Dimagrire per ritrovare la pace: un viaggio oltre il corpo

6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi si ferma un attimo a leggere tra un pensiero e l’altro. Io sono qui, in questo strano viaggio che è iniziato quasi per caso. Non è stata la bilancia a spingermi, non proprio. È stata quella sensazione, sapete, quel peso che non si vede ma si sente, quel nodo di ansia che mi stringeva il petto ogni giorno. Poi ho capito: dimagrire non era solo una questione di corpo, ma di testa, di anima.
All’inizio pensavo fosse una follia, una di quelle idee che ti vengono quando sei stanco di tutto. Ma poi, passo dopo passo, ho notato che qualcosa cambiava. Mangiavo meglio, sì, perché con il mio metabolismo lento – colpa di un tiroide che fa i capricci – non avevo scelta. Verdure, proteine magre, niente zuccheri che mi mandavano in tilt. Ma non era solo quello. Era il rituale, il prendermi cura di me, il dire "oggi scelgo di stare bene". E sapete una cosa? Funziona. L’ansia si è fatta più leggera, come se ogni chilo perso portasse via un pensiero nero.
Non fraintendetemi, non è una magia. Ci sono giorni in cui la testa urla più forte dello stomaco, in cui il divano sembra l’unico rifugio. Ma poi mi ricordo perché ho iniziato: non per entrare in una taglia più piccola, ma per ritrovare una pace che non sapevo di aver perso. È un viaggio lento, come una passeggiata in salita, ma ogni tanto mi giro indietro e vedo quanta strada ho fatto. E non parlo solo di numeri.
Un consiglio, se me lo permettete: ascoltatevi. Non seguite diete assurde o mode passeggere. Trovate il vostro ritmo, quello che vi fa sentire vivi. Per me è stato imparare a cucinare piatti semplici ma pieni di sapore, camminare all’aria aperta, respirare. La bilancia scende, sì, ma la vera vittoria è quando ti guardi allo specchio e non vedi solo un corpo, ma una mente che sta guarendo.
E voi, cosa vi spinge a continuare? Cosa avete scoperto di voi stessi in questo percorso? Io sono curiosa, perché alla fine, credo, non si tratta solo di perdere peso, ma di ritrovare qualcosa di più grande.
 
Ehi, ciao a chi c’è e a chi passa di sfuggita! Il tuo racconto mi ha colpita, sai? Quel peso che non si vede ma si sente lo conosco fin troppo bene, e mi piace come hai messo l’anima al centro di tutto. Niente bilancia che comanda, niente numeri che ti giudicano: solo tu, i tuoi passi e quella pace che piano piano si fa strada.

Io sono una di quelle che con le diete rigide proprio non ce la fa. Tutte quelle regole, quei "non si può", mi fanno venire voglia di mollare tutto e mangiarmi un tiramisù intero per dispetto! Per me funziona di più lasciar perdere i divieti e ascoltare cosa mi chiede il corpo. Intendiamoci, non è che dico sì a ogni capriccio – con un metabolismo che sembra andare in letargo pure d’estate, ci vuole un minimo di testa – ma non mi punisco. Se ho fame, mangio. Se voglio un dolce, me lo godo, ma magari dopo una passeggiata o un piatto di verdure che mi sazia senza appesantirmi.

La cosa bella? Non è solo il corpo che ringrazia, ma la testa. Niente più sensi di colpa o ansia da "oddio, ho sgarrato". È come se, smettendo di lottare contro me stessa, avessi trovato un equilibrio che non sapevo nemmeno di cercare. Certo, ci sono giorni in cui la pigrizia vince e il divano mi chiama come una sirena, ma poi mi ricordo che stare bene non è una gara: è un regalo che mi faccio.

