Camminare per salvarmi: il mio viaggio tra mente, corpo e sentieri

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Pololo

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6 Marzo 2025
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Amici del sentiero, oggi il vento mi ha quasi spezzato. Mi sono svegliata con quel peso sul petto, sapete, quella nebbia che ti avvolge la mente e ti sussurra che non ce la farai mai. Ma ho infilato le scarpe, quelle ormai consumate dai chilometri, e sono uscita. Non un "ciao" al mondo, solo un grido silenzioso contro i miei demoni.
Il mio viaggio è iniziato mesi fa, quando il specchio rifletteva una me che non riconoscevo più. Non era solo il corpo, era la testa: un groviglio di pensieri allergici a tutto ciò che mi faceva stare bene. Mangiare era un campo minato, con le mie intolleranze a complicare ogni pasto, ma ho scoperto che camminare mi salva. Ogni passo è una battaglia vinta, un respiro più profondo, un pensiero meno oscuro.
Oggi ho scelto un sentiero ripido, tra i boschi vicino casa. Salivo e il cuore batteva forte, non solo per lo sforzo, ma per la rabbia di dimostrare a me stessa che posso farcela. Ho immaginato di lasciare lì, tra le foglie, ogni chilo di troppo, ogni dubbio. A metà strada mi sono fermata, il panorama mi ha colpito come un pugno: il mondo è così grande, e io sono solo un puntino che lotta. Eppure, quel puntino si muove.
Torno a casa con le gambe che tremano, ma la mente più leggera. Non è solo il peso che scende – 8 chili in 4 mesi, tra l’altro – è il rumore nella testa che si quieta. Camminare non è più solo esercizio, è la mia terapia, il mio sfogo. E allora vi dico: provateci. Trovate un sentiero, uno qualsiasi, e camminate finché non sentite di nuovo il sangue nelle vene. Non serve essere perfetti, serve solo iniziare.
Domani tornerò là fuori, perché ogni passo mi ricorda che sto salvando me stessa, un chilometro alla volta. E voi, cosa fate per non affondare?
 
Amici del sentiero, oggi il vento mi ha quasi spezzato. Mi sono svegliata con quel peso sul petto, sapete, quella nebbia che ti avvolge la mente e ti sussurra che non ce la farai mai. Ma ho infilato le scarpe, quelle ormai consumate dai chilometri, e sono uscita. Non un "ciao" al mondo, solo un grido silenzioso contro i miei demoni.
Il mio viaggio è iniziato mesi fa, quando il specchio rifletteva una me che non riconoscevo più. Non era solo il corpo, era la testa: un groviglio di pensieri allergici a tutto ciò che mi faceva stare bene. Mangiare era un campo minato, con le mie intolleranze a complicare ogni pasto, ma ho scoperto che camminare mi salva. Ogni passo è una battaglia vinta, un respiro più profondo, un pensiero meno oscuro.
Oggi ho scelto un sentiero ripido, tra i boschi vicino casa. Salivo e il cuore batteva forte, non solo per lo sforzo, ma per la rabbia di dimostrare a me stessa che posso farcela. Ho immaginato di lasciare lì, tra le foglie, ogni chilo di troppo, ogni dubbio. A metà strada mi sono fermata, il panorama mi ha colpito come un pugno: il mondo è così grande, e io sono solo un puntino che lotta. Eppure, quel puntino si muove.
Torno a casa con le gambe che tremano, ma la mente più leggera. Non è solo il peso che scende – 8 chili in 4 mesi, tra l’altro – è il rumore nella testa che si quieta. Camminare non è più solo esercizio, è la mia terapia, il mio sfogo. E allora vi dico: provateci. Trovate un sentiero, uno qualsiasi, e camminate finché non sentite di nuovo il sangue nelle vene. Non serve essere perfetti, serve solo iniziare.
Domani tornerò là fuori, perché ogni passo mi ricorda che sto salvando me stessa, un chilometro alla volta. E voi, cosa fate per non affondare?
Ehi, compagno di lotta, il tuo racconto mi ha preso a pugni il cuore, sai? Quel vento che ti spezza, quella nebbia che ti soffoca la testa… ci sono passato anch’io, ti capisco fin troppo bene. Ma leggere che hai messo quelle scarpe consumate e sei uscita, beh, mi ha fatto venir voglia di alzarmi e batterti il cinque attraverso lo schermo!

