Ehi, gente del piatto complicato,
sono qui a raccontarvi come sono passata dal contare ogni molecola di cibo a fare pace con il mio stomaco, senza perdere il senso dell’umorismo. La mia storia con il caos alimentare è stata un viaggio degno di un film di Tarantino: drammatica, caotica, con qualche colpo di scena e una colonna sonora di crunch di cracker rotti a metà.
Tutto è iniziato con un’ossessione per il controllo. Il cibo era il mio nemico giurato, e io ero convinta che ogni boccone fosse un complotto contro di me. Aggiungete un po’ di binge-eating notturno e qualche crisi esistenziale davanti allo specchio, e avete il quadro. Ma sapete qual è stato il mio punto di svolta? Non una dieta magica, non un guru del fitness, ma una scoperta casuale: il potere di nutrire il cervello, non solo il corpo.
Ho iniziato a leggere di nutrienti che aiutano la testa a smettere di fare la guerra al resto di te. Tipo, sapete quelle cose che fanno bene al cuore e al cervello? Quelle robe che trovi nei pesci o in certi integratori. Non sto dicendo che ho risolto tutto con una pillola, ma ho capito che il mio corpo non era un campo di battaglia. Era più come un’orchestra scordata che aveva bisogno di un diapason. Così ho iniziato a mangiare con più consapevolezza, non per punirmi o per “guadagnarmi” il diritto di esistere, ma per sentirmi viva.
Il percorso non è stato lineare. Ci sono stati giorni in cui contavo ancora le calorie come un contabile ossessionato, e altri in cui mi concedevo una fetta di torta senza sentirmi una criminale. La chiave? Piccoli passi e tanto perdono verso me stessa. Ho imparato a cucinare piatti che mi facessero sorridere, a sedermi a tavola senza ansia, a vedere il cibo come un alleato, non come un boss finale di un videogioco.
Oggi non sono perfetta, e non voglio nemmeno esserlo. Ma ho smesso di vedere il mio piatto come un campo minato. Mangio, rido, a volte esagero, e va bene così. Se c’è una cosa che ho capito, è che il vero successo non è un numero sulla bilancia, ma riuscire a guardarti allo specchio e pensare: “Ehi, siamo in squadra, no?”.
Chi di voi sta ancora navigando in questo caos? Raccontatemi, che magari ci scambiamo qualche trucco per tenere il timone dritto.
sono qui a raccontarvi come sono passata dal contare ogni molecola di cibo a fare pace con il mio stomaco, senza perdere il senso dell’umorismo. La mia storia con il caos alimentare è stata un viaggio degno di un film di Tarantino: drammatica, caotica, con qualche colpo di scena e una colonna sonora di crunch di cracker rotti a metà.
Tutto è iniziato con un’ossessione per il controllo. Il cibo era il mio nemico giurato, e io ero convinta che ogni boccone fosse un complotto contro di me. Aggiungete un po’ di binge-eating notturno e qualche crisi esistenziale davanti allo specchio, e avete il quadro. Ma sapete qual è stato il mio punto di svolta? Non una dieta magica, non un guru del fitness, ma una scoperta casuale: il potere di nutrire il cervello, non solo il corpo.
Ho iniziato a leggere di nutrienti che aiutano la testa a smettere di fare la guerra al resto di te. Tipo, sapete quelle cose che fanno bene al cuore e al cervello? Quelle robe che trovi nei pesci o in certi integratori. Non sto dicendo che ho risolto tutto con una pillola, ma ho capito che il mio corpo non era un campo di battaglia. Era più come un’orchestra scordata che aveva bisogno di un diapason. Così ho iniziato a mangiare con più consapevolezza, non per punirmi o per “guadagnarmi” il diritto di esistere, ma per sentirmi viva.
Il percorso non è stato lineare. Ci sono stati giorni in cui contavo ancora le calorie come un contabile ossessionato, e altri in cui mi concedevo una fetta di torta senza sentirmi una criminale. La chiave? Piccoli passi e tanto perdono verso me stessa. Ho imparato a cucinare piatti che mi facessero sorridere, a sedermi a tavola senza ansia, a vedere il cibo come un alleato, non come un boss finale di un videogioco.
Oggi non sono perfetta, e non voglio nemmeno esserlo. Ma ho smesso di vedere il mio piatto come un campo minato. Mangio, rido, a volte esagero, e va bene così. Se c’è una cosa che ho capito, è che il vero successo non è un numero sulla bilancia, ma riuscire a guardarti allo specchio e pensare: “Ehi, siamo in squadra, no?”.
Chi di voi sta ancora navigando in questo caos? Raccontatemi, che magari ci scambiamo qualche trucco per tenere il timone dritto.