Mangiare fuori dopo il divorzio: dal gelato consolatorio alla pizza con gli amici (e qualche chilo in meno)

6 Marzo 2025
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Ehi, ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi riesce ancora a guardarsi allo specchio senza urlare. Sono qui, un altro giorno a contare calorie come se fosse un gioco a premi, ma il premio è solo sentirmi un po’ meno un disastro ambulante. Mangiare fuori dopo il divorzio è un viaggio, ve lo dico. All’inizio era tutto un “prendo il gelato più grande che avete, tanto chi mi giudica ormai?”. Mi vedevo lì, con il cucchiaio in mano, a pensare che il cioccolato fondente capisse i miei problemi meglio di chiunque altro. E invece no, sorpresa: i pantaloni non mentono, e nemmeno la bilancia.
Poi qualcosa è scattato. Non so se è stato il terzo gelato di fila o il fatto che mi sono stufata di sentirmi una comparsa nella mia stessa vita. Così ho iniziato a cambiare, un passo alla volta. Ora mangiare fuori è una specie di sfida personale: pizza con gli amici sì, ma non mi serve mezzo menù per sentirmi viva. Ordino una margherita e magari una birra leggera, e non mi sento più quella che deve riempire un vuoto con mozzarella extra. Certo, ogni tanto la tentazione c’è. Passo davanti a un ristorante e penso “un tiramisù non ha mai ucciso nessuno, no?”. Ma poi mi ricordo che sto facendo questo per me, non per dimostrare qualcosa a chi non c’è più.
La cosa buffa è che gli amici lo notano. “Ma hai perso peso?”, mi chiedono, come se fosse un mistero da Sherlock Holmes. E io, con un sorrisetto, rispondo “sì, qualche chilo e un ex di troppo”. Mangiare fuori è diventato un modo per ritrovarmi, non per perdermi. Prima era un anestetico, ora è un’occasione: stare con gente, ridere, godermi una serata senza sentirmi in colpa per ogni boccone. Non fraintendetemi, non sono diventata una di quelle fissate che pesano l’insalata al tavolo, ma diciamo che ho imparato a scegliere. E non parlo solo di cibo.
Insomma, il divorzio mi ha lasciato con un sacco di cose da sistemare, ma almeno ora so che una cena fuori non deve essere una tragedia greca. E voi, come ve la cavate quando il cameriere arriva con il menù e mille occhi che vi fissano? Dai, raccontate, che tanto qui siamo tutti sulla stessa barca, no? O almeno, sulla stessa bilancia.
 
Ehi, ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi riesce ancora a guardarsi allo specchio senza urlare. Sono qui, un altro giorno a contare calorie come se fosse un gioco a premi, ma il premio è solo sentirmi un po’ meno un disastro ambulante. Mangiare fuori dopo il divorzio è un viaggio, ve lo dico. All’inizio era tutto un “prendo il gelato più grande che avete, tanto chi mi giudica ormai?”. Mi vedevo lì, con il cucchiaio in mano, a pensare che il cioccolato fondente capisse i miei problemi meglio di chiunque altro. E invece no, sorpresa: i pantaloni non mentono, e nemmeno la bilancia.
Poi qualcosa è scattato. Non so se è stato il terzo gelato di fila o il fatto che mi sono stufata di sentirmi una comparsa nella mia stessa vita. Così ho iniziato a cambiare, un passo alla volta. Ora mangiare fuori è una specie di sfida personale: pizza con gli amici sì, ma non mi serve mezzo menù per sentirmi viva. Ordino una margherita e magari una birra leggera, e non mi sento più quella che deve riempire un vuoto con mozzarella extra. Certo, ogni tanto la tentazione c’è. Passo davanti a un ristorante e penso “un tiramisù non ha mai ucciso nessuno, no?”. Ma poi mi ricordo che sto facendo questo per me, non per dimostrare qualcosa a chi non c’è più.
La cosa buffa è che gli amici lo notano. “Ma hai perso peso?”, mi chiedono, come se fosse un mistero da Sherlock Holmes. E io, con un sorrisetto, rispondo “sì, qualche chilo e un ex di troppo”. Mangiare fuori è diventato un modo per ritrovarmi, non per perdermi. Prima era un anestetico, ora è un’occasione: stare con gente, ridere, godermi una serata senza sentirmi in colpa per ogni boccone. Non fraintendetemi, non sono diventata una di quelle fissate che pesano l’insalata al tavolo, ma diciamo che ho imparato a scegliere. E non parlo solo di cibo.
Insomma, il divorzio mi ha lasciato con un sacco di cose da sistemare, ma almeno ora so che una cena fuori non deve essere una tragedia greca. E voi, come ve la cavate quando il cameriere arriva con il menù e mille occhi che vi fissano? Dai, raccontate, che tanto qui siamo tutti sulla stessa barca, no? O almeno, sulla stessa bilancia.
Ehi, mi sa che ti capisco più di quanto vorrei. Quel passaggio dal gelato “tanto ormai chi se ne frega” alla pizza con gli amici senza sensi di colpa è un viaggio che conosco bene. Anche io, dopo il mio divorzio, mi sono ritrovato a fissare il frigo come se fosse il mio terapeuta. Poi, un giorno, ho tirato fuori la bici dal garage, quella che avevo abbandonato da chissà quanto, e ho deciso che era ora di pedalare via un po’ di quel peso – non solo quello sulla bilancia, ma anche quello che mi portavo dentro.

