La mia mente ha urlato ‘basta!’ e il corpo ha seguito: storia di una vittoria assurda

Dyszkin

Membro
6 Marzo 2025
82
2
8
Ciao a tutti, o forse no, magari siete solo ombre nella mia testa che leggono queste righe mentre il mondo là fuori continua a girare. Non importa. Oggi vi racconto di quando la mia mente ha deciso di fare a pugni con se stessa, urlando "basta!" così forte che il mio corpo non ha avuto scelta se non seguirla. È stata una guerra assurda, una di quelle che non capisci nemmeno mentre la stai combattendo.
Ero un disastro. Non sto parlando solo dei chili, che pure erano tanti, tipo una montagna che mi portavo dietro ogni giorno. Parlo della testa, di quel casino di pensieri che mi diceva "mangia, tanto ormai sei così", "non ce la farai mai", "a cosa serve provarci?". Mi guardavo allo specchio e vedevo un estraneo, uno che non riconoscevo più. Poi un giorno, non so neanche perché, qualcosa è scattato. Non è stata una di quelle illuminazioni da film, con la musica epica in sottofondo. È stato più un grido silenzioso, un "non ne posso più" che mi è esploso dentro.
Ho iniziato senza un piano preciso. Altro che diete perfette o personal trainer da copertina. Ho buttato via le regole, quelle che ti dicono "devi fare così" o "mangia solo questo". Mi sono ascoltato, per la prima volta dopo anni. Se avevo voglia di una mela, mangiavo una mela. Se il mio corpo mi chiedeva di muovermi, camminavo, anche solo intorno all’isolato, con la pioggia che mi inzuppava e il fiatone che mi ricordava quanto fossi fuori forma. Non era logico, non era organizzato. Era caos, ma un caos che funzionava per me.
Le difficoltà? Tante. La testa è una bestia schifosa, ti sabota quando meno te lo aspetti. C’erano giorni in cui mi vedevo ancora come quello di prima, anche se la bilancia diceva altro. C’erano momenti in cui volevo mollare, tornare al divano e alle abbuffate, perché era più facile. Ma sapete cosa mi ha salvato? Non mollare mai del tutto. Anche quando cadevo, mi rialzavo, magari dopo ore, magari dopo giorni. Non era una questione di forza, ma di testardaggine. E di rabbia, sì, rabbia contro me stesso e contro quel "me" che mi teneva incatenato.
Cosa ha funzionato? Non cercate una formula magica, perché non ce l’ho. Non è stato il kale o i workout da Instagram. È stato capire che non dovevo essere perfetto, ma solo iniziare a volermi bene, un po’ alla volta. Ho smesso di pesarmi ogni giorno, perché i numeri mi mandavano fuori di testa. Ho smesso di confrontarmi con gli altri, perché tanto ognuno ha la sua strada. Ho trovato il mio ritmo, assurdo, incasinato, ma mio.
Oggi sono qui, più leggero di tanti chili e con una testa che non urla più "basta", ma sussurra "ce l’hai fatta". Non è stata una vittoria da manuale, ma una di quelle sporche, sudate, reali. E se ce l’ho fatta io, con tutto il mio casino, forse c’è speranza anche per voi, ombre o no che siate.
 
