Visualizza il tuo successo: come ho trasformato il mio corpo nonostante la genetica

kszychkk

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6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, oggi voglio raccontarvi come ho fatto a cambiare il mio corpo, anche se la genetica non era dalla mia parte. Non è stato facile, ve lo dico subito. Non sono una di quelle persone che perdono peso solo guardandosi allo specchio o mangiando un’insalata ogni tanto. Il mio corpo tende a trattenere tutto, ogni grammo, ogni curva. Ma ho deciso che non mi sarei arresa a questa scusa, e ho trovato un modo per far funzionare le cose: la visualizzazione.
All’inizio ero scettica. Pensavo fosse una di quelle cose da guru che ti dicono di “immaginare il successo” mentre sei sul divano a mangiare patatine. Invece no, funziona davvero, ma solo se lo fai bene. Ho preso un vecchio quaderno e ho iniziato a creare la mia “dimensione ideale”. Ho scritto il peso che volevo raggiungere, ho disegnato una silhouette di come volevo vedermi, ho attaccato foto di corpi che mi ispiravano - non modelle irraggiungibili, ma persone reali, con qualche imperfezione, ma toniche e forti. Ogni mattina, prima di colazione, guardavo quella pagina e mi chiedevo: “Cosa farebbe oggi quella versione di me?”. Non era solo un sogno, era un piano.
Poi ho aggiunto una tecnica che per me ha fatto la differenza: il dialogo interno. Quando la fame nervosa arrivava - e con me arriva spesso - mi fermavo e mi chiedevo: “Sto mangiando perché ho fame o perché sono annoiata?”. Nove volte su dieci era noia, stress, o abitudine. Allora mi alzavo, facevo dieci squat o una passeggiata veloce, e mi passava. Non è magia, è solo prendere il controllo di quel momento. La genetica può rendere tutto più lento, ma non decide al posto tuo.
Un esercizio che consiglio è questo: chiudete gli occhi e immaginatevi fra tre mesi. Non solo più magri, ma più energici, più sicuri. Sentite i vestiti che scivolano meglio, il respiro più leggero quando salite le scale. Fatelo ogni giorno, per due minuti. Vi giuro, cambia il modo in cui affrontate le scelte. Io lo facevo mentre preparavo la cena, e invece di buttarmi sulla pasta finivo per scegliere verdure grigliate senza nemmeno sentirmi in punizione.
Non vi sto dicendo che è facile. Ci sono giorni in cui il mio corpo sembra dire “non ce la fai, è inutile”. Ma poi guardo quel quaderno, vedo i progressi - anche piccoli - e mi ricordo che sto costruendo qualcosa. La genetica può essere un ostacolo, ma non è una sentenza. Oggi sono 12 chili sotto rispetto a un anno fa. Non è un miracolo, è lavoro. E la visualizzazione mi ha tenuto in pista quando volevo mollare. Provateci, non avete niente da perdere - tranne, magari, qualche chilo.
 
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Ciao a tutti, oggi voglio raccontarvi come ho fatto a cambiare il mio corpo, anche se la genetica non era dalla mia parte. Non è stato facile, ve lo dico subito. Non sono una di quelle persone che perdono peso solo guardandosi allo specchio o mangiando un’insalata ogni tanto. Il mio corpo tende a trattenere tutto, ogni grammo, ogni curva. Ma ho deciso che non mi sarei arresa a questa scusa, e ho trovato un modo per far funzionare le cose: la visualizzazione.
All’inizio ero scettica. Pensavo fosse una di quelle cose da guru che ti dicono di “immaginare il successo” mentre sei sul divano a mangiare patatine. Invece no, funziona davvero, ma solo se lo fai bene. Ho preso un vecchio quaderno e ho iniziato a creare la mia “dimensione ideale”. Ho scritto il peso che volevo raggiungere, ho disegnato una silhouette di come volevo vedermi, ho attaccato foto di corpi che mi ispiravano - non modelle irraggiungibili, ma persone reali, con qualche imperfezione, ma toniche e forti. Ogni mattina, prima di colazione, guardavo quella pagina e mi chiedevo: “Cosa farebbe oggi quella versione di me?”. Non era solo un sogno, era un piano.
Poi ho aggiunto una tecnica che per me ha fatto la differenza: il dialogo interno. Quando la fame nervosa arrivava - e con me arriva spesso - mi fermavo e mi chiedevo: “Sto mangiando perché ho fame o perché sono annoiata?”. Nove volte su dieci era noia, stress, o abitudine. Allora mi alzavo, facevo dieci squat o una passeggiata veloce, e mi passava. Non è magia, è solo prendere il controllo di quel momento. La genetica può rendere tutto più lento, ma non decide al posto tuo.
Un esercizio che consiglio è questo: chiudete gli occhi e immaginatevi fra tre mesi. Non solo più magri, ma più energici, più sicuri. Sentite i vestiti che scivolano meglio, il respiro più leggero quando salite le scale. Fatelo ogni giorno, per due minuti. Vi giuro, cambia il modo in cui affrontate le scelte. Io lo facevo mentre preparavo la cena, e invece di buttarmi sulla pasta finivo per scegliere verdure grigliate senza nemmeno sentirmi in punizione.
Non vi sto dicendo che è facile. Ci sono giorni in cui il mio corpo sembra dire “non ce la fai, è inutile”. Ma poi guardo quel quaderno, vedo i progressi - anche piccoli - e mi ricordo che sto costruendo qualcosa. La genetica può essere un ostacolo, ma non è una sentenza. Oggi sono 12 chili sotto rispetto a un anno fa. Non è un miracolo, è lavoro. E la visualizzazione mi ha tenuto in pista quando volevo mollare. Provateci, non avete niente da perdere - tranne, magari, qualche chilo.
Ciao! La tua storia mi ha davvero colpito, soprattutto perché anch’io sto affrontando questo percorso con la genetica che non aiuta. Io e mio marito abbiamo deciso di provarci insieme, e devo dire che avere qualcuno al mio fianco fa la differenza. Quello che racconti sulla visualizzazione mi piace un sacco, e mi sa che ruberò l’idea del quaderno. Noi abbiamo un approccio simile: ci siamo messi un obiettivo comune e ogni tanto ci sediamo a immaginare come saremo fra qualche mese, più leggeri e pieni di energia. Non è solo una questione di chili, ma di sentirsi bene.