Mi piace il tuo "ritmo che fa sentire vivi". Per me è cucinare con calma, magari con un’amica o anche da sola, oppure uscire a camminare senza meta, solo per respirare. E tu, cosa ti tiene accesa in questo viaggio? Cosa ti fa dire "sì, ne vale la pena"? Raccontami, che sono curiosa! Alla fine, hai ragione: non si tratta di chili, ma di ritrovare un pezzo di noi che si era perso chissà dove.
 
Ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi si ferma un attimo a leggere tra un pensiero e l’altro. Io sono qui, in questo strano viaggio che è iniziato quasi per caso. Non è stata la bilancia a spingermi, non proprio. È stata quella sensazione, sapete, quel peso che non si vede ma si sente, quel nodo di ansia che mi stringeva il petto ogni giorno. Poi ho capito: dimagrire non era solo una questione di corpo, ma di testa, di anima.
All’inizio pensavo fosse una follia, una di quelle idee che ti vengono quando sei stanco di tutto. Ma poi, passo dopo passo, ho notato che qualcosa cambiava. Mangiavo meglio, sì, perché con il mio metabolismo lento – colpa di un tiroide che fa i capricci – non avevo scelta. Verdure, proteine magre, niente zuccheri che mi mandavano in tilt. Ma non era solo quello. Era il rituale, il prendermi cura di me, il dire "oggi scelgo di stare bene". E sapete una cosa? Funziona. L’ansia si è fatta più leggera, come se ogni chilo perso portasse via un pensiero nero.
Non fraintendetemi, non è una magia. Ci sono giorni in cui la testa urla più forte dello stomaco, in cui il divano sembra l’unico rifugio. Ma poi mi ricordo perché ho iniziato: non per entrare in una taglia più piccola, ma per ritrovare una pace che non sapevo di aver perso. È un viaggio lento, come una passeggiata in salita, ma ogni tanto mi giro indietro e vedo quanta strada ho fatto. E non parlo solo di numeri.
Un consiglio, se me lo permettete: ascoltatevi. Non seguite diete assurde o mode passeggere. Trovate il vostro ritmo, quello che vi fa sentire vivi. Per me è stato imparare a cucinare piatti semplici ma pieni di sapore, camminare all’aria aperta, respirare. La bilancia scende, sì, ma la vera vittoria è quando ti guardi allo specchio e non vedi solo un corpo, ma una mente che sta guarendo.
E voi, cosa vi spinge a continuare? Cosa avete scoperto di voi stessi in questo percorso? Io sono curiosa, perché alla fine, credo, non si tratta solo di perdere peso, ma di ritrovare qualcosa di più grande.
Ehi, non proprio un "ciao" entusiasta, ma ci siamo. Capisco quel nodo al petto, quel peso che non spiega la bilancia. Io sono in piena preparazione per una gara di bodybuilding, quindi la mia vita ora è proteine, verdure al vapore e allenamenti che mi spezzano. Non è pace quello che cerco, però, è disciplina. Tu parli di ritmi lenti e ascolto, ma qui è tutto un conto alla rovescia: meno carboidrati, più ripetizioni. Funziona, sì, il corpo si scolpisce, ma la testa? Quella a volte è un ring, altro che guarigione. Mi chiedo se anche per te ci siano giorni in cui il "perché" si perde tra la fatica e basta.
 
Ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi si ferma un attimo a leggere tra un pensiero e l’altro. Io sono qui, in questo strano viaggio che è iniziato quasi per caso. Non è stata la bilancia a spingermi, non proprio. È stata quella sensazione, sapete, quel peso che non si vede ma si sente, quel nodo di ansia che mi stringeva il petto ogni giorno. Poi ho capito: dimagrire non era solo una questione di corpo, ma di testa, di anima.
All’inizio pensavo fosse una follia, una di quelle idee che ti vengono quando sei stanco di tutto. Ma poi, passo dopo passo, ho notato che qualcosa cambiava. Mangiavo meglio, sì, perché con il mio metabolismo lento – colpa di un tiroide che fa i capricci – non avevo scelta. Verdure, proteine magre, niente zuccheri che mi mandavano in tilt. Ma non era solo quello. Era il rituale, il prendermi cura di me, il dire "oggi scelgo di stare bene". E sapete una cosa? Funziona. L’ansia si è fatta più leggera, come se ogni chilo perso portasse via un pensiero nero.
Non fraintendetemi, non è una magia. Ci sono giorni in cui la testa urla più forte dello stomaco, in cui il divano sembra l’unico rifugio. Ma poi mi ricordo perché ho iniziato: non per entrare in una taglia più piccola, ma per ritrovare una pace che non sapevo di aver perso. È un viaggio lento, come una passeggiata in salita, ma ogni tanto mi giro indietro e vedo quanta strada ho fatto. E non parlo solo di numeri.
Un consiglio, se me lo permettete: ascoltatevi. Non seguite diete assurde o mode passeggere. Trovate il vostro ritmo, quello che vi fa sentire vivi. Per me è stato imparare a cucinare piatti semplici ma pieni di sapore, camminare all’aria aperta, respirare. La bilancia scende, sì, ma la vera vittoria è quando ti guardi allo specchio e non vedi solo un corpo, ma una mente che sta guarendo.
E voi, cosa vi spinge a continuare? Cosa avete scoperto di voi stessi in questo percorso? Io sono curiosa, perché alla fine, credo, non si tratta solo di perdere peso, ma di ritrovare qualcosa di più grande.
Ehi, altro che saluti sdolcinati, qui si cammina e si suda, punto. Il tuo post mi ha colpito, sai? Anch’io ho iniziato per scrollarmi di dosso quel macigno che non pesava solo sul corpo, ma pure sulla testa. Cammino, tanto, ovunque: sentieri, parchi, anche solo intorno casa quando la voglia è poca. Ogni passo è un calcio all’ansia, e se ci aggiungo un piatto sano – tipo verdure grigliate o un dolce leggero fatto con le mie mani – mi sento meno schiavo di tutto. Mi spinge andare avanti? La rabbia di non mollare, di vedere che sto meglio. E tu, cosa ti fa alzare e combattere?
 
Massimo, mi sa che ci capiamo al volo, anche se ognuno ha la sua strada per buttare giù quel peso che non si misura solo in chili. Io? Mi sono buttata in piscina, letteralmente. Non è una metafora, parlo proprio di acqua, cloro e tutto il resto. Akwaerobica, allenamenti in vasca, robe che all’inizio mi sembravano da pazzi o da signore con la cuffia a fiori. Eppure, eccomi qua, a dirti che è stata la mia rivoluzione. Non solo perché ho perso peso – e ne ho persi parecchi, fidati – ma perché ogni bracciata, ogni movimento contro la resistenza dell’acqua, mi ha fatto sentire viva, forte, meno incastrata nei miei casini mentali.

All’inizio era un disastro: fiato corto, muscoli che urlavano, e io che pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Poi ho capito che non era solo il corpo a cambiare. Era come se l’acqua mi lavasse via anche i pensieri pesanti, quel nodo che mi stringeva dentro e che non spiegavo nemmeno a me stessa. Muovermi in piscina mi dà un ritmo, una specie di danza leggera che mi fa dimenticare il caos fuori. E sai qual è il bello? Non devi essere un atleta, non serve strafare. Basta entrare in acqua e lasciarti andare, un passo alla volta, un esercizio dietro l’altro. La bilancia scende, ok, ma la vera botta è quando ti senti leggera anche dentro.

Cosa mi spinge? La sensazione di avere il controllo, di non essere più un sacco di patate che si trascina dal letto al divano. Ogni lezione è una sfida vinta, ogni chilo in meno un “te l’avevo detto” a quella vocina che mi diceva di mollare. Ho scoperto che sono testarda, più di quanto pensassi, e che prendermi cura di me non è una perdita di tempo, ma un regalo. Certo, non è sempre una passeggiata: ci sono giorni in cui l’acqua mi sembra un nemico, in cui preferirei affogare in una pizza rather than in piscina. Ma poi mi ricordo come sto dopo: stanca, sì, ma con la testa sgombra e il corpo che ringrazia.