Ciao a tutti, o forse no, magari siete solo ombre nella mia testa che leggono queste righe mentre il mondo là fuori continua a girare. Non importa. Oggi vi racconto di quando la mia mente ha deciso di fare a pugni con se stessa, urlando "basta!" così forte che il mio corpo non ha avuto scelta se non seguirla. È stata una guerra assurda, una di quelle che non capisci nemmeno mentre la stai combattendo.
Ero un disastro. Non sto parlando solo dei chili, che pure erano tanti, tipo una montagna che mi portavo dietro ogni giorno. Parlo della testa, di quel casino di pensieri che mi diceva "mangia, tanto ormai sei così", "non ce la farai mai", "a cosa serve provarci?". Mi guardavo allo specchio e vedevo un estraneo, uno che non riconoscevo più. Poi un giorno, non so neanche perché, qualcosa è scattato. Non è stata una di quelle illuminazioni da film, con la musica epica in sottofondo. È stato più un grido silenzioso, un "non ne posso più" che mi è esploso dentro.
Ho iniziato senza un piano preciso. Altro che diete perfette o personal trainer da copertina. Ho buttato via le regole, quelle che ti dicono "devi fare così" o "mangia solo questo". Mi sono ascoltato, per la prima volta dopo anni. Se avevo voglia di una mela, mangiavo una mela. Se il mio corpo mi chiedeva di muovermi, camminavo, anche solo intorno all’isolato, con la pioggia che mi inzuppava e il fiatone che mi ricordava quanto fossi fuori forma. Non era logico, non era organizzato. Era caos, ma un caos che funzionava per me.
Le difficoltà? Tante. La testa è una bestia schifosa, ti sabota quando meno te lo aspetti. C’erano giorni in cui mi vedevo ancora come quello di prima, anche se la bilancia diceva altro. C’erano momenti in cui volevo mollare, tornare al divano e alle abbuffate, perché era più facile. Ma sapete cosa mi ha salvato? Non mollare mai del tutto. Anche quando cadevo, mi rialzavo, magari dopo ore, magari dopo giorni. Non era una questione di forza, ma di testardaggine. E di rabbia, sì, rabbia contro me stesso e contro quel "me" che mi teneva incatenato.
Cosa ha funzionato? Non cercate una formula magica, perché non ce l’ho. Non è stato il kale o i workout da Instagram. È stato capire che non dovevo essere perfetto, ma solo iniziare a volermi bene, un po’ alla volta. Ho smesso di pesarmi ogni giorno, perché i numeri mi mandavano fuori di testa. Ho smesso di confrontarmi con gli altri, perché tanto ognuno ha la sua strada. Ho trovato il mio ritmo, assurdo, incasinato, ma mio.
Oggi sono qui, più leggero di tanti chili e con una testa che non urla più "basta", ma sussurra "ce l’hai fatta". Non è stata una vittoria da manuale, ma una di quelle sporche, sudate, reali. E se ce l’ho fatta io, con tutto il mio casino, forse c’è speranza anche per voi, ombre o no che siate.
Ehi, altro che ombre, qui c’è uno che ti capisce fin troppo bene. Quel "basta" che ti è esploso dentro? L’ho sentito anch’io, un urlo muto che mi ha spaccato la testa. Io ho trovato pace col 16/8, sai, l’intervallo. Sedici ore senza mangiare, otto per vivere. Sembra folle, ma mi ha rimesso in carreggiata. All’inizio sbagliavo tutto: mi abbuffavo nella finestra, sceglievo schifezze. Poi ho capito: ascolta il corpo, non la testa che ti frega. Mangia quello che ti nutre davvero, non roba da copertina. La chiave? Non crollare mai del tutto. Anche se sgarri, riparti. Funziona, fidati, pure per un disastro come me.
 
Ciao a tutti, o forse no, magari siete solo ombre nella mia testa che leggono queste righe mentre il mondo là fuori continua a girare. Non importa. Oggi vi racconto di quando la mia mente ha deciso di fare a pugni con se stessa, urlando "basta!" così forte che il mio corpo non ha avuto scelta se non seguirla. È stata una guerra assurda, una di quelle che non capisci nemmeno mentre la stai combattendo.
Ero un disastro. Non sto parlando solo dei chili, che pure erano tanti, tipo una montagna che mi portavo dietro ogni giorno. Parlo della testa, di quel casino di pensieri che mi diceva "mangia, tanto ormai sei così", "non ce la farai mai", "a cosa serve provarci?". Mi guardavo allo specchio e vedevo un estraneo, uno che non riconoscevo più. Poi un giorno, non so neanche perché, qualcosa è scattato. Non è stata una di quelle illuminazioni da film, con la musica epica in sottofondo. È stato più un grido silenzioso, un "non ne posso più" che mi è esploso dentro.
Ho iniziato senza un piano preciso. Altro che diete perfette o personal trainer da copertina. Ho buttato via le regole, quelle che ti dicono "devi fare così" o "mangia solo questo". Mi sono ascoltato, per la prima volta dopo anni. Se avevo voglia di una mela, mangiavo una mela. Se il mio corpo mi chiedeva di muovermi, camminavo, anche solo intorno all’isolato, con la pioggia che mi inzuppava e il fiatone che mi ricordava quanto fossi fuori forma. Non era logico, non era organizzato. Era caos, ma un caos che funzionava per me.
Le difficoltà? Tante. La testa è una bestia schifosa, ti sabota quando meno te lo aspetti. C’erano giorni in cui mi vedevo ancora come quello di prima, anche se la bilancia diceva altro. C’erano momenti in cui volevo mollare, tornare al divano e alle abbuffate, perché era più facile. Ma sapete cosa mi ha salvato? Non mollare mai del tutto. Anche quando cadevo, mi rialzavo, magari dopo ore, magari dopo giorni. Non era una questione di forza, ma di testardaggine. E di rabbia, sì, rabbia contro me stesso e contro quel "me" che mi teneva incatenato.
Cosa ha funzionato? Non cercate una formula magica, perché non ce l’ho. Non è stato il kale o i workout da Instagram. È stato capire che non dovevo essere perfetto, ma solo iniziare a volermi bene, un po’ alla volta. Ho smesso di pesarmi ogni giorno, perché i numeri mi mandavano fuori di testa. Ho smesso di confrontarmi con gli altri, perché tanto ognuno ha la sua strada. Ho trovato il mio ritmo, assurdo, incasinato, ma mio.
Oggi sono qui, più leggero di tanti chili e con una testa che non urla più "basta", ma sussurra "ce l’hai fatta". Non è stata una vittoria da manuale, ma una di quelle sporche, sudate, reali. E se ce l’ho fatta io, con tutto il mio casino, forse c’è speranza anche per voi, ombre o no che siate.
 
