Un altro giorno di dieta rigida: la strada per la gara sembra infinita

Rushivyas

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6 Marzo 2025
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Ragazzi, un altro giorno di sveglia presto, con la testa che gira ancora dal sonno e lo stomaco che brontola già prima di iniziare. La strada per la gara sembra non finire mai, ogni pasto è un calcolo, ogni allenamento un passo che pesa come un macigno. Oggi ho iniziato con i soliti 150 grammi di albume e 30 grammi di avena, un caffè nero che ormai è più un amico che una bevanda. Niente grassi, niente zuccheri, solo il minimo indispensabile per tenere i livelli di energia senza mandare all’aria il deficit calorico. Il colesterolo alto è sempre lì, un’ombra che mi segue, quindi sto attento a ogni grammo di quello che metto nel piatto: pollo magro, riso basmati, verdure al vapore che ormai sogno anche di notte.
In palestra è stata una lotta. Sessione di spalle e tricipiti, ma le forze non sono più quelle di un mese fa. Spingo i manubri con la testa che dice "basta", ma il pensiero del palco mi tiene in piedi. 4 serie da 12 di alzate laterali, poi military press fino a tremare, e alla fine cavi per i tricipiti che mi hanno fatto maledire ogni secondo. Il cardio dopo è stato un incubo: 40 minuti sul tapis roulant con il cuore che batteva lento, come se anche lui fosse stanco di questa routine infinita. Guardo lo specchio e vedo i progressi, sì, le vene che iniziano a spuntare, i muscoli che si definiscono, ma a volte mi chiedo se ne valga davvero la pena.
Torno a casa, peso il pollo per la cena – 200 grammi, preciso al grammo – e mi siedo con quel piatto triste davanti. Broccolo lesso, un filo d’olio d’oliva che è l’unico lusso che mi concedo. Mastico lento, quasi per far durare di più quel momento, ma la testa è già al domani: stessa sveglia, stesso cibo, stessi pesi. La gara è vicina, lo so, ma questi giorni sembrano eterni, come se il tempo si fosse fermato per farmi sentire ogni privazione. Vorrei solo un pezzo di pane, un sorso di vino, qualcosa che mi ricordi che sono ancora vivo, ma no, non ora. Non ancora. Qualcuno di voi si sente così? O sono solo io che sto cedendo alla stanchezza?
 
Ragazzi, un altro giorno di sveglia presto, con la testa che gira ancora dal sonno e lo stomaco che brontola già prima di iniziare. La strada per la gara sembra non finire mai, ogni pasto è un calcolo, ogni allenamento un passo che pesa come un macigno. Oggi ho iniziato con i soliti 150 grammi di albume e 30 grammi di avena, un caffè nero che ormai è più un amico che una bevanda. Niente grassi, niente zuccheri, solo il minimo indispensabile per tenere i livelli di energia senza mandare all’aria il deficit calorico. Il colesterolo alto è sempre lì, un’ombra che mi segue, quindi sto attento a ogni grammo di quello che metto nel piatto: pollo magro, riso basmati, verdure al vapore che ormai sogno anche di notte.
In palestra è stata una lotta. Sessione di spalle e tricipiti, ma le forze non sono più quelle di un mese fa. Spingo i manubri con la testa che dice "basta", ma il pensiero del palco mi tiene in piedi. 4 serie da 12 di alzate laterali, poi military press fino a tremare, e alla fine cavi per i tricipiti che mi hanno fatto maledire ogni secondo. Il cardio dopo è stato un incubo: 40 minuti sul tapis roulant con il cuore che batteva lento, come se anche lui fosse stanco di questa routine infinita. Guardo lo specchio e vedo i progressi, sì, le vene che iniziano a spuntare, i muscoli che si definiscono, ma a volte mi chiedo se ne valga davvero la pena.
Torno a casa, peso il pollo per la cena – 200 grammi, preciso al grammo – e mi siedo con quel piatto triste davanti. Broccolo lesso, un filo d’olio d’oliva che è l’unico lusso che mi concedo. Mastico lento, quasi per far durare di più quel momento, ma la testa è già al domani: stessa sveglia, stesso cibo, stessi pesi. La gara è vicina, lo so, ma questi giorni sembrano eterni, come se il tempo si fosse fermato per farmi sentire ogni privazione. Vorrei solo un pezzo di pane, un sorso di vino, qualcosa che mi ricordi che sono ancora vivo, ma no, non ora. Non ancora. Qualcuno di voi si sente così? O sono solo io che sto cedendo alla stanchezza?
Ehi, ti leggo e sembra quasi di guardarmi allo specchio, ma al contrario. Capisco quel peso che senti, quella routine che ti schiaccia tra sveglie e piatti tristi, però io sono dall’altra parte della barricata: niente di tutto questo per me, o almeno ci provo. La tua strada per la gara è un viaggio che ammiro, davvero, ma io sono uno di quelli che cerca di scendere di peso senza troppi drammi. Non ho la tua disciplina, lo ammetto, e forse nemmeno la tua forza di volontà per pesare ogni grammo e contare ogni passo sul tapis roulant.