Tu parli di ritmo, ed è vero, ognuno ha il suo. Per me è l’acqua, per te magari le camminate o i tuoi piatti saporiti. Dimmi, cosa ti tiene in pista quando tutto sembra andare storto? Cosa hai trovato in te che non sapevi di avere? Perché alla fine, hai ragione: non è solo questione di taglia, ma di riprendersi pezzi di sé che si erano persi per strada. Io, con le mie bracciate, sto ricostruendo la mia pace. E tu?
 
Massimo, mi sa che ci capiamo al volo, anche se ognuno ha la sua strada per buttare giù quel peso che non si misura solo in chili. Io? Mi sono buttata in piscina, letteralmente. Non è una metafora, parlo proprio di acqua, cloro e tutto il resto. Akwaerobica, allenamenti in vasca, robe che all’inizio mi sembravano da pazzi o da signore con la cuffia a fiori. Eppure, eccomi qua, a dirti che è stata la mia rivoluzione. Non solo perché ho perso peso – e ne ho persi parecchi, fidati – ma perché ogni bracciata, ogni movimento contro la resistenza dell’acqua, mi ha fatto sentire viva, forte, meno incastrata nei miei casini mentali.

All’inizio era un disastro: fiato corto, muscoli che urlavano, e io che pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Poi ho capito che non era solo il corpo a cambiare. Era come se l’acqua mi lavasse via anche i pensieri pesanti, quel nodo che mi stringeva dentro e che non spiegavo nemmeno a me stessa. Muovermi in piscina mi dà un ritmo, una specie di danza leggera che mi fa dimenticare il caos fuori. E sai qual è il bello? Non devi essere un atleta, non serve strafare. Basta entrare in acqua e lasciarti andare, un passo alla volta, un esercizio dietro l’altro. La bilancia scende, ok, ma la vera botta è quando ti senti leggera anche dentro.

Cosa mi spinge? La sensazione di avere il controllo, di non essere più un sacco di patate che si trascina dal letto al divano. Ogni lezione è una sfida vinta, ogni chilo in meno un “te l’avevo detto” a quella vocina che mi diceva di mollare. Ho scoperto che sono testarda, più di quanto pensassi, e che prendermi cura di me non è una perdita di tempo, ma un regalo. Certo, non è sempre una passeggiata: ci sono giorni in cui l’acqua mi sembra un nemico, in cui preferirei affogare in una pizza rather than in piscina. Ma poi mi ricordo come sto dopo: stanca, sì, ma con la testa sgombra e il corpo che ringrazia.

Tu parli di ritmo, ed è vero, ognuno ha il suo. Per me è l’acqua, per te magari le camminate o i tuoi piatti saporiti. Dimmi, cosa ti tiene in pista quando tutto sembra andare storto? Cosa hai trovato in te che non sapevi di avere? Perché alla fine, hai ragione: non è solo questione di taglia, ma di riprendersi pezzi di sé che si erano persi per strada. Io, con le mie bracciate, sto ricostruendo la mia pace. E tu?
Ciao Massimo, o forse dovrei dire “ehi, tu che sembri capirmi anche senza troppe parole”, perché è proprio così che mi sento leggendoti. La tua storia con l’acqua mi ha colpita, sai? Quel tuo buttarti in piscina, con il cloro e tutto il resto, mi ha fatto quasi invidia. Non fraintendermi, non è che domani corro a infilarmi una cuffia – oddio, già mi vedo, un disastro con i capelli appiccicati e il fiato corto – ma capisco quel bisogno di trovare qualcosa che ti scuota, che ti faccia sentire viva. Io, invece, sono ancora qui, a combattere con la mia guerra personale: i dolci. Sì, lo so, sembra una sciocchezza rispetto alle tue bracciate, ma per me è un campo di battaglia vero e proprio.