All’inizio non è stato facile. Mangiare fuori era una specie di roulette: o mi abbuffavo per dimenticare, o mi sentivo un alieno a ordinare solo un’insalata mentre gli altri si dividevano fritti e carbonara. Ma la bici ha cambiato tutto. Non è solo il fatto che bruci calorie – che pure aiuta, eh – ma è proprio il modo in cui ti fa sentire. Dopo una bella pedalata, magari su una strada di campagna con il vento in faccia, torni a casa e non hai più quella voglia di strafare con il cibo. Una margherita e una birra leggera? Perfetto. Non serve altro per goderti la serata.

Io ho iniziato così: piccole uscite, niente di estremo, giusto per muovermi. Poi è diventata una passione. Scoprire percorsi nuovi, scegliere il casco giusto, magari una maglia tecnica che non mi faccia sembrare un sacco di patate… è un mondo che mi ha preso. E i chili? Quelli sono scesi quasi senza accorgermene. Non dico che sia una magia, perché qualche rinuncia ci vuole, ma ora quando passo davanti a un bar e vedo un tiramisù non penso più “devo averlo”, ma “ok, magari dopo una salita me lo guadagno”.

Gli amici lo notano, proprio come dici tu. “Ma ti sei asciugato!” mi dicono, e io rido, perché sì, è vero, ma non è solo questione di peso. È che mi sento più me stesso. Mangiare fuori ora è un piacere, non un’arma a doppio taglio. Esco, sto con la gente, magari racconto di quella volta che ho bucato una gomma a dieci chilometri da casa e ho dovuto spingere la bici sotto il sole. E la bilancia? Beh, non è più il mio giudice supremo.

Tu parli di scegliere, e hai ragione. Io ho scelto la bici, e mi ha salvato da un sacco di serate a base di gelato e autocommiserazione. E tu, cosa ti sta aiutando a tenere il timone dritto quando il menù ti guarda con quegli occhi da “prendimi tutto”? Racconta, che magari mi dai qualche spunto per la prossima cena – o la prossima pedalata!
 
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Ehi, ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi riesce ancora a guardarsi allo specchio senza urlare. Sono qui, un altro giorno a contare calorie come se fosse un gioco a premi, ma il premio è solo sentirmi un po’ meno un disastro ambulante. Mangiare fuori dopo il divorzio è un viaggio, ve lo dico. All’inizio era tutto un “prendo il gelato più grande che avete, tanto chi mi giudica ormai?”. Mi vedevo lì, con il cucchiaio in mano, a pensare che il cioccolato fondente capisse i miei problemi meglio di chiunque altro. E invece no, sorpresa: i pantaloni non mentono, e nemmeno la bilancia.
Poi qualcosa è scattato. Non so se è stato il terzo gelato di fila o il fatto che mi sono stufata di sentirmi una comparsa nella mia stessa vita. Così ho iniziato a cambiare, un passo alla volta. Ora mangiare fuori è una specie di sfida personale: pizza con gli amici sì, ma non mi serve mezzo menù per sentirmi viva. Ordino una margherita e magari una birra leggera, e non mi sento più quella che deve riempire un vuoto con mozzarella extra. Certo, ogni tanto la tentazione c’è. Passo davanti a un ristorante e penso “un tiramisù non ha mai ucciso nessuno, no?”. Ma poi mi ricordo che sto facendo questo per me, non per dimostrare qualcosa a chi non c’è più.
La cosa buffa è che gli amici lo notano. “Ma hai perso peso?”, mi chiedono, come se fosse un mistero da Sherlock Holmes. E io, con un sorrisetto, rispondo “sì, qualche chilo e un ex di troppo”. Mangiare fuori è diventato un modo per ritrovarmi, non per perdermi. Prima era un anestetico, ora è un’occasione: stare con gente, ridere, godermi una serata senza sentirmi in colpa per ogni boccone. Non fraintendetemi, non sono diventata una di quelle fissate che pesano l’insalata al tavolo, ma diciamo che ho imparato a scegliere. E non parlo solo di cibo.
Insomma, il divorzio mi ha lasciato con un sacco di cose da sistemare, ma almeno ora so che una cena fuori non deve essere una tragedia greca. E voi, come ve la cavate quando il cameriere arriva con il menù e mille occhi che vi fissano? Dai, raccontate, che tanto qui siamo tutti sulla stessa barca, no? O almeno, sulla stessa bilancia.
Ehi, mi rivedo un sacco in quello che dici. Anche io dopo il divorzio ero in modalità "gelato terapia", ma poi ho capito che stavo solo affogando i pensieri in zuccheri. Ora, quando esco con gli amici, punto su qualcosa di semplice, tipo una grigliata di carne o verdure, che mi fa sentire bene senza appesantirmi. Non è una regola ferrea, ma scegliere cibi più naturali mi ha aiutato a stare meglio, non solo col corpo ma anche con la testa. La cosa bella? Mi godo la serata e torno a casa senza rimpianti. Tu come fai a resistere al richiamo del dessert?
 
Ehi, che viaggio il tuo racconto! Mi ci ritrovo, sai? Anche io dopo un periodo nero ho smesso di consolarmi col cibo e ho trovato nel pole dance la mia svolta. È pazzesco come ballare sul palo ti faccia sentire forte, non solo nel corpo ma proprio dentro. Quando esco, ora scelgo piatti leggeri, tipo un’insalata con del pollo grigliato, e mi godo la compagnia senza pensare alla bilancia. Il dessert? Lo guardo, sorrido e penso che la mia energia in pista vale più di una fetta di torta. Tu come tieni alta la motivazione quando sei fuori?