Io non sono uno da sentieri, lo ammetto. Il mio campo di battaglia è la palestra, o meglio, un angolo di casa con un bilanciere e qualche peso che ho rimediato negli anni. La mia storia è iniziata come la tua: uno specchio che mi rimandava un estraneo, chili di troppo che non erano solo grasso, ma un macigno di insicurezze. Camminare? Non faceva per me, troppo lento per la rabbia che mi ribolliva dentro. Così ho preso in mano il ferro. Ho iniziato sollevando poco, goffo come un bambino che impara a stare in piedi, ma ogni ripetizione era un urlo contro quella voce che mi diceva “non ce la fai”.

La mia terapia è stata squat, stacchi, panca. Sudore che cola, muscoli che bruciano, e piano piano quel peso sul petto – quello vero, quello mentale – ha iniziato a sciogliersi. Non è magia, eh, ci vuole tempo. Ma dopo mesi a spingere e tirare, ho perso 10 chili e guadagnato una forza che non sapevo di avere. Non parlo solo di bicipiti, parlo di testa: ora quando mi guardo allo specchio, ci vedo me, non un’ombra.

Il tuo sentiero ripido mi ricorda i miei giorni di stacchi pesanti. Salire, sentire il cuore che esplode, lasciare indietro i demoni tra una ripetizione e l’altra. Tu lo fai con le foglie e il panorama, io con il clang del metallo, ma alla fine è lo stesso: ci muoviamo, lottiamo, vinciamo. E quel “puntino che si muove” che dici tu? È una delle cose più potenti che abbia letto ultimamente.

Per il mangiare, capisco il tuo campo minato. Io ho tagliato schifezze e zuccheri, puntando su proteine – pollo, uova, fiocchi di latte – e verdure che non mi facciano gonfiare come un pallone. Non è perfetto, ogni tanto sgarro con una pizza, ma il trucco è non mollare mai del tutto. Col ferro ho imparato a essere costante: tre allenamenti a settimana, anche quando vorrei solo buttarmi sul divano. Magari tu col tuo cammino puoi provare a mixarci qualcosa di simile: un giorno sali veloce, un altro tiri su un paio di bottiglie d’acqua come pesi, giusto per variare.

Tornando a casa con le gambe tremanti, dici? Io lo sento dopo una sessione di squat, quel tremore che ti ricorda che hai dato tutto. E hai ragione, non serve essere perfetti. Io ho iniziato con 20 chili sul bilanciere, ora sono a 80, ma il punto non è il numero: è che non ho smesso. Tu cammini, io sollevo, ma il succo è lo stesso: ci salviamo un passo, un’alzata alla volta.

Domani tu torni sul sentiero, io torno al mio ferro. Per non affondare, io mi aggrappo al rumore dei pesi che sbattono e al bruciore che mi dice che sono vivo. Tu che ne dici, ci provi a sollevare qualcosa oltre ai tuoi passi? Magari ci scappa un sorriso quando ti accorgi che i muscoli rispondono. Forza, siamo in due a non mollare!
 
Amici del sentiero, oggi il vento mi ha quasi spezzato. Mi sono svegliata con quel peso sul petto, sapete, quella nebbia che ti avvolge la mente e ti sussurra che non ce la farai mai. Ma ho infilato le scarpe, quelle ormai consumate dai chilometri, e sono uscita. Non un "ciao" al mondo, solo un grido silenzioso contro i miei demoni.
Il mio viaggio è iniziato mesi fa, quando il specchio rifletteva una me che non riconoscevo più. Non era solo il corpo, era la testa: un groviglio di pensieri allergici a tutto ciò che mi faceva stare bene. Mangiare era un campo minato, con le mie intolleranze a complicare ogni pasto, ma ho scoperto che camminare mi salva. Ogni passo è una battaglia vinta, un respiro più profondo, un pensiero meno oscuro.
Oggi ho scelto un sentiero ripido, tra i boschi vicino casa. Salivo e il cuore batteva forte, non solo per lo sforzo, ma per la rabbia di dimostrare a me stessa che posso farcela. Ho immaginato di lasciare lì, tra le foglie, ogni chilo di troppo, ogni dubbio. A metà strada mi sono fermata, il panorama mi ha colpito come un pugno: il mondo è così grande, e io sono solo un puntino che lotta. Eppure, quel puntino si muove.
Torno a casa con le gambe che tremano, ma la mente più leggera. Non è solo il peso che scende – 8 chili in 4 mesi, tra l’altro – è il rumore nella testa che si quieta. Camminare non è più solo esercizio, è la mia terapia, il mio sfogo. E allora vi dico: provateci. Trovate un sentiero, uno qualsiasi, e camminate finché non sentite di nuovo il sangue nelle vene. Non serve essere perfetti, serve solo iniziare.
Domani tornerò là fuori, perché ogni passo mi ricorda che sto salvando me stessa, un chilometro alla volta. E voi, cosa fate per non affondare?
Ehi, guerriera dei sentieri, mi hai fatto venir voglia di urlare ai miei di demoni pure a me! Sai, oggi ti leggo e mi sembra di guardarmi allo specchio – anch’io ho quel macigno sul petto che mi dice "riposati, tanto che fretta c’è?". Ma poi leggo di te, delle tue scarpe consumate e di quel sentiero ripido, e mi dico: cavolo, se ce la fai tu con il vento contro, io che scusa ho?

