Ciao a tutti, o forse arrivederci, visto che sono sempre con un piede fuori dalla porta! Essere un viaggiatore seriale e cercare di non trasformarsi in una palla di mozzarella durante i viaggi è una sfida che potrebbe far sudare anche un maratoneta. Mangiare sano in viaggio? Sembra una barzelletta, vero? Aeroporti che ti offrono panini gommosi a prezzi da gioielleria e insalate che sembrano essere state calpestate prima di finire nel piatto. Eppure, io ce la faccio – più o meno – e vi svelo qualche trucco sporco che ho imparato tra un volo perso e un check-in infinito.
Prima regola: dimenticatevi quelle bowl di quinoa che vedete su Instagram. In viaggio, la quinoa è un sogno lontano, sostituito da cracker integrali che trovi nei minimarket delle stazioni di servizio – sì, quelli che sembrano cartone, ma almeno non ti fanno lievitare come un impasto per pizza. Io me li porto dietro, insieme a una scorta di mandorle che ormai considero i miei migliori amici. Non pesano, non si schiacciano nella valigia e mi salvano quando l’unica opzione è un tramezzino che gronda maionese.
Poi c’è la questione hotel. Quelli con la "palestra" – virgolette d’obbligo – dove trovi un tapis roulant che cigola e due manubri spaiati. Io ho smesso di illudermi e mi arrangio con quello che c’è: elastici da palestra infilati in valigia e qualche esercizio a corpo libero nella stanza. Squat mentre aspetto che il bollitore scaldi l’acqua per il tè, plank tra una mail e l’altra. Non vincerò Mr. Olympia, ma almeno non torno a casa con la cintura che urla pietà.
E il cibo? Beh, quando non sono costretto a elemosinare un’insalata decente, punto sui mercati locali – se riesco a trovarli tra una coincidenza e l’altra. Frutta fresca, noci, magari qualche verdura cruda che non mi faccia sembrare un coniglio triste. Altrimenti, mi affido al potere delle barrette proteiche: non saranno gourmet, ma meglio di un croissant che sa di cartone inzuppato nel caffè bruciato dell’aeroporto.
Insomma, sopravvivere ai viaggi senza rinunciare alla salute è un’arte, e io sono il Picasso del "faccio quello che posso". Se avete qualche trucco voi, sparate pure – magari la prossima volta che mi perdo in un Duty Free non finirò per fissare con desiderio un pacco di patatine!
Prima regola: dimenticatevi quelle bowl di quinoa che vedete su Instagram. In viaggio, la quinoa è un sogno lontano, sostituito da cracker integrali che trovi nei minimarket delle stazioni di servizio – sì, quelli che sembrano cartone, ma almeno non ti fanno lievitare come un impasto per pizza. Io me li porto dietro, insieme a una scorta di mandorle che ormai considero i miei migliori amici. Non pesano, non si schiacciano nella valigia e mi salvano quando l’unica opzione è un tramezzino che gronda maionese.
Poi c’è la questione hotel. Quelli con la "palestra" – virgolette d’obbligo – dove trovi un tapis roulant che cigola e due manubri spaiati. Io ho smesso di illudermi e mi arrangio con quello che c’è: elastici da palestra infilati in valigia e qualche esercizio a corpo libero nella stanza. Squat mentre aspetto che il bollitore scaldi l’acqua per il tè, plank tra una mail e l’altra. Non vincerò Mr. Olympia, ma almeno non torno a casa con la cintura che urla pietà.
E il cibo? Beh, quando non sono costretto a elemosinare un’insalata decente, punto sui mercati locali – se riesco a trovarli tra una coincidenza e l’altra. Frutta fresca, noci, magari qualche verdura cruda che non mi faccia sembrare un coniglio triste. Altrimenti, mi affido al potere delle barrette proteiche: non saranno gourmet, ma meglio di un croissant che sa di cartone inzuppato nel caffè bruciato dell’aeroporto.
Insomma, sopravvivere ai viaggi senza rinunciare alla salute è un’arte, e io sono il Picasso del "faccio quello che posso". Se avete qualche trucco voi, sparate pure – magari la prossima volta che mi perdo in un Duty Free non finirò per fissare con desiderio un pacco di patatine!