Nuotare per ritrovare me stesso: un viaggio lento verso il benessere

6 Marzo 2025
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Ragazzi, oggi mi va di condividere un pezzo del mio viaggio. Non so se capita anche a voi, ma a volte guardo indietro e mi sembra di vedere un'altra persona. Qualche anno fa, quando ho deciso di cambiare, non pensavo che il nuoto sarebbe diventato il mio rifugio. Ero stanco, appesantito, non solo dal peso in più ma anche da pensieri che mi trascinavo dietro come zavorre. Poi un giorno, quasi per caso, ho messo piede in piscina. E qualcosa è scattato.
All'inizio non era facile. Il fiato corto, i muscoli che protestavano, la sensazione di essere fuori posto tra chi sembrava sapere esattamente cosa fare. Ma sapete una cosa? L'acqua non giudica. Ti sostiene, ti culla, ti lascia andare al tuo ritmo. Ho iniziato con sessioni brevi, magari 20 minuti di bracciate lente, cercando di capire come muovermi senza affannarmi. Col tempo ho trovato il mio passo: tre volte a settimana, un mix di stile libero e dorso, con qualche esercizio di galleggiamento per rilassarmi. Non seguo piani rigidi, ma mi piace variare: un giorno faccio 10 vasche a ritmo sostenuto, un altro mi concentro sulla tecnica, provando a scivolare meglio nell'acqua.
Quello che amo del nuoto è come mi fa sentire leggero, non solo nel corpo. I miei ginocchi, che prima scricchiolavano a ogni passo, ora ringraziano. La schiena, che mi tormentava dopo una giornata seduto, sembra più sciolta. Non è solo una questione di calorie bruciate, anche se quelle aiutano. È il modo in cui l'acqua mi fa sentire vivo, presente. Ogni bracciata è un piccolo passo per lasciare andare i pesi, quelli veri e quelli che ci portiamo dentro.
Non vi dirò che è stata una trasformazione lampo. Ci sono giorni in cui mi sento ancora insicuro, in cui il riflesso nello specchio non mi convince. Ma poi torno in piscina, e tutto sembra possibile. Non nuoto per diventare perfetto, nuoto per sentirmi me stesso. E piano piano, vasca dopo vasca, sto imparando ad apprezzare il viaggio, più della meta.
Se qualcuno di voi sta pensando di provare, vi dico solo: iniziate piano, ascoltate il vostro corpo. L'acqua vi accoglierà, promesso.
 
Ehi, che bella riflessione hai condiviso. Leggerti mi ha fatto ripensare al mio percorso, e volevo buttare giù qualche pensiero, perché il tuo racconto mi ha davvero toccato. Anche io, come te, ho trovato nel nuoto un modo per riavvicinarmi a me stesso, ma il mio viaggio ha una complicazione in più: le allergie alimentari. Non so se qualcuno qui ci combatte, ma per me, con intolleranza al glutine e al lattosio, ogni passo verso il benessere è stato una specie di puzzle.

Quando ho deciso di cambiare, qualche anno fa, non era solo il peso a pesarmi. Mi sentivo sempre stanco, gonfio, come se il mio corpo fosse in lotta con me. Le allergie mi limitavano un sacco: niente pizza con gli amici, niente gelato dopo cena, e trovare piatti sicuri era una sfida. All’inizio pensavo che per dimagrire bastasse mangiare meno, ma ho capito presto che non era così semplice. Il mio corpo aveva bisogno di muoversi, di sentirsi vivo, non solo di tagliare calorie. E qui è entrato in gioco il nuoto.

Non è stato amore a prima vista, te lo dico. Le prime volte in piscina mi sentivo un pesce fuor d’acqua, non proprio per il fiato corto, ma perché ero ossessionato dal controllare tutto. Cosa mangio prima? Dopo? Come faccio a non sentirmi debole senza uno spuntino glutinoso o un latte proteico? Però, come dici tu, l’acqua non giudica. Mi sono lasciato andare piano piano. Ho iniziato con sessioni soft, tipo 15-20 minuti di stile libero, cercando di non pensare troppo. Col tempo ho preso confidenza: ora nuoto tre volte a settimana, alternando dorso e rana, con qualche vasca più intensa per spingermi un po’. Non sono un atleta, ma ogni bracciata mi fa sentire più forte.

Quello che mi ha aiutato tanto è stato capire cosa funziona per me fuori dalla piscina. Le allergie mi costringono a pianificare, ma ho trovato il mio ritmo. Prima di nuotare, faccio uno spuntino leggero, magari una banana con burro di mandorle, che mi dà energia senza appesantirmi. Dopo, punto su piatti semplici: riso integrale, verdure grigliate, un po’ di pesce o pollo. Ho imparato a leggere il mio corpo, a capire quando è sazio o quando ha bisogno di più carburante. Non uso app o gadget sofisticati per contare calorie, ma ammetto che ogni tanto controllo il battito o le distanze con un orologio da polso, giusto per curiosità. Non è una gara, ma vedere che riesco a fare qualche vasca in più mi dà una piccola spinta.

