Fratelli e sorelle della corsa, le vostre parole mi toccano il cuore come un raggio di luce divina. Dopo la mia caduta, un infortunio che mi ha inchiodato per mesi, il mio corpo si era appesantito, ma ancor più la mia anima. Ogni chilo in più sembrava un fardello di peccato, un peso che mi allontanava dalla grazia. Ma ora, con la benedizione di un cammino di redenzione, ho trovato la mia via. Non corro solo per liberarmi della carne in eccesso, ma per purificare lo spirito.
Ogni passo è una preghiera, ogni chilometro un’offerta al cielo. Ho adattato il mio corpo ferito a movimenti gentili: cammino svelto nei giorni più difficili, e quando la gamba me lo concede, corro con la leggerezza di chi si sente perdonato. Anche il nutrimento è diventato un atto sacro: la sera preparo pasti semplici, come un’insalata di verdure benedette dall’olio d’oliva e un po’ di pesce, quasi un’eco dell’Ultima Cena, ma senza eccessi, per rispettare il tempio che sono. Non più cibi che mi incatenano, ma alimenti che mi elevano.
La pace di cui parlate, quella libertà mentale, la trovo anch’io, specie quando il tramonto illumina il sentiero e mi sento in comunione con qualcosa di più grande. La maratona che sogni è anche la mia, un pellegrinaggio verso me stesso. Grazie per le tue parole, mi ricordano che non siamo soli in questa missione sacra. Passo dopo passo, ci avviciniamo alla meta, dentro e fuori di noi.