Il dialogo interno di cui parli lo sto provando anch’io, soprattutto quando la voglia di uno spuntino serale mi chiama. Avere mio marito che mi guarda e mi dice “Dai, facciamo una tisana invece” mi salva spesso. Non è che mi controlla, è proprio una spinta in più a non cedere. La tua tecnica degli squat la provo di sicuro la prossima volta che mi parte la fame nervosa – meglio dieci piegamenti che dieci biscotti, no?

Quello che mi piace del nostro percorso a due è che ci teniamo su a vicenda. Se uno ha una giornata no, l’altro lo sprona. Tipo ieri: io volevo saltare la passeggiata, ma lui ha insistito, e alla fine mi sono sentita meglio. La genetica può rallentarmi, ma con il suo supporto e un po’ di testa non mi fermo. Siamo scesi di 8 chili in due mesi, non tantissimo, ma per noi è un bel passo. La tua storia mi ha dato una carica in più, grazie!
 
Ehi, la tua storia è una vera ispirazione! Mi ha preso proprio in pieno, perché anch’io combatto con un corpo che sembra non voler collaborare. Ho il diabete di tipo 2 e i miei ginocchi non sono più quelli di una volta, quindi ogni passo verso il cambiamento mi costa fatica doppia. Però leggerti mi ha fatto accendere una lampadina: quel quaderno di cui parli lo voglio fare anch’io. Non ci avevo mai pensato, ma scrivere come voglio sentirmi e guardarlo ogni giorno potrebbe essere la spinta che mi manca.

Il tuo trucco del dialogo interno mi ha colpita. Io spesso mangio per ansia, soprattutto la sera quando sono stanca e i medici mi hanno detto mille volte di stare attenta agli zuccheri. Proverò a fermarmi e chiedermi cosa sto facendo, magari aggiungendo quei dieci squat che dici tu – sempre che i miei ginocchi non protestino troppo! Il mio medico mi ha consigliato di muovermi di più, ma in modo leggero, tipo camminate o stretching, e il tuo racconto mi fa venir voglia di provarci sul serio.

Mi piace un sacco come hai trasformato un’idea semplice in qualcosa di concreto. Io e mio figlio stiamo cercando di cambiare un po’ le abitudini insieme – lui mi aiuta a cucinare cose sane e ogni tanto mi accompagna a fare due passi. Non è proprio come avere un diario di allenamenti, ma è il nostro modo di tenerci d’occhio a vicenda. Siamo scesi solo di 4 chili in tre mesi, ma per me, con i miei limiti, è già una vittoria. La tua energia mi ha fatto venir voglia di insistere, grazie davvero per aver condiviso!
 
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Ehi, la tua storia è una vera ispirazione! Mi ha preso proprio in pieno, perché anch’io combatto con un corpo che sembra non voler collaborare. Ho il diabete di tipo 2 e i miei ginocchi non sono più quelli di una volta, quindi ogni passo verso il cambiamento mi costa fatica doppia. Però leggerti mi ha fatto accendere una lampadina: quel quaderno di cui parli lo voglio fare anch’io. Non ci avevo mai pensato, ma scrivere come voglio sentirmi e guardarlo ogni giorno potrebbe essere la spinta che mi manca.

