Perché i viaggi mi fanno sempre sgarrare con il cibo?

_Hawk_

Membro
6 Marzo 2025
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Ragazzi, non ce la faccio più. Ogni volta che parto per un viaggio, è come se il mio cervello spegnesse ogni regola che mi sono dato. Perché i viaggi mi fanno sempre sgarrare con il cibo? Sul serio, non capisco. Passo settimane a organizzarmi, a pensare a come mangiare sano anche lontano da casa, e poi basta un aeroporto o una stazione di servizio per mandare tutto all’aria. Quei panini veloci, le patatine, il caffè con doppia panna perché “tanto sono in vacanza”… è un disastro. E non è solo una questione di tentazioni, è proprio la mentalità che cambia. Mi dico che sono in giro, che devo godermela, che non posso controllare tutto. Ma poi torno a casa, mi peso, e mi sale una rabbia che non vi dico.
In hotel è pure peggio. La colazione a buffet mi frega ogni volta: croissant, marmellate, pancetta… come faccio a resistere? E non mi venite a dire “prendi solo la frutta”, perché lo so, ci provo, ma dopo due giorni di riunioni o camminate infinite mi parte la fame nervosa e addio buone intenzioni. Poi ci sono i pranzi di lavoro, i menú fissi, le cene fuori perché “non puoi mica cucinare in viaggio”. È una lotta persa. Mi sento un fallito ogni volta che salgo su un aereo o apro la valigia in una stanza d’albergo.
E le palestre degli hotel? Una barzelletta. O sono minuscole con due attrezzi rotti, o sono così affollate che rinuncio subito. Provo a fare qualcosa all’aperto, ma tra il meteo, il jet lag e la stanchezza, finisce che mi arrendo e basta. Eppure so che potrei organizzarmi meglio, portarmi qualcosa di veloce e sano da casa, insistere con le abitudini. Ma niente, i viaggi mi trasformano in un altro, uno che non riconosco. Qualcuno ha lo stesso problema o sono l’unico che perde la testa appena mette piede fuori casa?
 
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Reazioni: Javisfe
Ciao a tutti, capisco perfettamente la tua frustrazione, perché anch’io ci sono passato. I viaggi hanno questo potere assurdo di farti deragliare, e ti senti quasi in colpa a dirlo, vero? Però lascia che ti racconti come il ciclismo mi ha aiutato a mettere un freno a quel caos alimentare che descrivi. Non dico sia la soluzione magica per tutti, ma potrebbe darti qualche spunto.

Quando ho iniziato a pedalare per perdere peso, i primi tempi ero proprio come te: uscivo per un giro lungo, magari in vacanza, e poi mi ritrovavo a divorare qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano. “Me lo merito”, pensavo, “ho bruciato calorie”. Ma la verità è che stavo sabotando me stesso. Poi ho capito una cosa: il trucco non è resistere alle tentazioni, ma costruirsi una routine che le tenga a bada, anche lontano da casa. Per me è stato integrare la bici ovunque andassi. Non parlo di portarmi dietro una bici da corsa in aereo, sia chiaro, ma di sfruttare quelle da noleggio o persino le bici degli hotel, quando decenti.

Ti faccio un esempio pratico. Una volta, in un viaggio di lavoro, invece di crollare davanti al buffet della colazione, ho preso una bici in affitto e ho fatto un giro di un’ora prima di iniziare la giornata. Risultato? Fame sì, ma controllata. Non avevo più quella voglia isterica di buttarmi sui croissant. Pedalare mi dava una specie di reset mentale: tornavo in camera, facevo una doccia, e mi sentivo già a posto con me stesso. Certo, non sempre è facile. Gli aeroporti sono una giungla, le stazioni di servizio un incubo, ma ho imparato a portarmi dietro qualcosa di sano: una manciata di mandorle, una barretta proteica fatta in casa, roba che non pesa e ti salva dall’attacco di fame. Non è da fanatici, è solo pratico.

Sul buffet degli hotel ti do ragione, è una trappola mortale. Io ho smesso di guardarlo come un “tutto o niente”. Se proprio voglio un croissant, lo prendo, ma lo bilancio con il resto della giornata. La bici mi ha insegnato a vedere il cibo come carburante, non come premio o punizione. E poi, diciamocelo, dopo un giro decente ti senti meno in colpa se sgarri un po’. Il punto è non mollare del tutto: tu parli di palestra in hotel o camminate, e già quello è un segnale che vuoi provarci. Magari invece di arrenderti al jet lag o al meteo, potresti cercare un modo per muoverti che ti piace davvero. Per me è stata la bici, per te potrebbe essere altro.

Il tuo problema non è solo il cibo, secondo me, ma quel senso di perdita di controllo. I viaggi ti sballano la testa perché ti senti fuori dalla tua zona sicura. Io ho risolto portando con me qualcosa che mi ricordasse casa: la mia passione per il ciclismo. Anche solo pianificare un giro veloce mi dava uno scopo, e non finivo più a mangiare schifezze per noia o stress. Non dico che devi diventare un ciclista folle come me, ma trovare un’ancora che ti tenga in carreggiata potrebbe fare la differenza. Tu che ne pensi, c’è qualcosa che potresti portare con te per non sentirti “un altro” quando sei via?
 
Ciao a tutti, capisco perfettamente la tua frustrazione, perché anch’io ci sono passato. I viaggi hanno questo potere assurdo di farti deragliare, e ti senti quasi in colpa a dirlo, vero? Però lascia che ti racconti come il ciclismo mi ha aiutato a mettere un freno a quel caos alimentare che descrivi. Non dico sia la soluzione magica per tutti, ma potrebbe darti qualche spunto.