Io invece sto su cose semplici, tipo mangiare un po’ meno di quello che vorrei – non proprio una dieta, più un “freno” ogni tanto. Se ho fame, magari bevo un bicchiere d’acqua e aspetto che passi. Oppure cammino, non per fare cardio vero e proprio, ma giusto per muovermi un po’. Oggi, per dire, sono andato a piedi al supermercato invece di prendere la macchina, e mi sono detto che conta lo stesso, no? Non so se funzionerà sul lungo periodo, ma per ora qualche chilo l’ho buttato giù senza sentirmi in gabbia.

Tu parli di pollo e broccoli, di alzate laterali che ti spezzano, e io mi chiedo: ma non ti manca mai la libertà di mollare un po’ il colpo? Non fraintendermi, il tuo obiettivo è chiaro e ti rispetto tantissimo per questo, ma a volte penso che per noi “comuni mortali” basti semplificare. Tipo, ieri sera ho mangiato una porzione più piccola di pasta e ho saltato il secondo, e mi sono sentito comunque a posto. Niente bilancino, niente calcoli. Forse sto cedendo alla pigrizia, non lo so, ma leggerti mi fa pensare che magari un giorno potrei provarci sul serio, con un po’ più di struttura, senza arrivare ai tuoi livelli da gara però.

Quando dici che vorresti un pezzo di pane o un sorso di vino, ti capisco eccome. È come se il corpo ti chiedesse una pausa, no? Io quelle pause me le prendo, magari troppo spesso, ma mi tengono sano di testa. Tu come fai a tirare avanti? Sei più forte di quanto credi, sai? Anche se ora ti senti stanco, stai costruendo qualcosa di grosso. Io, boh, continuo col mio “meno mangio, più cammino”, e vediamo dove arrivo. Fammi sapere come tieni botta, magari mi ispiri a fare un passo in più!
 
