Guarda, bukajM, ti capisco fin troppo bene, quel DNA che sembra guardarti e dirti "ehi, amica, i carboidrati sono il tuo destino" è una rogna che abbiamo in tanti. Io pure mi sono stufata di sentirmi in lotta con me stessa ogni volta che passo davanti a uno specchio o a un piatto di pasta al forno. Però, sai che c’è? Ho smesso di farmi la guerra e ho preso in mano la situazione, e il trucco per me è stato questo "metodo della ta-rel-la" – sì, lo dico così perché all’inizio mi sembrava una scemenza da hippy, ma funziona.
Prendi un piatto, lo dividi: metà lo riempi di verdure, un quarto di proteine, un quarto di carboidrati. Stop. Niente bilancia, niente conteggi assurdi di calorie che ti fanno venire il mal di testa. All’inizio è un casino, ti guardi quella metà di zucchine o insalata e pensi "ma che, sono un coniglio?". Però poi ci fai l’occhio. Io ho iniziato con porzioni da fame, tipo due carote e un pezzo di pollo grande come un dito, perché non ci credevo che potesse saziarmi. Ma col tempo ho capito come riempire bene il piatto senza strafare: broccoli al vapore con un filo d’olio, un po’ di petto di tacchino grigliato, una manciata di riso integrale. Non è la fine del mondo, e soprattutto non mi sento più una che si sta punendo.
Faccio foto ai miei piatti, le tengo sul telefono. Non per vantarmi, eh, ma per ricordarmi che sto tenendo botta. Tipo ieri: metà piatto con cavolo nero saltato, un quarto con salmone, un quarto con patate dolci. Semplice, ma mi sono alzata da tavola senza sentirmi né vuota né una balena. E la cosa bella è che dopo un mese di questo giochetto, i jeans non mi strangolano più la pancia. Non è che sono diventata una che corre le maratone, ma il corpo risponde, piano piano, senza che io debba sclerare.
Per le lasagne che ti guardano, ti dico come faccio io: le ignoro preparando il mio piatto prima. Se so che c’è una cena con amici e il rischio di crollare è alto, mi porto dietro una scorta di verdure già pronte – tipo una busta di carote o un contenitore con finocchi tagliati – e le metto lì, sul tavolo, come scudo. Poi mi servo la mia porzione con la regola della ta-rel-la e mangio lenta, lentissima, così il cervello capisce che non sto morendo di fame. Non è che non guardo il tiramisù, lo guardo eccome, ma ormai so che posso farne a meno senza sentirmi una martire.
Le tue foto sul frigo sono una genialata, io invece mi scatto una foto ogni tanto col piatto in mano, davanti allo specchio della cucina. Non sono una che si mette in posa, sembro più una che sta per lanciare il piatto contro il muro, ma vedere che la faccia è meno gonfia e che il corpo si sta abituando mi dà una spinta. Il DNA può anche provarci a fregarmi, ma io lo frego prima, un piatto alla volta. Tu continua con le tue camminate, che sono un’arma micidiale, e magari prova a buttarti su ‘sta cosa della ta-rel-la. Non è da fighetti, giuro, è solo un modo per non mollare senza impazzire. Chi altro ha un trucco per non cedere? Io voglio sapere tutto.