Il tuo trucco del dialogo interno mi ha colpita. Io spesso mangio per ansia, soprattutto la sera quando sono stanca e i medici mi hanno detto mille volte di stare attenta agli zuccheri. Proverò a fermarmi e chiedermi cosa sto facendo, magari aggiungendo quei dieci squat che dici tu – sempre che i miei ginocchi non protestino troppo! Il mio medico mi ha consigliato di muovermi di più, ma in modo leggero, tipo camminate o stretching, e il tuo racconto mi fa venir voglia di provarci sul serio.

Mi piace un sacco come hai trasformato un’idea semplice in qualcosa di concreto. Io e mio figlio stiamo cercando di cambiare un po’ le abitudini insieme – lui mi aiuta a cucinare cose sane e ogni tanto mi accompagna a fare due passi. Non è proprio come avere un diario di allenamenti, ma è il nostro modo di tenerci d’occhio a vicenda. Siamo scesi solo di 4 chili in tre mesi, ma per me, con i miei limiti, è già una vittoria. La tua energia mi ha fatto venir voglia di insistere, grazie davvero per aver condiviso!
Ehi, mi fa un sacco piacere che ti sia accesa quella scintilla leggendo la mia storia! Capisco bene la lotta con il corpo che rema contro, diabete e ginocchi inclusi – non è facile, ma già quei 4 chili con tuo figlio sono un gran segno di forza. Il quaderno può davvero fare la differenza, scrivi pure poco ma senti che è tuo. E quel dialogo interno con dieci squat? Anche solo provarci è un passo, magari adattalo ai tuoi limiti, tipo qualche movimento leggero che ti ha detto il medico. Le camminate con tuo figlio sono perfette per partire, poi chissà, potresti sorprenderti. Forza, continua così, hai già la grinta giusta!
 
Ciao a tutti, oggi voglio raccontarvi come ho fatto a cambiare il mio corpo, anche se la genetica non era dalla mia parte. Non è stato facile, ve lo dico subito. Non sono una di quelle persone che perdono peso solo guardandosi allo specchio o mangiando un’insalata ogni tanto. Il mio corpo tende a trattenere tutto, ogni grammo, ogni curva. Ma ho deciso che non mi sarei arresa a questa scusa, e ho trovato un modo per far funzionare le cose: la visualizzazione.
All’inizio ero scettica. Pensavo fosse una di quelle cose da guru che ti dicono di “immaginare il successo” mentre sei sul divano a mangiare patatine. Invece no, funziona davvero, ma solo se lo fai bene. Ho preso un vecchio quaderno e ho iniziato a creare la mia “dimensione ideale”. Ho scritto il peso che volevo raggiungere, ho disegnato una silhouette di come volevo vedermi, ho attaccato foto di corpi che mi ispiravano - non modelle irraggiungibili, ma persone reali, con qualche imperfezione, ma toniche e forti. Ogni mattina, prima di colazione, guardavo quella pagina e mi chiedevo: “Cosa farebbe oggi quella versione di me?”. Non era solo un sogno, era un piano.
Poi ho aggiunto una tecnica che per me ha fatto la differenza: il dialogo interno. Quando la fame nervosa arrivava - e con me arriva spesso - mi fermavo e mi chiedevo: “Sto mangiando perché ho fame o perché sono annoiata?”. Nove volte su dieci era noia, stress, o abitudine. Allora mi alzavo, facevo dieci squat o una passeggiata veloce, e mi passava. Non è magia, è solo prendere il controllo di quel momento. La genetica può rendere tutto più lento, ma non decide al posto tuo.
Un esercizio che consiglio è questo: chiudete gli occhi e immaginatevi fra tre mesi. Non solo più magri, ma più energici, più sicuri. Sentite i vestiti che scivolano meglio, il respiro più leggero quando salite le scale. Fatelo ogni giorno, per due minuti. Vi giuro, cambia il modo in cui affrontate le scelte. Io lo facevo mentre preparavo la cena, e invece di buttarmi sulla pasta finivo per scegliere verdure grigliate senza nemmeno sentirmi in punizione.
Non vi sto dicendo che è facile. Ci sono giorni in cui il mio corpo sembra dire “non ce la fai, è inutile”. Ma poi guardo quel quaderno, vedo i progressi - anche piccoli - e mi ricordo che sto costruendo qualcosa. La genetica può essere un ostacolo, ma non è una sentenza. Oggi sono 12 chili sotto rispetto a un anno fa. Non è un miracolo, è lavoro. E la visualizzazione mi ha tenuto in pista quando volevo mollare. Provateci, non avete niente da perdere - tranne, magari, qualche chilo.
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