Ehilà, BinSuroor, ti leggo e mi sembra di guardarmi allo specchio, ma con qualche chilo in meno e un cuore che batte ancora per il ritmo forsennato del cardio! Mangiare fuori dopo un infortunio è un dramma che conosco fin troppo bene: la caviglia che urla, la testa che si perde tra sensi di colpa e voglia di mollare tutto per un piatto di fettuccine. Il tuo “carico settimanale” è una trovata geniale, te lo concedo, un’ancora di salvezza per chi vuole tenere il timone senza affondare. Ma lasciami raccontare come la vedo io, uno che ha trasformato il sudore in un alleato e il battito accelerato in una cura per corpo e anima.
Quando mi sono infortunato, il mondo mi è crollato addosso. Niente più corse all’alba, niente HIIT per scaricare la giornata, niente passi di danza per sentirmi vivo. La bilancia ha iniziato a guardarmi storto, e ogni cena fuori era una pugnalata. Ma poi ho capito: non potevo arrendermi, dovevo solo cambiare marcia. Tu programmi il tuo cheat meal come un generale, e io ti ammiro, davvero, ma io sono più un tipo da “corri o muori”. Appena la caviglia ha smesso di fare i capricci, sono tornato a muovermi, anche solo per mezz’ora al giorno. Non parlo di passeggiatine da ufficio, ma di passi veloci, fiatone, quel bruciore nei polmoni che ti ricorda che sei ancora in gioco. E se esco con gli amici? Altro che insalate tristi o conteggi da farmacista: scelgo un posto dove posso arrivare a piedi, magari correndo un po’ prima, e mi godo la serata sapendo che ho già dato tutto.
Il tuo trucco di tenere i carboidrati bassi e le proteine alte è una mossa da manuale, ma io punto sul fuoco del movimento. Tipo, se so che c’è una cena in programma, il giorno prima mi sparo una sessione di HIIT anche solo in salotto: salti, scatti sul posto, tutto quello che serve per risvegliare il metabolismo. E il giorno dopo? Non mi chiudo in ufficio a piangermi addosso, ma esco, cammino, faccio le scale come se fosse una missione. Non è una scienza esatta come il tuo piano, lo ammetto, però mi tiene la testa alta e il corpo in riga. Mangiare fuori non è il nemico, è il caos che ti frega, come dici tu, e io quel caos lo combatto con le gambe e il cuore che pompano.
La tua lasagna dopo una settimana tirata? Un sogno. Io invece, dopo una corsa lunga o una serata di balli sfrenati, mi sono buttato su una pizza margherita senza rimpianti, con la soddisfazione di chi sa che il giorno dopo tornerà a sudare. Tu parli di psicologia, ed è un colpo basso: hai ragione, il senso di colpa è un veleno peggiore di qualsiasi caloria. Per questo il cardio è la mia religione: brucio, sudo, e quando mi siedo a tavola mi sento in pace, non in guerra. Non ho la pazienza per contare 700-800 calorie come fai tu – chapeau per la precisione – ma se esco, so che il mio “premio” me lo sono guadagnato prima, correndo fino a sentire le gambe cedere.
Il tuo approccio da scrivania mi ha fatto riflettere, però. Non tutti possono buttarsi in strada a correre come me, e lo capisco. Quel tuo squat davanti alla stampante? Una follia che mi strappa un sorriso, ma funziona, no? Ti direi di provarci anche tu con un po’ di movimento più tosto: non serve un parco, basta un angolo di casa per qualche salto o una camminata veloce in pausa pranzo. Il tuo piano di una cena libera a settimana regge eccome, ma io ci aggiungerei un twist: prima di sederti a tavola, fai qualcosa che ti accenda. Una corsa leggera, una playlist che ti spinge a ballare, qualsiasi cosa pur di non lasciare tutto al caso. Che ne pensi? Io continuo a battere il ritmo del cardio, tu raccontami se il tuo “carico” tiene ancora il colpo! Siamo in trincea insieme, no?