Mangio le mie emozioni: come trovare pace senza affogarle nel cibo?

Misiek1

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6 Marzo 2025
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Ehi, ciao a tutti, o forse no, non so nemmeno come iniziare oggi. Sono qui, davanti allo schermo, con un nodo in gola che non vuole andare via. Mangio. Mangio tanto, troppo, e lo faccio quando tutto dentro di me sembra crollare. È come se il cibo fosse l’unica cosa che mi tiene a galla, ma poi mi guardo allo specchio e mi sento affondare ancora di più. Vorrei smettere, davvero, ma è difficile. Lo stress mi prende e io apro il frigo, o la dispensa, e mi perdo.
Qualcuno di voi ci è passato? Come fate a non lasciarvi travolgere? Io ci provo, giuro. Qualche giorno fa ho avuto una settimana buona: ho camminato, ho bevuto tanta acqua – mi sono detta che forse poteva essere un modo per “lavare via” quelle emozioni pesanti – e ho persino cucinato qualcosa di sano, tipo un’insalata con del pollo grigliato. Mi sono sentita fiera, sapete? Ma poi ieri è arrivata una discussione al lavoro, e in un attimo ero lì, con una vaschetta di gelato in mano, a chiedermi perché non riesco a fermarmi.
Non voglio consigli tipo “mangia una carota invece di una pizza”, perché lo so già che non funziona così. È più profondo. È come se il cibo fosse il mio scudo, ma allo stesso tempo la mia prigione. Vorrei imparare a stare con quello che sento senza doverlo soffocare con un piatto di pasta. Avete qualche trucco, qualcosa che vi ha aiutato a guardarvi dentro senza scappare? Io sto provando a scrivere quello che provo, a volte, ma poi mi perdo di nuovo.
Grazie a chi mi leggerà. Anche solo sapere che non sono sola mi fa respirare un po’ meglio.
 
Ehi, ti capisco, sai? Quel nodo in gola, quel bisogno di afferrare qualcosa – qualsiasi cosa – per non affondare nelle emozioni… ci sono passata anch’io. Leggerti mi ha fatto ripensare a com’ero qualche anno fa, quando lo stress mi spingeva dritta verso la dispensa, senza nemmeno rendermene conto. Non è facile, hai ragione, e non è questione di “mangia una carota e passa tutto”. È un groviglio dentro, e il cibo sembra l’unico amico che non ti giudica, almeno sul momento.

Io ho trovato una strada con la keto, ma non ti sto scrivendo per venderti la dieta come la soluzione magica, tranquilla. All’inizio non ci credevo nemmeno io, pensavo fosse solo un’altra moda. Però mi ha aiutato a cambiare il modo in cui vedevo il cibo. Non è stato tanto il perdere chili – che comunque è successo, e mi ha fatto sentire più leggera dentro e fuori – ma il fatto di imparare a non dipendere da quel conforto immediato dei carboidrati. Ti racconto com’è andata per me, magari trovi qualcosa che ti risuona.

Quando ho iniziato, ero un disastro: ansia alle stelle, crisi di fame nervosa, e pure il senso di colpa dopo. La transizione al keto mi ha costretto a fermarmi e pensare a quello che mettevo nel piatto. Niente pasta, niente gelato, niente scappatoie facili. All’inizio è dura, non lo nego, soprattutto i primi giorni senza zuccheri, con quella stanchezza che ti prende. Ma poi, una volta entrata in ketosi, è come se il mio corpo si fosse calmato. Non avevo più quei picchi di voglia irrefrenabile di mangiare tutto e subito. E questo mi ha dato spazio per guardare in faccia quello che sentivo, senza affogarlo in un cucchiaio di crema al pistacchio.

Un trucco che mi ha salvato? Prepararmi qualcosa di buono, ma keto. Tipo una mousse di avocado e cacao amaro: frulli un avocado maturo, ci metti un po’ di cacao senza zucchero, un goccio di latte di cocco e magari un dolcificante naturale se ti piace. È cremosa, ti riempie, e non ti lascia quel senso di “ho fallito di nuovo”. Oppure, quando mi prende lo stress, faccio un piatto di zucchine saltate con burro e pancetta – saporito, caldo, comforting, ma senza buttarmi giù dopo. Non è solo questione di ricetta, è che mi tengo occupata, mi prendo cura di me stessa invece di punirmi.

Non ti dico che è la risposta a tutto. Le emozioni ci sono ancora, e a volte fanno male lo stesso. Ma la keto mi ha dato una specie di pausa, un modo per non lasciare che il frigo decida per me. E poi, scrivendo come fai tu, stai già facendo un passo gigante: ti stai ascoltando. Magari prova a tenere un quadernino dove segni non solo cosa provi, ma anche cosa mangi quando succede. Io l’ho fatto, e mi ha aiutato a vedere dei pattern – tipo che il gelato arrivava sempre dopo una telefonata con mia madre!

