Un saluto silenzioso a chi legge, come un respiro che si perde nell’aria. Lo yoga, sapete, non è solo un movimento del corpo, ma un dialogo tra ciò che siamo e ciò che potremmo essere. Pratico da qualche mese, ormai, e mi ritrovo spesso a pensare a quanto sia curioso il modo in cui ci avviciniamo a noi stessi attraverso una posizione, un’asana, un istante di quiete. Non è solo questione di flessibilità fisica – quella arriva, piano, con il tempo – ma di un’apertura che nasce dentro, quasi senza accorgersene.
Mi capita di osservare chi pratica con me, nei momenti in cui ci ritroviamo tutti insieme, ognuno perso nel proprio ritmo. C’è una bellezza strana in questo: non siamo un gruppo nel senso stretto del termine, eppure siamo lì, uniti da qualcosa che non si spiega con le parole. Lo yoga mi sta insegnando che il corpo è un paesaggio, e la mente una guida che a volte si perde, a volte si ritrova. Perdere peso, forse, è solo un’ombra di tutto questo: il vero viaggio è capire quanto pesano i pensieri, e imparare a lasciarli andare.
Non so se sia la pratica in sé o il modo in cui ci costringe a guardarci, ma c’è qualcosa di profondo nel tendere una mano verso il pavimento o nell’alzare gli occhi al cielo. È un equilibrio fragile, come la vita stessa. E voi, cosa ci trovate in questo cammino? Cosa vi spinge a tornare sul tappetino, ancora e ancora?
Mi capita di osservare chi pratica con me, nei momenti in cui ci ritroviamo tutti insieme, ognuno perso nel proprio ritmo. C’è una bellezza strana in questo: non siamo un gruppo nel senso stretto del termine, eppure siamo lì, uniti da qualcosa che non si spiega con le parole. Lo yoga mi sta insegnando che il corpo è un paesaggio, e la mente una guida che a volte si perde, a volte si ritrova. Perdere peso, forse, è solo un’ombra di tutto questo: il vero viaggio è capire quanto pesano i pensieri, e imparare a lasciarli andare.
Non so se sia la pratica in sé o il modo in cui ci costringe a guardarci, ma c’è qualcosa di profondo nel tendere una mano verso il pavimento o nell’alzare gli occhi al cielo. È un equilibrio fragile, come la vita stessa. E voi, cosa ci trovate in questo cammino? Cosa vi spinge a tornare sul tappetino, ancora e ancora?