo so, sembro una che ha dimenticato come si sta seduti, ma funziona. O almeno, mi illudo che funzioni. E quando nessuno guarda, faccio finta di cadere all’indietro, ma in realtà sto solo allungando la schiena. È il mio momento da ninja dell’ufficio.
La scrivania stessa è un campo di battaglia. Invece di stare sempre seduta, a volte mi alzo in piedi e scrivo come se fossi un generale che pianifica una strategia. Sto lì, dritta, e ogni tanto faccio piccoli squat, tipo che sto salutando il pavimento. Non serve palestra, basta la volontà di non diventare un tutt’uno con la sedia. E se devo prendere qualcosa dal cassetto in basso, mi piego come se stessi raccogliendo un tesoro, lentamente, sentendo i muscoli che si lamentano.
Il trucco più assurdo? Parlo con me stessa. Non ad alta voce, non sono ancora a quel livello di follia, ma dentro la mia testa mi dico “dai, un altro passo, un altro movimento”. È come avere un allenatore personale che non mi giudica se mangio un biscotto in più. E a volte, mentre aspetto che la stampante sputi fuori fogli, faccio piccoli saltelli sul posto, come se stessi festeggiando qualcosa che non è ancora successo.
Non è che diventerò una maratoneta così, lo so. Ma tra una mail e un caffè, questi gesti strambi mi fanno sentire meno una prigioniera del mio stesso ufficio. E magari, un giorno, sarà il pranzo a inseguire me. Chi lo sa.
 
Ehi, anime sedentarie intrappolate dietro una scrivania, vi capita mai di guardare il pranzo e pensare che potrebbe scappare più veloce di voi? Io sì, ogni giorno, mentre sto seduta a battere tasti e a fissare uno schermo che sembra giudicarmi. Sono un’impiegata, una di quelle che vive con il sedere incollato alla sedia e il cervello che urla “muoviti” mentre il corpo risponde “eh, magari domani”. Eppure, sto cercando di fregare il sistema, di infilare un po’ di movimento in questa vita da statua da ufficio, e ho qualche trucco strano da condividere.
Prima cosa: il mio pranzo non scappa, ma io sì. Appena arriva la pausa, mi alzo e faccio finta che il corridoio sia una pista da corsa. Non corro davvero, sia chiaro, non voglio sudare davanti ai colleghi, ma cammino veloce, tipo che sto inseguendo un panino ribelle. Venti minuti avanti e indietro, e già mi sento meno un soprammobile. Se l’ufficio è piccolo, giro intorno alla scrivania come un gatto che studia una preda. I colleghi mi guardano strano, ma pazienza, è il prezzo della libertà.
Poi c’è la sedia, questa nemica subdola. Io la uso per ribellarmi. Ogni tanto, mentre scrivo mail inutili, alzo una gamba, poi l’altra, come se stessi marciando verso la vittoria contro i chili di troppo. Non è elegante, lo so, sembro una che ha dimenticato come si sta seduti, ma funziona. O almeno, mi illudo che funzioni. E quando nessuno guarda, faccio finta di cadere all’indietro, ma in realtà sto solo allungando la schiena. È il mio momento da ninja dell’ufficio.
La scrivania stessa è un campo di battaglia. Invece di stare sempre seduta, a volte mi alzo in piedi e scrivo come se fossi un generale che pianifica una strategia. Sto lì, dritta, e ogni tanto faccio piccoli squat, tipo che sto salutando il pavimento. Non serve palestra, basta la volontà di non diventare un tutt’uno con la sedia. E se devo prendere qualcosa dal cassetto in basso, mi piego come se stessi raccogliendo un tesoro, lentamente, sentendo i muscoli che si lamentano.
Il trucco più assurdo? Parlo con me stessa. Non ad alta voce, non sono ancora a quel livello di follia, ma dentro la mia testa mi dico “dai, un altro passo, un altro movimento”. È come avere un allenatore personale che non mi giudica se mangio un biscotto in più. E a volte, mentre aspetto che la stampante sputi fuori fogli, faccio piccoli saltelli sul posto, come se stessi festeggiando qualcosa che non è ancora successo.
Non è che diventerò una maratoneta così, lo so. Ma tra una mail e un caffè, questi gesti strambi mi fanno sentire meno una prigioniera del mio stesso ufficio. E magari, un giorno, sarà il pranzo a inseguire me. Chi lo sa.
No response.
 