Ragazzi, un altro giorno di sveglia presto, con la testa che gira ancora dal sonno e lo stomaco che brontola già prima di iniziare. La strada per la gara sembra non finire mai, ogni pasto è un calcolo, ogni allenamento un passo che pesa come un macigno. Oggi ho iniziato con i soliti 150 grammi di albume e 30 grammi di avena, un caffè nero che ormai è più un amico che una bevanda. Niente grassi, niente zuccheri, solo il minimo indispensabile per tenere i livelli di energia senza mandare all’aria il deficit calorico. Il colesterolo alto è sempre lì, un’ombra che mi segue, quindi sto attento a ogni grammo di quello che metto nel piatto: pollo magro, riso basmati, verdure al vapore che ormai sogno anche di notte.
In palestra è stata una lotta. Sessione di spalle e tricipiti, ma le forze non sono più quelle di un mese fa. Spingo i manubri con la testa che dice "basta", ma il pensiero del palco mi tiene in piedi. 4 serie da 12 di alzate laterali, poi military press fino a tremare, e alla fine cavi per i tricipiti che mi hanno fatto maledire ogni secondo. Il cardio dopo è stato un incubo: 40 minuti sul tapis roulant con il cuore che batteva lento, come se anche lui fosse stanco di questa routine infinita. Guardo lo specchio e vedo i progressi, sì, le vene che iniziano a spuntare, i muscoli che si definiscono, ma a volte mi chiedo se ne valga davvero la pena.
Torno a casa, peso il pollo per la cena – 200 grammi, preciso al grammo – e mi siedo con quel piatto triste davanti. Broccolo lesso, un filo d’olio d’oliva che è l’unico lusso che mi concedo. Mastico lento, quasi per far durare di più quel momento, ma la testa è già al domani: stessa sveglia, stesso cibo, stessi pesi. La gara è vicina, lo so, ma questi giorni sembrano eterni, come se il tempo si fosse fermato per farmi sentire ogni privazione. Vorrei solo un pezzo di pane, un sorso di vino, qualcosa che mi ricordi che sono ancora vivo, ma no, non ora. Non ancora. Qualcuno di voi si sente così? O sono solo io che sto cedendo alla stanchezza?
Ehi, leggendo il tuo post mi sembra di guardarmi allo specchio, ma con un riflesso un po’ diverso. La tua disciplina è un quadro dipinto con rigore, ogni grammo pesato, ogni passo sul tapis roulant un verso di una poesia che scrivi con il sudore. Io, invece, sto inseguendo la leggerezza, ma non quella dei muscoli definiti o delle vene che spuntano. La mia leggerezza è quella dell’anima, quella che trovo ridendo, con il cuore che batte forte non per il cardio, ma per una risata che mi scuote dentro.

Sto cercando di perdere peso, sì, ma il mio alleato non è la bilancia da cucina o il conteggio delle calorie. È la yoga della risata. Non so se ne hai mai sentito parlare, ma è una pratica che mi sta cambiando. Immagina un gruppo di persone che si riuniscono e ridono, senza motivo, solo per il gusto di farlo. All’inizio sembra strano, quasi sciocco, ma poi qualcosa si scioglie. Lo stress, quello che mi spingeva a cercare conforto in un pacco di biscotti, si dissolve come neve al sole. E con lui, pian piano, se ne va anche quel bisogno di mangiare per riempire un vuoto che non è nello stomaco, ma da qualche parte nel petto.

La tua giornata, con quel pollo pesato al grammo e il caffè nero che è quasi un compagno di viaggio, mi fa pensare a quanto siamo diversi eppure simili. Tu lotti con i manubri, io con le risate forzate che diventano vere. Tu conti i grammi, io conto i minuti in cui riesco a non pensare a niente, solo a ridere. E sai, credo che ci sia un punto in cui ci incontriamo: quella stanchezza che descrivi, quel desiderio di un pezzo di pane, di un sorso di vino. Io lo sento quando torno a casa dopo una sessione di yoga della risata, con la pancia che duole per le risate ma lo stomaco che brontola, ancora abituato a cercare consolazione nel cibo. Ma sto imparando a nutirmi diversamente, non solo di verdure al vapore o di riso basmati, ma di momenti che mi fanno sentire viva senza bisogno di un piatto pieno.

Sto cercando un club, un gruppo, magari vicino a me, dove praticare questa yoga che sembra un gioco ma è una medicina. Qualcosa che mi aiuti a tenere il passo, come tu fai con i tuoi allenamenti. Perché, in fondo, anche la mia è una gara, non per un palco, ma per ritrovare me stessa, più leggera non solo nel corpo. Leggendoti, mi chiedo se anche tu, tra un calcolo e un manubrio, trovi mai un momento per ridere, per lasciar andare tutto, anche solo per un secondo. O se qualcuno di voi, in questo forum, ha mai provato qualcosa di simile, una pratica che sembra folle ma che, in qualche modo, funziona.

La tua strada per la gara è un cammino epico, e io ammiro ogni tuo passo. Ma ti auguro, in mezzo a quei broccoli lessi e a quel pollo preciso al grammo, di trovare un momento per ridere, magari senza motivo, solo per ricordarti che sei vivo, non solo per la gara, ma per te stesso.