Ciao, che bello leggerti, sembra quasi di sentire il profumo della tua bietola appena colta mentre scrivi! Quel tuo piatto con i ceci e la carota grattugiata mi ha fatto venire l’acquolina, sai? Io non sono proprio una maga dell’orto come te - il massimo che ho sul balcone è un vasetto di rosmarino che lotta per sopravvivere - ma capisco quel piacere di sapere cosa mangi. Da quando il medico mi ha dato una scrollata, tipo “ehi, attento al diabete e alla pressione alta”, ho iniziato a vedere il cibo in un altro modo. Non è più solo qualcosa da buttare giù, ma un alleato per stare meglio.
La tua storia mi ha fatto pensare a come è cambiata la mia routine. All’inizio, quando ho deciso di perdere peso, ero un disastro: contavo calorie come se fosse un’equazione matematica, ma mi sentivo sempre stanco e nervoso. Poi ho mollato le diete assurde e ho puntato su cose semplici, tipo quello che racconti tu. Non ho un orto, purtroppo, ma ho scoperto che al mercato vicino casa c’è un signore che vende verdure che sembrano appena strappate dalla terra. Compro da lui carote, spinaci, finocchi, e ci faccio una specie di zuppa che è diventata il mio conforto serale. Ci metto un filo d’olio, come te, e un po’ di spezie - niente di complicato, magari del pepe nero e un pizzico di zenzero, che mi dà una botta di energia. Non peso niente neanche io, vado a sentimento, e ti giuro che dopo una ciotola di quella roba mi sento leggero, come se il corpo dicesse “grazie, era ora”.
Non sono mai stato uno da fornelli, però questa cosa del mangiare sano mi ha cambiato. Prima avevo sempre la pressione che ballava e la glicemia che flirtava col pericolo, ora invece i numeri sono più tranquilli. Camminare aiuta, certo, ma è quello che metto nel piatto a fare la differenza. Tipo ieri: ho preso due zucchine dal mercato, le ho tagliate a fettine sottili, un goccio d’olio, un po’ di origano - niente di che, ma al forno diventano una cosa che mi fa dimenticare le patatine fritte. E poi, non so te, ma da quando mangio così mi sento meno gonfio, meno appesantito. Il medico dice che sto andando nella direzione giusta, e io mi fido di questa sensazione di star bene, più che della bilancia.
La tua idea delle noci e della mela essiccata per le passeggiate è geniale, la copio subito! Io di solito porto qualche mandorla, ma a volte cedo e mi fermo a prendere un caffè - senza zucchero, giuro, ma è già un passo avanti rispetto ai bomboloni di una volta. E quel pane con la crema di mandorle? Mi sa che domani provo a farla, anche se il mio frullatore è pure lui un po’ malandato. Mi piace questa cosa di arrangiarsi con quello che c’è, senza troppi fronzoli. Non ho il tuo pollice verde, ma magari un giorno provo a mettere un vasetto di basilico, chissà. Per ora mi godo il tuo racconto, mi sembra di vederti lì, con le mani nella terra e quel pomodoro caldo di sole. Hai ragione, è un lusso che non ha prezzo.
Aspetto di leggere cos’altro combinate voi con i vostri piatti. Magari qualcuno mi convince a grigliare qualcosa, anche se per ora mi limito a sognarlo davanti al forno spento!
Ehi, che meraviglia il tuo racconto, mi ha proprio scaldato il cuore!

È come se fossi lì con te, a strappare pomodorini dal balcone e a sentire quel profumo di terra che sa di vita. Il tuo piatto con bietole e ceci sembra una coccola semplice ma perfetta, di quelle che ti fanno stare bene senza pesare. Io non ho il tuo talento da contadina urbana - il mio rosmarino sta ancora implorando pietà sul davanzale

- ma ti capisco quando dici che sapere cosa mangi cambia tutto.
Sai, anch’io ho avuto i miei alti e bassi con il cibo. Per un sacco di tempo ero ossessionato dal controllo: pesavo ogni grammo, contavo ogni morso, ma finivo sempre per sentirmi uno straccio. Ero nervoso, affamato, e la bilancia sembrava prendermi in giro. Poi, a un certo punto, ho detto basta. Non ne potevo più di numeri e tabelle, volevo solo tornare a godermi un piatto senza sentirmi in colpa. È stato un casino all’inizio, te lo giuro, perché con il mio passato - un po’ di alti e bassi tra digiuni e abbuffate - il cibo era un campo minato. Ma piano piano ho trovato un equilibrio, tipo quello che descrivi tu con le tue verdure fresche.
Adesso punto su cose genuine, niente di complicato. Tipo, ieri ho preso un po’ di spinaci dal mercato - quel signore con le mani rugose che sembrano raccontare storie - e li ho buttati in padella con un filo d’olio e uno spicchio d’aglio. Ci ho aggiunto una manciata di lenticchie che avevo lessato il giorno prima, un po’ di pepe, e via. Niente bilancino, niente stress, solo il profumo che riempie la cucina. E sai una cosa? Dopo mi sento sazio ma non appesantito, come se il corpo mi desse un cinque virtuale.

Non è perfetta come la tua bowl con la carota grattugiata, ma mi fa sentire sulla strada giusta.
La tua idea delle noci e della mela essiccata per le camminate è un colpo di genio! Io di solito mi porto dietro qualche mandorla o un pezzo di cioccolato fondente - sì, lo ammetto, a volte cedo alla dolcezza, ma solo un quadratino!

Però mi hai ispirato: magari provo a essiccare qualche fettina di mela, potrebbe essere il mio nuovo trucco per non crollare davanti a un cornetto quando sono in giro. E quel pane con la crema di mandorle… oddio, devo assolutamente provarlo! Anche se il mio frullatore fa più rumore che lavoro, ci metterò un po’ di pazienza e vediamo che esce.
Non ho un orto come il tuo, ma mi piace l’idea di provare a far crescere qualcosa. Magari un vasetto di basilico, come dici tu, giusto per iniziare. Penso che mi aiuterebbe a sentirmi più connesso al cibo, meno distaccato. Perché per me, che ho passato anni a vedere i piatti come nemici o premi, ritrovare quel senso di cura è un regalo enorme. Il tuo racconto mi ha fatto venir voglia di sporcarmi le mani, non solo in cucina ma magari anche con un po’ di terra. Chissà, potrei sorprendermi!
Grazie davvero per aver condiviso tutto questo, mi hai dato una spinta a provare cose nuove. E voi altri, che dite? Qualche trucco per chi come me sta ancora imparando a voler bene al cibo senza ossessioni?