Ciao a tutti, oggi voglio raccontarvi come ho fatto a cambiare il mio corpo, anche se la genetica non era dalla mia parte. Non è stato facile, ve lo dico subito. Non sono una di quelle persone che perdono peso solo guardandosi allo specchio o mangiando un’insalata ogni tanto. Il mio corpo tende a trattenere tutto, ogni grammo, ogni curva. Ma ho deciso che non mi sarei arresa a questa scusa, e ho trovato un modo per far funzionare le cose: la visualizzazione.
All’inizio ero scettica. Pensavo fosse una di quelle cose da guru che ti dicono di “immaginare il successo” mentre sei sul divano a mangiare patatine. Invece no, funziona davvero, ma solo se lo fai bene. Ho preso un vecchio quaderno e ho iniziato a creare la mia “dimensione ideale”. Ho scritto il peso che volevo raggiungere, ho disegnato una silhouette di come volevo vedermi, ho attaccato foto di corpi che mi ispiravano - non modelle irraggiungibili, ma persone reali, con qualche imperfezione, ma toniche e forti. Ogni mattina, prima di colazione, guardavo quella pagina e mi chiedevo: “Cosa farebbe oggi quella versione di me?”. Non era solo un sogno, era un piano.
Poi ho aggiunto una tecnica che per me ha fatto la differenza: il dialogo interno. Quando la fame nervosa arrivava - e con me arriva spesso - mi fermavo e mi chiedevo: “Sto mangiando perché ho fame o perché sono annoiata?”. Nove volte su dieci era noia, stress, o abitudine. Allora mi alzavo, facevo dieci squat o una passeggiata veloce, e mi passava. Non è magia, è solo prendere il controllo di quel momento. La genetica può rendere tutto più lento, ma non decide al posto tuo.
Un esercizio che consiglio è questo: chiudete gli occhi e immaginatevi fra tre mesi. Non solo più magri, ma più energici, più sicuri. Sentite i vestiti che scivolano meglio, il respiro più leggero quando salite le scale. Fatelo ogni giorno, per due minuti. Vi giuro, cambia il modo in cui affrontate le scelte. Io lo facevo mentre preparavo la cena, e invece di buttarmi sulla pasta finivo per scegliere verdure grigliate senza nemmeno sentirmi in punizione.
Non vi sto dicendo che è facile. Ci sono giorni in cui il mio corpo sembra dire “non ce la fai, è inutile”. Ma poi guardo quel quaderno, vedo i progressi - anche piccoli - e mi ricordo che sto costruendo qualcosa. La genetica può essere un ostacolo, ma non è una sentenza. Oggi sono 12 chili sotto rispetto a un anno fa. Non è un miracolo, è lavoro. E la visualizzazione mi ha tenuto in pista quando volevo mollare. Provateci, non avete niente da perdere - tranne, magari, qualche chilo.
All’inizio ero scettica. Pensavo fosse una di quelle cose da guru che ti dicono di “immaginare il successo” mentre sei sul divano a mangiare patatine. Invece no, funziona davvero, ma solo se lo fai bene. Ho preso un vecchio quaderno e ho iniziato a creare la mia “dimensione ideale”. Ho scritto il peso che volevo raggiungere, ho disegnato una silhouette di come volevo vedermi, ho attaccato foto di corpi che mi ispiravano - non modelle irraggiungibili, ma persone reali, con qualche imperfezione, ma toniche e forti. Ogni mattina, prima di colazione, guardavo quella pagina e mi chiedevo: “Cosa farebbe oggi quella versione di me?”. Non era solo un sogno, era un piano.
Poi ho aggiunto una tecnica che per me ha fatto la differenza: il dialogo interno. Quando la fame nervosa arrivava - e con me arriva spesso - mi fermavo e mi chiedevo: “Sto mangiando perché ho fame o perché sono annoiata?”. Nove volte su dieci era noia, stress, o abitudine. Allora mi alzavo, facevo dieci squat o una passeggiata veloce, e mi passava. Non è magia, è solo prendere il controllo di quel momento. La genetica può rendere tutto più lento, ma non decide al posto tuo.
Un esercizio che consiglio è questo: chiudete gli occhi e immaginatevi fra tre mesi. Non solo più magri, ma più energici, più sicuri. Sentite i vestiti che scivolano meglio, il respiro più leggero quando salite le scale. Fatelo ogni giorno, per due minuti. Vi giuro, cambia il modo in cui affrontate le scelte. Io lo facevo mentre preparavo la cena, e invece di buttarmi sulla pasta finivo per scegliere verdure grigliate senza nemmeno sentirmi in punizione.
Non vi sto dicendo che è facile. Ci sono giorni in cui il mio corpo sembra dire “non ce la fai, è inutile”. Ma poi guardo quel quaderno, vedo i progressi - anche piccoli - e mi ricordo che sto costruendo qualcosa. La genetica può essere un ostacolo, ma non è una sentenza. Oggi sono 12 chili sotto rispetto a un anno fa. Non è un miracolo, è lavoro. E la visualizzazione mi ha tenuto in pista quando volevo mollare. Provateci, non avete niente da perdere - tranne, magari, qualche chilo.