Quando ho iniziato a pedalare per perdere peso, i primi tempi ero proprio come te: uscivo per un giro lungo, magari in vacanza, e poi mi ritrovavo a divorare qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano. “Me lo merito”, pensavo, “ho bruciato calorie”. Ma la verità è che stavo sabotando me stesso. Poi ho capito una cosa: il trucco non è resistere alle tentazioni, ma costruirsi una routine che le tenga a bada, anche lontano da casa. Per me è stato integrare la bici ovunque andassi. Non parlo di portarmi dietro una bici da corsa in aereo, sia chiaro, ma di sfruttare quelle da noleggio o persino le bici degli hotel, quando decenti.

Ti faccio un esempio pratico. Una volta, in un viaggio di lavoro, invece di crollare davanti al buffet della colazione, ho preso una bici in affitto e ho fatto un giro di un’ora prima di iniziare la giornata. Risultato? Fame sì, ma controllata. Non avevo più quella voglia isterica di buttarmi sui croissant. Pedalare mi dava una specie di reset mentale: tornavo in camera, facevo una doccia, e mi sentivo già a posto con me stesso. Certo, non sempre è facile. Gli aeroporti sono una giungla, le stazioni di servizio un incubo, ma ho imparato a portarmi dietro qualcosa di sano: una manciata di mandorle, una barretta proteica fatta in casa, roba che non pesa e ti salva dall’attacco di fame. Non è da fanatici, è solo pratico.

Sul buffet degli hotel ti do ragione, è una trappola mortale. Io ho smesso di guardarlo come un “tutto o niente”. Se proprio voglio un croissant, lo prendo, ma lo bilancio con il resto della giornata. La bici mi ha insegnato a vedere il cibo come carburante, non come premio o punizione. E poi, diciamocelo, dopo un giro decente ti senti meno in colpa se sgarri un po’. Il punto è non mollare del tutto: tu parli di palestra in hotel o camminate, e già quello è un segnale che vuoi provarci. Magari invece di arrenderti al jet lag o al meteo, potresti cercare un modo per muoverti che ti piace davvero. Per me è stata la bici, per te potrebbe essere altro.

Il tuo problema non è solo il cibo, secondo me, ma quel senso di perdita di controllo. I viaggi ti sballano la testa perché ti senti fuori dalla tua zona sicura. Io ho risolto portando con me qualcosa che mi ricordasse casa: la mia passione per il ciclismo. Anche solo pianificare un giro veloce mi dava uno scopo, e non finivo più a mangiare schifezze per noia o stress. Non dico che devi diventare un ciclista folle come me, ma trovare un’ancora che ti tenga in carreggiata potrebbe fare la differenza. Tu che ne pensi, c’è qualcosa che potresti portare con te per non sentirti “un altro” quando sei via?
Cavolo, leggendo il tuo post mi sono proprio rivista! È pazzesco come i viaggi abbiano questo effetto, no? Ti senti quasi in balia di tutto: buffet, ristoranti, quella voglia di "goderti la vacanza" che poi ti lascia con i sensi di colpa. Il tuo racconto della bici mi ha colpita, sai? Io non sono una ciclista, ma capisco quel bisogno di trovare un’ancora per non deragliare. E ti dico, per me questa cosa dell’ancora ha a che fare con una fissa che ho da un po’: la frutta, tipo le mele, che sembra una sciocchezza ma mi sta salvando.

Ti spiego. Quando viaggio, il caos alimentare mi travolge perché mi manca la mia routine. Prima finivo sempre col buttarmi su dolci o schifezze, perché, diciamocelo, un dessert in un posto nuovo sembra sempre una buona idea. Poi ho iniziato a portarmi dietro delle mele ovunque. Sembra una cosa da niente, ma per me è stato un game changer. Tipo, all’aeroporto, invece di cedere a un cornetto o a un pacchetto di patatine, tiro fuori una mela dalla borsa. Non è solo che mi riempie, ma mi dà quella sensazione di freschezza che mi calma la voglia di zuccheri. E poi, non so, mi fa sentire un po’ più in controllo, come se stessi facendo qualcosa di buono per me stessa, anche in mezzo al delirio di un viaggio.

Non dico che sia la soluzione universale, eh. Però magari tu hai il tuo ciclismo, io ho le mie mele. Per esempio, in hotel, quando vedo quei vassoi pieni di dolci, ormai ho il mio trucco: prendo una mela dal buffet, la taglio a fettine e ci metto sopra un cucchiaino di burro di mandorle che mi porto da casa. È come un dessert, ma senza il carico di calorie che poi mi fa sentire pesante. E se proprio voglio un dolce vero, cerco di bilanciare, come dici tu con la bici. Magari ne assaggio un pezzetto e poi mi fermo, perché so che ho la mia "ancora" che mi aspetta.

Il tuo punto sulla perdita di controllo mi ha fatto pensare. Hai ragione, i viaggi ti fanno sentire come se fossi un’altra persona, e per me la frutta è un modo per ricordarmi chi sono anche fuori casa. Tu col ciclismo hai trovato un modo per muoverti e stare bene, io con una cosa più semplice come una mela trovo il mio equilibrio. Forse potresti provare a mixare le due cose: un giro in bici e una mela come spuntino post-pedalata? Che ne pensi?