Correre, nuotare, pedalare: il peso dell’anima trova equilibrio nel movimento

6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse no, magari è più un saluto silenzioso, un cenno del capo mentre ci incrociamo su un sentiero polveroso o lungo una corsia d’acqua. Mi ritrovo spesso a pensare al peso, non solo quello che la bilancia segna con i suoi numeri freddi, ma quello che porto dentro, che si mescola ai passi, al respiro, al ritmo delle pedivelle che girano. Correre, nuotare, pedalare: tre verbi che per me non sono solo movimenti, ma modi per dialogare con me stesso, per alleggerire l’anima quando il corpo si fa carico di troppe domande.
Non sono qui per darvi la ricetta perfetta, perché ognuno di noi ha un equilibrio da trovare, un punto in cui il sudore smette di essere fatica e diventa qualcos’altro, forse libertà. Io, per esempio, ho scoperto che il mio corpo risponde meglio quando lo nutro con intenzione, non solo con calorie contate. Mangio riso integrale e pollo dopo una lunga corsa, perché mi piace l’idea di ricostruire quello che ho speso, passo dopo passo. A volte, dopo una nuotata, mi concedo un po’ di frutta secca: mandorle o noci, qualcosa che tenga il motore acceso senza appesantirmi. E quando pedalo per ore, sotto un sole che brucia o una pioggia che mi inzuppa, porto con me barrette fatte in casa, con avena e miele, perché mi ricordano che anche il cibo può essere un compagno di viaggio.
Le mie settimane sono un intreccio di allenamenti. Corro tre volte, distanze diverse, a volte inseguendo il tramonto, altre sfidando l’alba. Nuoto due giorni, contando le bracciate come se fossero pensieri da mettere in ordine. E poi c’è la bici, il mio rifugio, che sia una salita ripida o una discesa che mi fa sentire il vento contro la pelle. Non è un piano rigido, ma un ritmo che si adatta alla vita, ai giorni in cui il corpo chiede di più e a quelli in cui mi supplica di rallentare.
Perdere peso, per me, non è mai stato solo questione di numeri. È un lasciare andare, un liberarsi di ciò che non serve, che sia grasso o pensieri che rallentano il passo. Ogni chilometro corso, ogni vasca nuotata, ogni pedalata è un modo per tornare a me stesso, per trovare un’armonia che non si misura in chili, ma in come mi sento quando mi fermo e respiro. Non so se sia filosofia o semplicemente il mio modo di vivere il movimento, ma credo che il corpo e l’anima si parlino, e che il peso, alla fine, sia solo una delle loro conversazioni.
E voi? Come trovate il vostro equilibrio tra ciò che lasciate andare e ciò che tenete con voi?
 
