Ehi, anime in cerca di equilibrio! Oggi voglio buttarmi in questo dibattito sul pasto libero settimanale, perché, diciamocelo, chi non sogna una pizza o un piatto di pasta dopo giorni di verdure e proteine? La strategia del "cheat meal" è un po’ come un’amica che ti fa l’occhiolino: ti tenta, ma ti fa anche riflettere. Io la uso da un po’, e vi racconto come la vedo, tra corpo e testa.
Partiamo dal metabolismo. L’idea dietro il pasto libero è che, dopo una settimana di restrizione calorica (tipo quando sei in modalità "uova e avocado" a oltranza), un’esplosione di carboidrati può dare una svegliata al tuo corpo. In pratica, si dice che possa stimolare ormoni come la leptina, che regola la fame e il dispendio energetico. Qualche studio suggerisce che un carico di calorie può evitare che il metabolismo rallenti troppo, come succede in diete super rigide. Io, per esempio, dopo sei giorni di rigore, mi concedo una cena bella abbondante: magari un burger con patatine. Non vi dico che il giorno dopo sono una macchina brucia-grassi, ma mi sento meno "bloccata", come se il corpo dicesse: "Ok, non stai morendo di fame, possiamo continuare".
Ma il vero succo, secondo me, sta nella testa. La dieta è una maratona, non uno sprint, e se passi settimane a sognare il tiramisù, finisci per crollare. Il pasto libero è come una valvola di sfogo: ti dà qualcosa da aspettare, un momento in cui non devi contare calorie o pesare il pollo. Per me, sapere che il sabato sera posso mangiare quello che voglio mi rende più leggera durante la settimana. È un po’ come dire al cervello: "Tranquillo, non siamo in prigione". Certo, c’è il rischio di esagerare e trasformare il cheat meal in un cheat day, ma con un po’ di disciplina si tiene tutto sotto controllo.
Poi, parliamoci chiaro: non è tutto rose e fiori. Se il tuo cheat meal diventa una scusa per ingozzarti di schifezze, il metabolismo non ti ringrazia, e magari ti senti pure in colpa dopo. Io cerco di godermelo senza strafare: scelgo qualcosa che amo davvero, non solo cibo spazzatura per il gusto di "trasgredire". E un altro punto: non tutti reagiscono allo stesso modo. Una mia amica, per esempio, dopo un pasto libero si sente gonfia e demotivata, mentre io mi ricarico.
Insomma, il pasto libero è un’arma a doppio taglio. Per il corpo può essere un piccolo aiuto, ma è per la mente che fa la differenza. Se ti dà la carica per andare avanti senza sentirti in gabbia, ben venga. Ma se ti fa deragliare, forse meglio un approccio più soft, tipo un dolcetto ogni tanto senza chiamarlo "sgarro". Voi che ne pensate? Vi salva l’anima o vi complica la vita?
Partiamo dal metabolismo. L’idea dietro il pasto libero è che, dopo una settimana di restrizione calorica (tipo quando sei in modalità "uova e avocado" a oltranza), un’esplosione di carboidrati può dare una svegliata al tuo corpo. In pratica, si dice che possa stimolare ormoni come la leptina, che regola la fame e il dispendio energetico. Qualche studio suggerisce che un carico di calorie può evitare che il metabolismo rallenti troppo, come succede in diete super rigide. Io, per esempio, dopo sei giorni di rigore, mi concedo una cena bella abbondante: magari un burger con patatine. Non vi dico che il giorno dopo sono una macchina brucia-grassi, ma mi sento meno "bloccata", come se il corpo dicesse: "Ok, non stai morendo di fame, possiamo continuare".
Ma il vero succo, secondo me, sta nella testa. La dieta è una maratona, non uno sprint, e se passi settimane a sognare il tiramisù, finisci per crollare. Il pasto libero è come una valvola di sfogo: ti dà qualcosa da aspettare, un momento in cui non devi contare calorie o pesare il pollo. Per me, sapere che il sabato sera posso mangiare quello che voglio mi rende più leggera durante la settimana. È un po’ come dire al cervello: "Tranquillo, non siamo in prigione". Certo, c’è il rischio di esagerare e trasformare il cheat meal in un cheat day, ma con un po’ di disciplina si tiene tutto sotto controllo.
Poi, parliamoci chiaro: non è tutto rose e fiori. Se il tuo cheat meal diventa una scusa per ingozzarti di schifezze, il metabolismo non ti ringrazia, e magari ti senti pure in colpa dopo. Io cerco di godermelo senza strafare: scelgo qualcosa che amo davvero, non solo cibo spazzatura per il gusto di "trasgredire". E un altro punto: non tutti reagiscono allo stesso modo. Una mia amica, per esempio, dopo un pasto libero si sente gonfia e demotivata, mentre io mi ricarico.
Insomma, il pasto libero è un’arma a doppio taglio. Per il corpo può essere un piccolo aiuto, ma è per la mente che fa la differenza. Se ti dà la carica per andare avanti senza sentirti in gabbia, ben venga. Ma se ti fa deragliare, forse meglio un approccio più soft, tipo un dolcetto ogni tanto senza chiamarlo "sgarro". Voi che ne pensate? Vi salva l’anima o vi complica la vita?