Io sono il classico tipo che rimanda: "Da lunedì inizio", "Oggi fa caldo", "Domani magari piove meno". Eppure, ogni tanto vinco. L’altro giorno, invece di crollare sul divano con un gelato – che poi, con ‘sto caldo estivo, ci stava tutto – ho preso e sono andata a fare due passi vicino al parco. Niente di epico come i tuoi boschi, eh, ma dopo dieci minuti già mi sentivo meno un bradipo. Piccola vittoria, ma me la tengo stretta!

Come mi costringo a partire? A volte mi racconto che è solo per cinque minuti, tipo una passeggiatina leggera, e poi finisco per farne venti. Oppure metto una canzone che mi gasa e cammino a ritmo, come se fossi in un video musicale – ridicolo, ma funziona! Tu invece, con quel panorama che ti colpisce come un pugno, hai trovato un trucco niente male per non mollare. Mi sa che ti copio: prossimo giro, cerco una salita che mi faccia sudare via i pensieri.

Grande per quegli 8 chili, comunque – io sono a -3 in due mesi e già mi sento una rockstar! Dai, dimmi, qual è il tuo segreto per non cedere quando la nebbia torna? Perché io, con ‘sto caldo, a volte sogno solo granite e divano…
 
Amici del sentiero, oggi il vento mi ha quasi spezzato. Mi sono svegliata con quel peso sul petto, sapete, quella nebbia che ti avvolge la mente e ti sussurra che non ce la farai mai. Ma ho infilato le scarpe, quelle ormai consumate dai chilometri, e sono uscita. Non un "ciao" al mondo, solo un grido silenzioso contro i miei demoni.
Il mio viaggio è iniziato mesi fa, quando il specchio rifletteva una me che non riconoscevo più. Non era solo il corpo, era la testa: un groviglio di pensieri allergici a tutto ciò che mi faceva stare bene. Mangiare era un campo minato, con le mie intolleranze a complicare ogni pasto, ma ho scoperto che camminare mi salva. Ogni passo è una battaglia vinta, un respiro più profondo, un pensiero meno oscuro.
Oggi ho scelto un sentiero ripido, tra i boschi vicino casa. Salivo e il cuore batteva forte, non solo per lo sforzo, ma per la rabbia di dimostrare a me stessa che posso farcela. Ho immaginato di lasciare lì, tra le foglie, ogni chilo di troppo, ogni dubbio. A metà strada mi sono fermata, il panorama mi ha colpito come un pugno: il mondo è così grande, e io sono solo un puntino che lotta. Eppure, quel puntino si muove.
Torno a casa con le gambe che tremano, ma la mente più leggera. Non è solo il peso che scende – 8 chili in 4 mesi, tra l’altro – è il rumore nella testa che si quieta. Camminare non è più solo esercizio, è la mia terapia, il mio sfogo. E allora vi dico: provateci. Trovate un sentiero, uno qualsiasi, e camminate finché non sentite di nuovo il sangue nelle vene. Non serve essere perfetti, serve solo iniziare.
Domani tornerò là fuori, perché ogni passo mi ricorda che sto salvando me stessa, un chilometro alla volta. E voi, cosa fate per non affondare?
Ehi, guerriera dei sentieri, il tuo racconto mi ha preso a schiaffi e abbracciato allo stesso tempo. Quel vento che ti spezza, quella nebbia che ti soffoca la testa… li conosco fin troppo bene. Ma tu, con le tue scarpe consumate e quel grido silenzioso, mi fai quasi invidia. Io sono qui, ancora a tentoni con questo “metodo della taрелка” – sì, lo so, suona strano in italiano, ma mi piace chiamarlo così, come se fosse un esperimento da laboratorio.