Non sei sola, davvero. Quel respiro che cerchi, piano piano lo trovi. Se ti va, fammi sapere com’è andata quella settimana buona, o anche solo cosa hai cucinato ieri sera. Anche le piccole vittorie contano, sai?
 
Ciao! No, aspetta, sul serio? Leggerti mi ha proprio spiazzato, sembra che tu abbia descritto me qualche mese fa, con quel groviglio dentro e il frigo che sembrava l’unica via d’uscita. Quel tuo modo di raccontare il cibo come un amico che non giudica… mi ci rivedo troppo, e mi ha fatto quasi tremare ripensarci. Però sai una cosa? Anche io ho trovato una strada, diversa dalla tua keto, e mi ha tirato fuori da quel loop assurdo di emozioni e abbuffate. Te la racconto, magari ti dà uno spunto, chi lo sa.

Io mi sono buttata sulle intervallate su per le scale. Sì, hai capito bene, niente corse al parco o tapis roulant, proprio le scale di casa o del palazzo vicino. All’inizio era un’idea assurda, pensavo “ma chi me lo fa fare?”, ero abituata a immaginarmi in tuta a correre tipo atleta, ma poi ho provato e… mamma mia, un terremoto! Alterno sprint veloci – salgo i gradini a due a due, col cuore che mi esplode – e poi scendo piano, cercando di riprendere fiato. È una botta pazzesca, non solo per il fiato, ma per le gambe e i glutei: dopo qualche settimana li sentivo duri come non mai, e non sto esagerando. Mi ha shoccato quanto velocemente si senta il cambiamento, pure senza bilancia sotto gli occhi.

Non è solo il fisico, però. Quando mi prende quel nodo in gola che dici tu, o quella voglia di buttarmi su un pacco di biscotti, prendo e salgo. Non so, è come se ogni gradino mi facesse sfogare un pezzetto di quel casino che ho dentro. Alla fine sono distrutta, sudata fradicia, ma quel bisogno di mangiare per soffocare tutto… sparisce. Non è che risolvo i problemi, eh, quelli restano, ma almeno non mi ritrovo col cucchiaio in mano a chiedermi perché ho finito la Nutella in cinque minuti. E poi, vuoi sapere il bello? Non serve niente di speciale: un paio di scarpe da ginnastica e una scala qualsiasi, anche quella del condominio. È lì, gratis, pronta a farmi sudare via lo stress.

Un trucco che mi ha salvato nei giorni no? Parto con poco, tipo 5 minuti, giusto per non darmi scuse. Poi, quasi sempre, finisco per farne di più perché mi prende il ritmo. E se sono proprio a terra, mi metto un po’ di musica nelle cuffie, qualcosa di forte, che mi spinge a non mollare. Non è una dieta, non è un piano rigido, ma mi ha dato un controllo che non pensavo di poter avere. Prima il cibo comandava me, ora sono io che decido: scale o divano? Nove volte su dieci, scelgo le scale.

Non dico che sia la cura per tutto, perché quel “mangio le mie emozioni” lo capisco fin troppo bene, e a volte torna a bussare. Ma questo mi ha dato un’alternativa, un modo per non affogare. Tu che hai scritto così apertamente, mi sa che hai già la forza per trovare il tuo respiro, come dici tu. Magari prova a buttarti su qualcosa di fisico, che sia scale o altro, e vedi se ti scuote come ha fatto con me. Fammi sapere, eh, anche solo se hai fatto due gradini o se hai cucinato qualcosa di keto ieri sera. Ogni passo conta, davvero, e leggerti mi ha fatto venir voglia di dirtelo.
 