Ciao a tutti, o forse no, magari siete solo ombre nella mia testa che leggono queste righe mentre il mondo là fuori continua a girare. Non importa. Oggi vi racconto di quando la mia mente ha deciso di fare a pugni con se stessa, urlando "basta!" così forte che il mio corpo non ha avuto scelta se non seguirla. È stata una guerra assurda, una di quelle che non capisci nemmeno mentre la stai combattendo.
Ero un disastro. Non sto parlando solo dei chili, che pure erano tanti, tipo una montagna che mi portavo dietro ogni giorno. Parlo della testa, di quel casino di pensieri che mi diceva "mangia, tanto ormai sei così", "non ce la farai mai", "a cosa serve provarci?". Mi guardavo allo specchio e vedevo un estraneo, uno che non riconoscevo più. Poi un giorno, non so neanche perché, qualcosa è scattato. Non è stata una di quelle illuminazioni da film, con la musica epica in sottofondo. È stato più un grido silenzioso, un "non ne posso più" che mi è esploso dentro.
Ho iniziato senza un piano preciso. Altro che diete perfette o personal trainer da copertina. Ho buttato via le regole, quelle che ti dicono "devi fare così" o "mangia solo questo". Mi sono ascoltato, per la prima volta dopo anni. Se avevo voglia di una mela, mangiavo una mela. Se il mio corpo mi chiedeva di muovermi, camminavo, anche solo intorno all’isolato, con la pioggia che mi inzuppava e il fiatone che mi ricordava quanto fossi fuori forma. Non era logico, non era organizzato. Era caos, ma un caos che funzionava per me.
Le difficoltà? Tante. La testa è una bestia schifosa, ti sabota quando meno te lo aspetti. C’erano giorni in cui mi vedevo ancora come quello di prima, anche se la bilancia diceva altro. C’erano momenti in cui volevo mollare, tornare al divano e alle abbuffate, perché era più facile. Ma sapete cosa mi ha salvato? Non mollare mai del tutto. Anche quando cadevo, mi rialzavo, magari dopo ore, magari dopo giorni. Non era una questione di forza, ma di testardaggine. E di rabbia, sì, rabbia contro me stesso e contro quel "me" che mi teneva incatenato.
Cosa ha funzionato? Non cercate una formula magica, perché non ce l’ho. Non è stato il kale o i workout da Instagram. È stato capire che non dovevo essere perfetto, ma solo iniziare a volermi bene, un po’ alla volta. Ho smesso di pesarmi ogni giorno, perché i numeri mi mandavano fuori di testa. Ho smesso di confrontarmi con gli altri, perché tanto ognuno ha la sua strada. Ho trovato il mio ritmo, assurdo, incasinato, ma mio.
Oggi sono qui, più leggero di tanti chili e con una testa che non urla più "basta", ma sussurra "ce l’hai fatta". Non è stata una vittoria da manuale, ma una di quelle sporche, sudate, reali. E se ce l’ho fatta io, con tutto il mio casino, forse c’è speranza anche per voi, ombre o no che siate.
Ehi, non so se sto scrivendo a un esercito di guerrieri del dimagrimento o solo a un paio di anime curiose, ma eccomi qui, a buttare giù la mia storia! Il tuo post mi ha colpito dritto in faccia, come un pugno di quelli che ti svegliano. Quel “basta!” che ti è esploso dentro? L’ho sentito anch’io, ma nel mio caso non ero da solo a gridarlo. Io e il mio compagno di avventure, mio marito, abbiamo deciso di fare questa guerra insieme, e lascia che ti dica: avere un alleato cambia tutto.