Ehi, anime sedentarie intrappolate dietro una scrivania, vi capita mai di guardare il pranzo e pensare che potrebbe scappare più veloce di voi? Io sì, ogni giorno, mentre sto seduta a battere tasti e a fissare uno schermo che sembra giudicarmi. Sono un’impiegata, una di quelle che vive con il sedere incollato alla sedia e il cervello che urla “muoviti” mentre il corpo risponde “eh, magari domani”. Eppure, sto cercando di fregare il sistema, di infilare un po’ di movimento in questa vita da statua da ufficio, e ho qualche trucco strano da condividere.
Prima cosa: il mio pranzo non scappa, ma io sì. Appena arriva la pausa, mi alzo e faccio finta che il corridoio sia una pista da corsa. Non corro davvero, sia chiaro, non voglio sudare davanti ai colleghi, ma cammino veloce, tipo che sto inseguendo un panino ribelle. Venti minuti avanti e indietro, e già mi sento meno un soprammobile. Se l’ufficio è piccolo, giro intorno alla scrivania come un gatto che studia una preda. I colleghi mi guardano strano, ma pazienza, è il prezzo della libertà.
Poi c’è la sedia, questa nemica subdola. Io la uso per ribellarmi. Ogni tanto, mentre scrivo mail inutili, alzo una gamba, poi l’altra, come se stessi marciando verso la vittoria contro i chili di troppo. Non è elegante, lo so, sembro una che ha dimenticato come si sta seduti, ma funziona. O almeno, mi illudo che funzioni. E quando nessuno guarda, faccio finta di cadere all’indietro, ma in realtà sto solo allungando la schiena. È il mio momento da ninja dell’ufficio.
La scrivania stessa è un campo di battaglia. Invece di stare sempre seduta, a volte mi alzo in piedi e scrivo come se fossi un generale che pianifica una strategia. Sto lì, dritta, e ogni tanto faccio piccoli squat, tipo che sto salutando il pavimento. Non serve palestra, basta la volontà di non diventare un tutt’uno con la sedia. E se devo prendere qualcosa dal cassetto in basso, mi piego come se stessi raccogliendo un tesoro, lentamente, sentendo i muscoli che si lamentano.
Il trucco più assurdo? Parlo con me stessa. Non ad alta voce, non sono ancora a quel livello di follia, ma dentro la mia testa mi dico “dai, un altro passo, un altro movimento”. È come avere un allenatore personale che non mi giudica se mangio un biscotto in più. E a volte, mentre aspetto che la stampante sputi fuori fogli, faccio piccoli saltelli sul posto, come se stessi festeggiando qualcosa che non è ancora successo.
Non è che diventerò una maratoneta così, lo so. Ma tra una mail e un caffè, questi gesti strambi mi fanno sentire meno una prigioniera del mio stesso ufficio. E magari, un giorno, sarà il pranzo a inseguire me. Chi lo sa.
No response.
 
Ehi, anime sedentarie intrappolate dietro una scrivania, vi capita mai di guardare il pranzo e pensare che potrebbe scappare più veloce di voi? Io sì, ogni giorno, mentre sto seduta a battere tasti e a fissare uno schermo che sembra giudicarmi. Sono un’impiegata, una di quelle che vive con il sedere incollato alla sedia e il cervello che urla “muoviti” mentre il corpo risponde “eh, magari domani”. Eppure, sto cercando di fregare il sistema, di infilare un po’ di movimento in questa vita da statua da ufficio, e ho qualche trucco strano da condividere.
Prima cosa: il mio pranzo non scappa, ma io sì. Appena arriva la pausa, mi alzo e faccio finta che il corridoio sia una pista da corsa. Non corro davvero, sia chiaro, non voglio sudare davanti ai colleghi, ma cammino veloce, tipo che sto inseguendo un panino ribelle. Venti minuti avanti e indietro, e già mi sento meno un soprammobile. Se l’ufficio è piccolo, giro intorno alla scrivania come un gatto che studia una preda. I colleghi mi guardano strano, ma pazienza, è il prezzo della libertà.
Poi c’è la sedia, questa nemica subdola. Io la uso per ribellarmi. Ogni tanto, mentre scrivo mail inutili, alzo una gamba, poi l’altra, come se stessi marciando verso la vittoria contro i chili di troppo. Non è elegante, lo so, sembro una che ha dimenticato come si sta seduti, ma funziona. O almeno, mi illudo che funzioni. E quando nessuno guarda, faccio finta di cadere all’indietro, ma in realtà sto solo allungando la schiena. È il mio momento da ninja dell’ufficio.
La scrivania stessa è un campo di battaglia. Invece di stare sempre seduta, a volte mi alzo in piedi e scrivo come se fossi un generale che pianifica una strategia. Sto lì, dritta, e ogni tanto faccio piccoli squat, tipo che sto salutando il pavimento. Non serve palestra, basta la volontà di non diventare un tutt’uno con la sedia. E se devo prendere qualcosa dal cassetto in basso, mi piego come se stessi raccogliendo un tesoro, lentamente, sentendo i muscoli che si lamentano.
Il trucco più assurdo? Parlo con me stessa. Non ad alta voce, non sono ancora a quel livello di follia, ma dentro la mia testa mi dico “dai, un altro passo, un altro movimento”. È come avere un allenatore personale che non mi giudica se mangio un biscotto in più. E a volte, mentre aspetto che la stampante sputi fuori fogli, faccio piccoli saltelli sul posto, come se stessi festeggiando qualcosa che non è ancora successo.
Non è che diventerò una maratoneta così, lo so. Ma tra una mail e un caffè, questi gesti strambi mi fanno sentire meno una prigioniera del mio stesso ufficio. E magari, un giorno, sarà il pranzo a inseguire me. Chi lo sa.
Ciao, spiriti da scrivania! Leggendo il tuo post mi sono rivista in quelle giornate infinite, incastrata tra sedia e schermo, con il corpo che sembra implorare un po’ di vita. La tua energia mi ha ispirato, e voglio condividere come la yoga e la meditazione mi hanno aiutato a trasformare l’ufficio in un piccolo tempio di movimento e benessere, senza bisogno di scappare dal pranzo o inseguire panini ribelli.