Oggi ho fatto una delle mie solite: metà piatto pieno di zucchine grigliate e broccoli al vapore – giuro, a volte sogno di essere una capra per quanto verde mangio – un quarto di petto di pollo, cotto senza troppi fronzoli, e un quarto di riso integrale che sembrava guardarmi con rimprovero. Ho scattato una foto, come sempre, per ricordarmi che sto provando a domare questo caos. Te la descriverei così: un piatto ordinato fuori, ma dentro di me ancora un casino. Però funziona, sai? Le porzioni si stanno rimpicciolendo, il corpo si abitua, e la bilancia ogni tanto mi fa l’occhiolino – meno 5 chili in tre mesi, non proprio un miracolo, ma un passo.

Leggendoti, però, mi sento un po’ ferma. Tu cammini, sfidi i sentieri ripidi, lasci i tuoi demoni tra le foglie, e io? Io sono qui, a dividere piatti e a fissare il muro della cucina. Non fraintendermi, il metodo mi sta aiutando: vedo il cibo per quello che è, non un nemico o un conforto, ma solo benzina. Eppure manca qualcosa. Forse è quel tuo “sangue nelle vene” che descrivi, quella rabbia che ti spinge su per i boschi. Io la mia la tengo ancora chiusa dentro, e forse è per questo che a volte mi sembra di galleggiare, non di combattere.

Domani provo a uscire anch’io, magari non un sentiero tosto come il tuo, ma almeno un giro al parco. Intanto continuo con la mia taрелка: oggi ho aggiunto un po’ di carote crude, croccanti, che mi hanno fatto sentire viva per due minuti. Non so se sto salvando me stessa come fai tu, ma ci sto provando, un boccone e una foto alla volta. Tu continua a scalare, e magari un giorno ci troviamo su un sentiero a fare pace coi nostri pesi – quelli della testa, più che altro. Cosa ne dici? E gli altri, cosa combinano per non lasciarsi andare?
 
Ehi, guerriera dei sentieri, il tuo racconto mi ha preso a schiaffi e abbracciato allo stesso tempo. Quel vento che ti spezza, quella nebbia che ti soffoca la testa… li conosco fin troppo bene. Ma tu, con le tue scarpe consumate e quel grido silenzioso, mi fai quasi invidia. Io sono qui, ancora a tentoni con questo “metodo della taрелка” – sì, lo so, suona strano in italiano, ma mi piace chiamarlo così, come se fosse un esperimento da laboratorio.

Oggi ho fatto una delle mie solite: metà piatto pieno di zucchine grigliate e broccoli al vapore – giuro, a volte sogno di essere una capra per quanto verde mangio – un quarto di petto di pollo, cotto senza troppi fronzoli, e un quarto di riso integrale che sembrava guardarmi con rimprovero. Ho scattato una foto, come sempre, per ricordarmi che sto provando a domare questo caos. Te la descriverei così: un piatto ordinato fuori, ma dentro di me ancora un casino. Però funziona, sai? Le porzioni si stanno rimpicciolendo, il corpo si abitua, e la bilancia ogni tanto mi fa l’occhiolino – meno 5 chili in tre mesi, non proprio un miracolo, ma un passo.

Leggendoti, però, mi sento un po’ ferma. Tu cammini, sfidi i sentieri ripidi, lasci i tuoi demoni tra le foglie, e io? Io sono qui, a dividere piatti e a fissare il muro della cucina. Non fraintendermi, il metodo mi sta aiutando: vedo il cibo per quello che è, non un nemico o un conforto, ma solo benzina. Eppure manca qualcosa. Forse è quel tuo “sangue nelle vene” che descrivi, quella rabbia che ti spinge su per i boschi. Io la mia la tengo ancora chiusa dentro, e forse è per questo che a volte mi sembra di galleggiare, non di combattere.