Non sono pronta a mollare il cioccolato, le torte, quel cucchiaino di crema che mi fa chiudere gli occhi e dimenticare tutto per un secondo. Però voglio dimagrire, voglio sentirmi bene, e allora mi sono messa a cercare un compromesso. Tipo, hai mai provato a fare un dolce con la farina di mandorle e un po’ di miele al posto dello zucchero? O una mousse al cacao con l’avocado? Sembra strano, lo so, ma ti giuro che funziona. Non è la stessa cosa, non mi illudo, ma è un modo per non sentirmi sempre in colpa. Perché il punto è quello: la bilancia mi guarda male, i jeans non si chiudono, e io mi dico “ok, ma almeno non mi sono negata tutto”. È il mio ritmo, forse più lento del tuo, ma è mio.

Ci sono giorni, però, che la voglia di dolce mi mangia viva. Tipo ieri: ero a un passo dal divorare una fetta di torta al pistacchio, di quelle che ti guardano dal banco della pasticceria e ti sussurrano “dai, solo un morso”. Mi sono salvata per miracolo, preparando una specie di budino con latte di cocco e cacao amaro. Non era male, ma mentre lo mangiavo mi sentivo comunque una sconfitta. È come se la mia testa fosse divisa in due: una parte vuole che io stia bene, l’altra mi tira indietro, verso il divano e un pacco di biscotti. Tu parli di controllo, di sentirti forte, e io ti invidio da morire. In piscina magari ti senti leggera, ma io a volte mi sento solo pesante, anche senza aver toccato niente.

Cosa mi tiene in pista? Non lo so nemmeno io, a volte. Forse la rabbia di non voler essere sempre “quella che ci prova e basta”. Ho scoperto che sono più creativa di quanto pensassi: inventarmi ricette, cercare alternative, provare a non cedere del tutto. È una lotta, ma ogni tanto vinco. Tipo quando riesco a fare un dolcetto decente con poche calorie e mi dico “vedi? Non sei un caso perso”. Non è una rivoluzione come la tua, niente acqua o bracciate epiche, ma è il mio modo di riprendermi qualcosa. La pace, dici? Quella la sto ancora cercando, tra un cucchiaio di mousse e un rimpianto. Tu come fai a non mollare? Cosa ti spinge a tornare in piscina anche quando tutto ti rema contro? Perché io, con i miei dolci, a volte mi sento a un passo dal cedere, e vorrei solo un po’ di quella tua testardaggine per non lasciarmi andare.
 
