Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno al piatto che ci guida! Oggi mi sono fermata a riflettere davanti alla mia insalatiera, mentre dividevo gli spazi: metà per le verdure croccanti, un quarto per il pollo che profumava di rosmarino, e l’altro quarto per quel riso integrale che sembra quasi sussurrarmi “equilibrio”. Non è solo un metodo, sapete? È un dialogo con noi stessi, un lento imparare ad ascoltare cosa ci serve davvero.
All’inizio pensavo fosse solo una questione di numeri: calorie, grammi, porzioni. Ma più vado avanti, più mi rendo conto che è una specie di danza. Riempio la mia metà di zucchine grigliate e pomodorini, e mi sembra di dipingere un quadro, non solo di nutrire il corpo. Il bianco del pollo diventa una promessa di forza, il marrone del riso un ancoraggio alla terra. E sì, lo confesso, ogni tanto sogno una porzione doppia di carboidrati, ma poi mi fermo e penso: “Sto costruendo armonia, non solo un pasto”.
Le foto che scatto non sono perfette – a volte la luce è sbagliata, a volte il piatto è un po’ caotico – ma sono mie, e raccontano un cammino. Oggi ho postato una ciotola con cavolo rosso, tacchino e un po’ di quinoa: niente di spettacolare, eppure mi ha fatto sorridere. Perché? Perché sto imparando a volermi bene un passo alla volta, una forchettata alla volta. Non è solo il corpo che si trasforma – anche se, diciamolo, sento i jeans un po’ più comodi
– è il modo in cui vedo me stessa.
Qualcuno di voi si è mai chiesto: “Ma questa ‘metà ta-rel-ka’ è davvero per me?” Io sì, mille volte. Eppure, continuo. È come scolpire una statua: non vedi il risultato subito, ma ogni colpo di scalpello conta. E mentre le verdure occupano il loro spazio, sento che sto dando spazio anche a una versione più leggera di me, dentro e fuori.
Fatemi sapere cosa ne pensate, magari con una foto del vostro piatto filosofico!


All’inizio pensavo fosse solo una questione di numeri: calorie, grammi, porzioni. Ma più vado avanti, più mi rendo conto che è una specie di danza. Riempio la mia metà di zucchine grigliate e pomodorini, e mi sembra di dipingere un quadro, non solo di nutrire il corpo. Il bianco del pollo diventa una promessa di forza, il marrone del riso un ancoraggio alla terra. E sì, lo confesso, ogni tanto sogno una porzione doppia di carboidrati, ma poi mi fermo e penso: “Sto costruendo armonia, non solo un pasto”.
Le foto che scatto non sono perfette – a volte la luce è sbagliata, a volte il piatto è un po’ caotico – ma sono mie, e raccontano un cammino. Oggi ho postato una ciotola con cavolo rosso, tacchino e un po’ di quinoa: niente di spettacolare, eppure mi ha fatto sorridere. Perché? Perché sto imparando a volermi bene un passo alla volta, una forchettata alla volta. Non è solo il corpo che si trasforma – anche se, diciamolo, sento i jeans un po’ più comodi

Qualcuno di voi si è mai chiesto: “Ma questa ‘metà ta-rel-ka’ è davvero per me?” Io sì, mille volte. Eppure, continuo. È come scolpire una statua: non vedi il risultato subito, ma ogni colpo di scalpello conta. E mentre le verdure occupano il loro spazio, sento che sto dando spazio anche a una versione più leggera di me, dentro e fuori.
Fatemi sapere cosa ne pensate, magari con una foto del vostro piatto filosofico!