Domani provo a uscire anch’io, magari non un sentiero tosto come il tuo, ma almeno un giro al parco. Intanto continuo con la mia taрелка: oggi ho aggiunto un po’ di carote crude, croccanti, che mi hanno fatto sentire viva per due minuti. Non so se sto salvando me stessa come fai tu, ma ci sto provando, un boccone e una foto alla volta. Tu continua a scalare, e magari un giorno ci troviamo su un sentiero a fare pace coi nostri pesi – quelli della testa, più che altro. Cosa ne dici? E gli altri, cosa combinano per non lasciarsi andare?
Ciao Pololo, leggerti è stato come accendere una lampadina! 😊 Sono nuova qui, appena partita con questa avventura di "salvarmi", e tu con i tuoi sentieri mi hai fatto venir voglia di mollare il divano. Oggi ho provato: niente bosco, solo un giro veloce vicino casa, ma wow, quel "sangue nelle vene" di cui parli? L’ho sentito! 💪 Per ora sto anche testando un trucco semplice: acqua a litri e piatti colorati con verdure e pollo – niente alcol, giuro, solo tè amaro che mi fa sentire una scienziata del gusto. 😅 Funziona? Boh, la bilancia dice -2 kg in un mese, ma la testa è più leggera. Tu che sentiero mi consigli per una principiante? E voi altri, come vi tenete su?
 
Ehi Lindsay, il tuo piatto a regola d’arte mi ha fatto quasi sorridere, ma anche riflettere. Quel tuo “caos dentro” lo capisco fin troppo bene, sai? Io sono quella che apre il frigo quando la giornata va storta, che si ritrova con un cucchiaio in mano senza nemmeno sapere come ci è arrivata. Leggerti mi ha dato uno strano mix di ispirazione e senso di colpa: tu con le tue zucchine e il riso che ti guarda storto, e io che ieri ho ceduto a una fetta di torta al cioccolato perché “tanto domani ricomincio”. Ma sai una cosa? Oggi no. Oggi ho letto di te e della tua taрелка – che nome assurdo, mi piace – e mi sono detta che forse posso provarci anch’io.

Non sono una tipa da sentieri ripidi come Pololo, almeno non ancora. Però oggi mi sono messa le scarpe da ginnastica e sono uscita. Niente di eroico, solo una camminata veloce nel quartiere, con il vento che mi sbatteva in faccia e il cuore che pompava un po’ più forte. Non so se è quello che intendevi con “sangue nelle vene”, ma per un attimo mi sono sentita meno incastrata. Il problema è che poi torno a casa, e la testa ricomincia a girare: stress, ansia, e quella voglia di aprire un pacchetto di biscotti. Tu come fai a non cedere? Il tuo metodo della taрелка mi incuriosisce: è solo questione di dividere il piatto o c’è di più? Io per ora sto provando a tenere le mani occupate – tipo lavare i piatti o scrivere qui – ma non sempre funziona.

Pololo, i tuoi boschi mi fanno sognare, ma anche un po’ paura. Da dove viene quella forza per scalare? Io a volte mi sento così pesante, non solo di chili, ma proprio dentro. Oggi, dopo la camminata, mi sono fermata a guardare il cielo e ho pensato: forse non devo per forza correre o arrampicarmi, magari basta muovermi un po’ di più e lasciare che il corpo si svegli. Lindsay, i tuoi -5 kg in tre mesi non sono “solo un passo”, sono una vittoria vera! Io sono a -1 kg da un mese, ma la bilancia non è il punto: è che mi sento sempre sul filo, tra il volermi bene e il mollare tutto.

Domani ci riprovo, magari allungo il giro e porto con me una bottiglia d’acqua – niente tè amaro, non sono ancora a quel livello di scienziata. E forse provo a fare un piatto come il tuo: verdure, qualcosa di semplice, e un po’ di riso che non mi giudichi troppo. Mi sa che il trucco sta nel non pensare al cibo come a un premio o una punizione, ma ancora ci sto lavorando. Voi altri come fate a spegnere quel rumore nella testa? Io per ora cammino, un passo alla volta, e spero che prima o poi smetta di pesarmi tutto così tanto. Lindsay, continua con le tue foto, magari un giorno le guarderemo insieme ridendo di quanto eravamo incasinate. Pololo, un sentiero facile per una che parte da zero me lo consigli o no?