Anche noi eravamo un disastro, ognuno a modo suo. Io con i miei chili di troppo che mi facevano sentire come se portassi un'armatura di piombo ogni giorno, lui con le sue abitudini di spizzicare schifezze davanti alla TV. Ci guardavamo e ci dicevamo: “Ma davvero siamo diventati così?”. Non era solo il peso, era proprio la sensazione di non essere più noi stessi. Poi, un giorno, dopo l’ennesima serata a lamentarci sul divano, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto: “O adesso o mai più”. Non c’era nessun piano epico, nessun guru del fitness a guidarci. Solo noi due, incasinati ma decisi.

Abbiamo iniziato in modo semplice, quasi ridicolo. Niente diete da rivista o robe complicate. Ci siamo messi a cucinare insieme, provando a rendere il cibo qualcosa di divertente, non un nemico. Insalate colorate, verdure grigliate, qualche ricetta trovata online03 online che sembrava più un gioco che una missione. E poi ci siamo messi a muoverci, insieme. Le prime camminate erano un disastro: io col fiatone dopo cinque minuti, lui che brontolava perché “fa freddo”. Ma ridendo e prendendoci in giro a vicenda, continuavamo. Ci siamo dati delle piccole sfide, tipo “chi arriva prima al lampione” o “facciamo un giro in più del parco”. Era un modo per rendere tutto meno pesante, per non farci inghiottire dalla serietà.

La cosa bella di essere in due è che quando uno vuole mollare, l’altro lo trascina. C’erano giorni in cui io volevo solo affogarmi in una vaschetta di gelato, e lui mi diceva: “Dai, andiamo a fare due passi, poi ci prendiamo un caffè”. Oppure quando era lui a essere tentato da una pizza gigante, io gli ricordavo perché avevamo iniziato. Non era sempre facile, credimi. La testa ti frega, ti fa vedere solo i difetti, ti sussurra che non ce la farai. Ma avere qualcuno che ti conosce, che sa come prenderti, fa la differenza. Ci siamo sostenuti a vicenda, anche nei momenti in cui ci sentivamo dei falliti.

Una cosa che ci ha aiutato un sacco è stato sperimentare. Abbiamo provato di tutto, tipo quei bendaggi per il corpo che promettono di farti sudare e snellire. Non so se funzionano davvero, ma ti dico, ci facevano ridere come matti! Ci avvolgevamo nella pellicola, sembravamo due mummie, e mentre sudavamo ci sfidavamo a chi resisteva di più. Era un modo per non prenderci troppo sul serio, per ricordarci che stavamo facendo qualcosa per noi stessi, non per essere perfetti.

Non ti dico che ora siamo due modelli, perché non è così. Ma siamo più leggeri, non solo di peso, ma anche di testa. Ci sentiamo più noi, più vivi. La bilancia non è più il nostro dio, pesiamo ogni tanto, giusto per curiosità. La vera vittoria è che ora ci piace guardarci allo specchio, non perché siamo perfetti, ma perché vediamo due che ce la stanno mettendo tutta. E farlo insieme, con lui, è stato il nostro asso nella manica. Non so se sei da solo in questa battaglia o hai qualcuno al tuo fianco, ma ti dico una cosa: trova il tuo ritmo, il tuo modo, e non mollare. Anche quando cadi, rialzati. Se ce l’abbiamo fatta noi, con tutte le nostre lamentele e risate, ce la puoi fare anche tu.