Ciao a tutti, o forse no, magari è più un saluto silenzioso, un cenno del capo mentre ci incrociamo su un sentiero polveroso o lungo una corsia d’acqua. Mi ritrovo spesso a pensare al peso, non solo quello che la bilancia segna con i suoi numeri freddi, ma quello che porto dentro, che si mescola ai passi, al respiro, al ritmo delle pedivelle che girano. Correre, nuotare, pedalare: tre verbi che per me non sono solo movimenti, ma modi per dialogare con me stesso, per alleggerire l’anima quando il corpo si fa carico di troppe domande.
Non sono qui per darvi la ricetta perfetta, perché ognuno di noi ha un equilibrio da trovare, un punto in cui il sudore smette di essere fatica e diventa qualcos’altro, forse libertà. Io, per esempio, ho scoperto che il mio corpo risponde meglio quando lo nutro con intenzione, non solo con calorie contate. Mangio riso integrale e pollo dopo una lunga corsa, perché mi piace l’idea di ricostruire quello che ho speso, passo dopo passo. A volte, dopo una nuotata, mi concedo un po’ di frutta secca: mandorle o noci, qualcosa che tenga il motore acceso senza appesantirmi. E quando pedalo per ore, sotto un sole che brucia o una pioggia che mi inzuppa, porto con me barrette fatte in casa, con avena e miele, perché mi ricordano che anche il cibo può essere un compagno di viaggio.
Le mie settimane sono un intreccio di allenamenti. Corro tre volte, distanze diverse, a volte inseguendo il tramonto, altre sfidando l’alba. Nuoto due giorni, contando le bracciate come se fossero pensieri da mettere in ordine. E poi c’è la bici, il mio rifugio, che sia una salita ripida o una discesa che mi fa sentire il vento contro la pelle. Non è un piano rigido, ma un ritmo che si adatta alla vita, ai giorni in cui il corpo chiede di più e a quelli in cui mi supplica di rallentare.
Perdere peso, per me, non è mai stato solo questione di numeri. È un lasciare andare, un liberarsi di ciò che non serve, che sia grasso o pensieri che rallentano il passo. Ogni chilometro corso, ogni vasca nuotata, ogni pedalata è un modo per tornare a me stesso, per trovare un’armonia che non si misura in chili, ma in come mi sento quando mi fermo e respiro. Non so se sia filosofia o semplicemente il mio modo di vivere il movimento, ma credo che il corpo e l’anima si parlino, e che il peso, alla fine, sia solo una delle loro conversazioni.
E voi? Come trovate il vostro equilibrio tra ciò che lasciate andare e ciò che tenete con voi?
Ehi, un saluto veloce, come se ci stessimo incrociando di corsa su un marciapiede stretto. Bello quello che dici, sai? Tutto questo parlare di anima, ritmo e movimento mi fa quasi venir voglia di filosofeggiare pure a me, ma alla fine resto uno pratico, con i piedi per terra e il portafoglio mezzo vuoto. Correre, nuotare, pedalare… sì, sono verbi poetici, ma per me sono anche un modo per non spendere un euro in palestra o robe complicate. Io l’equilibrio lo cerco gratis, o quasi, perché non ho mica i soldi per diete alla moda o integratori che promettono miracoli.

Tipo, dopo una corsa – che magari faccio al parco vicino casa, perché è lì e non costa niente – mi butto su un piatto di patate bollite e un uovo sodo. Roba semplice, che trovi al mercato senza svenarti. Se ho nuotato – e per me nuotare è la piscina comunale a due spicci – mi prendo una mela o una banana, che sono dolci, riempiono e non devi venderti un rene per comprarle. E quando pedalo, che sia sulla bici scassata che ho rimesso in sesto da solo, mi porto dietro un pezzo di pane integrale con un filo di marmellata fatta in casa. Niente barrette sofisticate, solo quello che ho in dispensa e che posso spalmare senza troppi pensieri.

Il movimento per me è un affare quotidiano, mica una scienza. Corro quando posso, spesso con scarpe che hanno visto giorni migliori, e mi piace sentire le gambe che spingono senza bisogno di chissà quale attrezzatura. Nuoto se ho un’ora libera e la piscina non è strapiena di gente che fa finta di allenarsi. La bici la tiro fuori quando voglio vedere qualcosa oltre il solito quartiere, e sì, magari sudo come un matto, ma è un sudore che non mi chiede di pagare l’abbonamento. Non conto calorie, non ho bilance smart: il mio trucco è muovermi tanto e mangiare quello che costa poco ma tiene in piedi.

Perdere peso? Boh, forse sì, ma non è che sto lì a fissare i numeri. È più un sentirsi meno appiccicoso, meno incastrato nei pantaloni dell’anno scorso. Ogni passo, ogni bracciata, ogni pedalata è un modo per scrollarmi di dosso la giornata, i pensieri pesanti, e pure qualche chilo se capita. Non ho la tua poesia, lo ammetto, ma il mio equilibrio è fatto di fatica gratuita e piatti che non mi mandano in rosso. E tu, dimmi, come te la cavi senza svuotare il conto in banca?
 
Ehi, un saluto veloce, come se ci stessimo incrociando di corsa su un marciapiede stretto. Bello quello che dici, sai? Tutto questo parlare di anima, ritmo e movimento mi fa quasi venir voglia di filosofeggiare pure a me, ma alla fine resto uno pratico, con i piedi per terra e il portafoglio mezzo vuoto. Correre, nuotare, pedalare… sì, sono verbi poetici, ma per me sono anche un modo per non spendere un euro in palestra o robe complicate. Io l’equilibrio lo cerco gratis, o quasi, perché non ho mica i soldi per diete alla moda o integratori che promettono miracoli.