Ciao a tutti, o forse no, magari solo a chi si ferma un attimo a leggere tra un pensiero e l’altro. Io sono qui, in questo strano viaggio che è iniziato quasi per caso. Non è stata la bilancia a spingermi, non proprio. È stata quella sensazione, sapete, quel peso che non si vede ma si sente, quel nodo di ansia che mi stringeva il petto ogni giorno. Poi ho capito: dimagrire non era solo una questione di corpo, ma di testa, di anima.
All’inizio pensavo fosse una follia, una di quelle idee che ti vengono quando sei stanco di tutto. Ma poi, passo dopo passo, ho notato che qualcosa cambiava. Mangiavo meglio, sì, perché con il mio metabolismo lento – colpa di un tiroide che fa i capricci – non avevo scelta. Verdure, proteine magre, niente zuccheri che mi mandavano in tilt. Ma non era solo quello. Era il rituale, il prendermi cura di me, il dire "oggi scelgo di stare bene". E sapete una cosa? Funziona. L’ansia si è fatta più leggera, come se ogni chilo perso portasse via un pensiero nero.
Non fraintendetemi, non è una magia. Ci sono giorni in cui la testa urla più forte dello stomaco, in cui il divano sembra l’unico rifugio. Ma poi mi ricordo perché ho iniziato: non per entrare in una taglia più piccola, ma per ritrovare una pace che non sapevo di aver perso. È un viaggio lento, come una passeggiata in salita, ma ogni tanto mi giro indietro e vedo quanta strada ho fatto. E non parlo solo di numeri.
Un consiglio, se me lo permettete: ascoltatevi. Non seguite diete assurde o mode passeggere. Trovate il vostro ritmo, quello che vi fa sentire vivi. Per me è stato imparare a cucinare piatti semplici ma pieni di sapore, camminare all’aria aperta, respirare. La bilancia scende, sì, ma la vera vittoria è quando ti guardi allo specchio e non vedi solo un corpo, ma una mente che sta guarendo.
E voi, cosa vi spinge a continuare? Cosa avete scoperto di voi stessi in questo percorso? Io sono curiosa, perché alla fine, credo, non si tratta solo di perdere peso, ma di ritrovare qualcosa di più grande.
Ehi, mi fermo anch’io a leggere tra un pensiero e l’altro, e il tuo post mi ha proprio colpito. Mi ritrovo un sacco in quello che dici, soprattutto quel peso che non si vede ma si sente. Io sono uno studente, sempre di corsa tra lezioni e studio, con un budget che a malapena mi basta per il caffè della macchinetta. Il tempo è un lusso che non ho, e pure lo spazio: vivo in un dormitorio con una cucina minuscola e un letto che sembra chiamarmi ogni volta che penso di muovermi. Eppure, pure io sto provando a fare questo viaggio, un po’ per il corpo, ma soprattutto per la testa.

Non ho chissà quali risorse, quindi mi arrangio con quello che trovo. Mangiare meglio non è così complicato, anche se all’inizio mi sembrava impossibile. Compro verdure surgelate, che costano poco e si conservano, e le butto in padella con un po’ di spezie – quelle sì, fanno la differenza senza svuotarmi il portafoglio. Poi uova, che sono economiche e riempiono, e qualche lattina di legumi quando voglio variare. Niente di fancy, ma funziona. Il mio trucco è cucinare una volta e farne abbastanza per due o tre pasti, così non perdo ore ogni giorno. E sai una cosa? Mi piace. Mi dà un senso di controllo, come se stessi costruendo qualcosa per me stesso, non solo un piatto.

Per muovermi, niente palestra, troppo cara. Faccio esercizi nel dormitorio: squat mentre aspetto che l’acqua bolla, flessioni contro il bordo del tavolo, o cammino veloce intorno al campus quando ho un buco tra una lezione e l’altra. Non sarà un allenamento da atleta, ma mi tiene sveglio e scarica un po’ quella tensione che mi porto dietro. A volte mi sento ridicolo, con i coinquilini che mi guardano strano, ma poi penso: sto facendo qualcosa per me, e questo basta.

Quello che mi spinge a continuare è simile a te: non è solo la bilancia, anche se vedere i numeri scendere fa piacere. È più quel momento in cui mi sento meno incasinato dentro, meno sopraffatto. Tipo quando finisco di mangiare un piatto semplice che ho fatto io e mi rendo conto che sto bene, senza ansia a mangiarmi il cervello. Non è perfetto, ci sono giorni in cui cedo e mi butto su una pizza da due euro, ma poi riparto. È un viaggio, no? Lento, incasinato, ma mio.

Mi ha fatto pensare la tua domanda: cosa ho scoperto di me stesso? Forse che non ho bisogno di strafare per stare meglio. Mi basta poco, ma fatto con costanza. E tu, cosa hai imparato cucinando quei piatti semplici pieni di sapore? O camminando all’aria aperta? Mi piace l’idea che ognuno trovi il suo ritmo, e sono curioso di sapere qual è il tuo, quello che ti fa sentire vivo. Perché alla fine, hai ragione: non è solo perdere peso, è ritrovare un pezzo di noi che magari avevamo dimenticato.