Ehi, ciao a tutti, o forse no, non so nemmeno come iniziare oggi. Sono qui, davanti allo schermo, con un nodo in gola che non vuole andare via. Mangio. Mangio tanto, troppo, e lo faccio quando tutto dentro di me sembra crollare. È come se il cibo fosse l’unica cosa che mi tiene a galla, ma poi mi guardo allo specchio e mi sento affondare ancora di più. Vorrei smettere, davvero, ma è difficile. Lo stress mi prende e io apro il frigo, o la dispensa, e mi perdo.
Qualcuno di voi ci è passato? Come fate a non lasciarvi travolgere? Io ci provo, giuro. Qualche giorno fa ho avuto una settimana buona: ho camminato, ho bevuto tanta acqua – mi sono detta che forse poteva essere un modo per “lavare via” quelle emozioni pesanti – e ho persino cucinato qualcosa di sano, tipo un’insalata con del pollo grigliato. Mi sono sentita fiera, sapete? Ma poi ieri è arrivata una discussione al lavoro, e in un attimo ero lì, con una vaschetta di gelato in mano, a chiedermi perché non riesco a fermarmi.
Non voglio consigli tipo “mangia una carota invece di una pizza”, perché lo so già che non funziona così. È più profondo. È come se il cibo fosse il mio scudo, ma allo stesso tempo la mia prigione. Vorrei imparare a stare con quello che sento senza doverlo soffocare con un piatto di pasta. Avete qualche trucco, qualcosa che vi ha aiutato a guardarvi dentro senza scappare? Io sto provando a scrivere quello che provo, a volte, ma poi mi perdo di nuovo.
Grazie a chi mi leggerà. Anche solo sapere che non sono sola mi fa respirare un po’ meglio.
Ehi, un saluto veloce a te che sei dall’altra parte dello schermo, o magari no, forse oggi ci vuole solo un respiro profondo prima di buttare giù queste righe. Ti leggo e mi sembra di guardarmi allo specchio, sai? Quel nodo in gola, quella sensazione di crollare e poi correre verso il frigo… è una storia che conosco fin troppo bene. Anch’io ho i miei giorni in cui il cibo sembra l’unico amico che non mi giudica, ma poi, come dici tu, diventa una specie di prigione da cui non so come uscire.

Io sto seguendo un percorso di coaching online da qualche mese ormai, con un trainer e una dietologa che mi seguono a distanza. Non è la bacchetta magica, te lo dico subito, ma qualcosa sta cambiando. Ti racconto com’è, magari ti ritrovi in qualcosa. All’inizio ero scettica: come può una persona che non mi vede in faccia capire quello che passo? Eppure, piano piano, sto scoprendo dei pezzi di me che non avevo mai guardato davvero. Non si tratta solo di “mangia questo” o “non mangiare quello”, ma di scavare dentro. La mia dietologa, per esempio, mi ha fatto iniziare a notare quando mi viene voglia di abbuffarmi. Non “perché” – quello lo so, lo stress, la rabbia, la tristezza – ma proprio il momento esatto. Tipo ieri, dopo una chiamata infinita con mia madre che mi ha fatto sentire piccola come quando avevo dieci anni. Ho aperto la dispensa, ho preso un pacco di biscotti… e poi mi sono fermata. Non perché sono diventata improvvisamente una santa, ma perché me lo ha insegnato lei: respira, aspetta cinque minuti, chiediti cosa senti. Non sempre funziona, eh. A volte quei biscotti me li finisco comunque, ma altre volte riesco a posarli e a fare altro.

Il trainer invece mi sta aiutando con il corpo, non solo per perdere peso, ma per sentirmi meno “persa” dentro di me. Mi ha fatto provare degli esercizi semplici, tipo quelli per tirare in dentro la pancia e respirare profondo – non so se hai mai sentito parlare del vacuum, roba che sembra strana ma ti fa sentire più connessa. Non è una soluzione, ma è un modo per ricordarmi che esisto, che non sono solo un sacco di emozioni da riempire con il cibo. Le consulenze sono ogni due settimane, su Zoom, e all’inizio mi vergognavo pure a parlare, ma loro non giudicano. Mi chiedono com’è andata, cosa ho provato, e a volte mi mandano dei messaggi per sapere se sto tenendo duro. È bello avere qualcuno che ti segue, anche se è lontano.

I pro di questo formato? Puoi essere te stessa, non devi uscire di casa, e loro si adattano ai tuoi tempi. I contro? Devi essere costante, e se non ti impegni, nessuno ti corre dietro. E poi, certo, manca quel contatto umano diretto, che a volte mi servirebbe per non sentirmi così sola in questa lotta. Però sto imparando che la pace con me stessa non arriva dal cibo, né da una dieta perfetta, ma da quei momenti in cui riesco a stare con quello che provo senza scappare. Tipo ieri: dopo la chiamata, invece di finire i biscotti, ho preso un quaderno e ho scritto tutto quello che mi passava per la testa. Non ha risolto niente, ma mi ha fatto sentire meno in balia di tutto.

Non so se ti serve sentirtelo dire, ma non sei sola, davvero. Io ci sono passata e ci passo ancora, e magari non ho la risposta definitiva, ma sto provando a costruirmela passo dopo passo. Tu continua a scrivere, continua a provarci. Anche solo quel pollo grigliato che hai fatto è una vittoria, credimi. Se vuoi, fammi sapere come va – leggere te mi ha fatto respirare un po’ meglio oggi.