Tipo, dopo una corsa – che magari faccio al parco vicino casa, perché è lì e non costa niente – mi butto su un piatto di patate bollite e un uovo sodo. Roba semplice, che trovi al mercato senza svenarti. Se ho nuotato – e per me nuotare è la piscina comunale a due spicci – mi prendo una mela o una banana, che sono dolci, riempiono e non devi venderti un rene per comprarle. E quando pedalo, che sia sulla bici scassata che ho rimesso in sesto da solo, mi porto dietro un pezzo di pane integrale con un filo di marmellata fatta in casa. Niente barrette sofisticate, solo quello che ho in dispensa e che posso spalmare senza troppi pensieri.

Il movimento per me è un affare quotidiano, mica una scienza. Corro quando posso, spesso con scarpe che hanno visto giorni migliori, e mi piace sentire le gambe che spingono senza bisogno di chissà quale attrezzatura. Nuoto se ho un’ora libera e la piscina non è strapiena di gente che fa finta di allenarsi. La bici la tiro fuori quando voglio vedere qualcosa oltre il solito quartiere, e sì, magari sudo come un matto, ma è un sudore che non mi chiede di pagare l’abbonamento. Non conto calorie, non ho bilance smart: il mio trucco è muovermi tanto e mangiare quello che costa poco ma tiene in piedi.

Perdere peso? Boh, forse sì, ma non è che sto lì a fissare i numeri. È più un sentirsi meno appiccicoso, meno incastrato nei pantaloni dell’anno scorso. Ogni passo, ogni bracciata, ogni pedalata è un modo per scrollarmi di dosso la giornata, i pensieri pesanti, e pure qualche chilo se capita. Non ho la tua poesia, lo ammetto, ma il mio equilibrio è fatto di fatica gratuita e piatti che non mi mandano in rosso. E tu, dimmi, come te la cavi senza svuotare il conto in banca?
Ehi, un cenno con la mano, come se ci vedessimo sul lungomare mentre ognuno va per la sua strada. Le tue parole sul movimento che alleggerisce l’anima mi hanno colpito, sai? È come se correndo o pedalando si potesse davvero lasciare indietro qualcosa, non solo chili, ma anche quel peso che ti si attacca dentro. Io però, a differenza tua, non posso buttarmi a capofitto in tutte queste attività. Ho il diabete di tipo 2 e le ginocchia che ogni tanto fanno i capricci, quindi il mio equilibrio è un po’ un gioco di incastri, tra quello che vorrei fare e quello che il corpo mi permette.

Il mio medico mi ha detto chiaro e tondo: muoviti, ma con calma, e mangia in modo che la glicemia non faccia le montagne russe. Correre per me è più una camminata veloce, magari 40 minuti nel parco vicino casa, dove posso ascoltare il rumore degli alberi e non pensare a niente. Nuotare è la mia salvezza: due volte a settimana in piscina, bracciate lente, perché l’acqua mi sostiene e le ginocchia non si lamentano. La bici? Ci sto provando, ma per ora è più una pedalata tranquilla in pianura, con una bici presa in prestito da un amico, niente di sofisticato.

Per il cibo, seguo i consigli della nutrizionista senza impazzire. Dopo una camminata, mi piace preparare qualcosa di semplice, tipo un’insalata con pomodori, cetrioli e un po’ di tacchino grigliato. Se ho nuotato, magari aggiungo una fettina di pane integrale con un velo di crema di avocado – non troppo, perché il mio medico dice di non esagerare con i grassi, anche se sono “buoni”. Quando pedalo, porto con me una manciata di mandorle e qualche fettina di mela, che mi danno energia senza appesantirmi. Non sono uno da barrette o integratori, anche perché il budget è quello che è, e preferisco spendere poco e mangiare cose vere.

Perdere peso per me non è solo una questione di bilancia, anche se il medico mi tiene d’occhio. È più sentirmi meno stanco, avere la glicemia più stabile, riuscire a salire le scale senza sbuffare. Ogni passo, ogni bracciata, è un modo per prendermi cura di me, anche se devo andare piano. Non ho la tua poesia, ma il mio movimento è un dialogo con il mio corpo, un modo per dirgli “ok, ci proviamo insieme”. E tu, come fai a incastrare il movimento con la vita di tutti i giorni, magari quando la salute ti mette i bastoni tra le ruote?