Parto da un principio che ho imparato con la yoga: ogni momento è un’occasione per connettersi con il proprio corpo. Non serve un tappetino o un’ora libera, basta la voglia di ascoltarsi. Quando sento che la sedia sta vincendo, mi alzo e faccio una sequenza semplicissima, direttamente accanto alla scrivania. Prova la posizione della montagna: piedi ben piantati, schiena dritta, braccia rilassate. Respiro profondamente per un minuto, immaginando di radicare il mio corpo come un albero. Non è solo un modo per sgranchirsi, ma un reset mentale che mi fa sentire più leggera, come se stessi lasciando andare il peso della giornata. I colleghi magari alzano un sopracciglio, ma dopo un po’ ci si abitua a tutto.

Un altro trucco che adoro è usare le pause per micro-movimenti ispirati alla yoga. Invece di camminare e basta, integro piccoli allungamenti. Per esempio, mentre passeggio nel corridoio, alzo un braccio verso il cielo e mi piego leggermente di lato, come nella posizione della mezzaluna. È discreto, non sembro una pazza, ma allunga la colonna e scioglie le tensioni di ore seduta. Se sono in ufficio da sola, aggiungo una torsione: piedi fermi, ruoto il busto a destra e sinistra, respirando con calma. Questi gesti non solo muovono il corpo, ma riattivano la circolazione e mi fanno sentire come se stessi dando ossigeno a ogni cellula.

La meditazione, poi, è la mia arma segreta per non cedere alla pigrizia. Non parlo di sedermi a gambe incrociate per ore, ma di micro-meditazioni da un minuto. Quando il cervello urla “muoviti” ma il corpo risponde “domani”, chiudo gli occhi, appoggio le mani sulla scrivania e mi concentro sul respiro. Inspiro contando fino a quattro, espiro contando fino a sei. Questo semplice esercizio calma la mente e mi dà la spinta per alzarmi e fare qualcosa, che sia uno squat o una camminata veloce. È come premere un pulsante di riavvio: il corpo segue la mente, e la mente segue il respiro.

Un consiglio pratico per la scrivania: usa gli oggetti come alleati. Io tengo una bottiglietta d’acqua un po’ più lontana, così devo alzarmi per prenderla. Ogni volta che lo faccio, aggiungo un piccolo movimento, come alzarmi sulle punte dei piedi per allungare i polpacci. Oppure, quando devo leggere un documento, lo faccio in piedi, oscillando leggermente da un piede all’altro per attivare i muscoli delle gambe. Sono dettagli, ma alla fine della giornata fanno la differenza: il corpo si sente più vivo, e la bilancia ringrazia.

La cosa bella di questo approccio è che non serve essere un atleta o avere chissà quanto tempo. La yoga e la meditazione mi hanno insegnato a trovare l’equilibrio anche nel caos dell’ufficio. Ogni piccolo movimento, ogni respiro consapevole, è un passo verso un corpo più forte e una mente più serena. Non sto inseguendo un pranzo scappato, ma sto costruendo una versione di me che si muove con più leggerezza, dentro e fuori. Provate a inserire un pizzico di yoga nella vostra giornata: magari non diventerete maratoneti, ma vi sentirete più in armonia con voi stessi. E, fidatevi, è una sensazione che vale più di qualsiasi biscotto extra.