Il nuoto per me è diventato più di un esercizio. È un momento in cui metto in pausa il caos della giornata. L’acqua mi avvolge, e per un po’ non penso alle liste della spesa senza glutine o alle etichette da leggere. È come se ogni bracciata mi aiutasse a lasciare andare non solo i chili, ma anche le insicurezze. Non sono ancora dove vorrei essere, e ci sono giorni in cui mi guardo e vedo solo i difetti. Ma poi torno in piscina, e mi ricordo perché lo faccio: per sentirmi bene, non per essere perfetto.

Se qualcuno qui sta pensando di provare il nuoto ma ha paura di non farcela, o magari combatte con allergie come me, vi dico: andateci piano, ma andateci. Trovate i vostri trucchi, che sia un pasto leggero che vi sostiene o un ritmo in acqua che vi fa sorridere. L’acqua è paziente, e vi darà il tempo di scoprire cosa funziona per voi. Grazie per aver condiviso il tuo viaggio, mi ha ricordato quanto sia importante festeggiare ogni piccolo passo, vasca dopo vasca.
 
Ehi, il tuo racconto mi ha proprio preso. Leggerti è stato come guardarmi allo specchio, ma uno specchio un po’ appannato, di quelli che ti fanno vedere il riflesso di chi eri e chi stai cercando di essere di nuovo. Nuotare, le allergie, il bisogno di ritrovare un ritmo… mi ci ritrovo, ma con un peso in più, e non parlo solo di chili. La mia storia è quella di uno che ce l’aveva quasi fatta, ma poi è scivolato indietro. Scrivo qui perché magari raccontare il mio casino può aiutare qualcuno a non fare i miei stessi errori, o almeno a sentirsi meno solo. E, perché no, magari trovo qualche consiglio per rimettermi in carreggiata.

Qualche anno fa ero in un momento d’oro. Ero stanco di sentirmi intrappolato nel mio corpo, di guardarmi e non riconoscermi. Così ho deciso di cambiare. Il nuoto è stato il mio alleato, proprio come per te. Non sono mai stato un tipo da palestra, ma l’acqua aveva qualcosa di diverso. Mi sentivo leggero, anche se pesavo troppo. Ho iniziato piano, con vasche lente, stile libero, cercando di non annegare nei miei pensieri. In sei mesi avevo perso quasi 15 chili. Non era solo il peso: mi sentivo vivo, energico, come se il mio corpo finalmente collaborasse. Fuori dalla piscina, avevo trovato un equilibrio. Mangiavo meglio, non perché seguissi diete assurde, ma perché avevo capito cosa mi faceva stare bene. Piatti semplici, verdure, proteine magre, pochi carboidrati pesanti. Non ero uno chef stellato, ma funzionava.

Poi, boh, è successo qualcosa. Non so nemmeno dirtelo con precisione. La vita, credo. Lavoro stressante, serate con amici dove dicevo “vabbè, un bicchiere di vino non mi uccide”, e poi quel bicchiere diventava due, più una pizza, più un dolce. Ho smesso di nuotare regolarmente. Prima era “salto una settimana, fa niente”, poi le settimane sono diventate mesi. E il peso è tornato, piano piano, come un ospite che non vuoi ma che si presenta lo stesso. Non solo i chili, ma anche quella sensazione schifosa di essere di nuovo in lotta con me stesso. Mi guardavo e pensavo: “Ma come ho fatto a lasciarmi andare così?”. È irrazionale, lo so. Mi arrabbio con me stesso, ma allo stesso tempo mi giustifico. “È normale, no? La vita è complicata, mica posso essere perfetto”. Però dentro so che non è solo questo.

Il tuo post mi ha fatto ripensare a quei momenti in piscina, quando ogni bracciata era una piccola vittoria. L’acqua non ti giudica, hai ragione. Non ti guarda storto se hai messo su qualche chilo o se il tuo stile non è da olimpiade. È lì, ti sostiene, ti lascia respirare al tuo ritmo. Leggendo di te e delle tue allergie, mi sono chiesto: quali sono le mie “allergie”? Non parlo di cibo, ma di quelle cose che mi bloccano. Credo sia la paura di fallire di nuovo. Ogni volta che penso di tornare in piscina, c’è una voce che mi dice: “E se poi molli ancora? A che serve?”. È stupido, lo so, ma è come se il mio cervello fosse allergico al provare di nuovo.

Però il tuo racconto mi ha acceso qualcosa. Forse è ora di smettere di rimuginare e buttarmi. Non dico di tornare subito a nuotare tre volte a settimana come facevo prima, ma magari iniziare con una, anche solo 20 minuti, per ricordarmi com’è. Fuori dall’acqua, devo riprendere le vecchie abitudini. Niente di complicato: meno schifezze, più verdure, meno “vabbè, per una volta”. Non voglio diete da modello, solo ritrovare quel senso di controllo. Magari mi segno cosa mangio per un po’, non per ossessionarmi, ma per capire dove sto sbagliando. E forse, come te, posso trovare qualche trucco per rendere tutto più facile. Tipo prepararmi un pasto semplice la sera prima, così non cedo alla tentazione di un panino al volo.

Non so se qualcuno qui ha vissuto una cosa simile, questo sali e scendi che ti fa sentire un fallito anche se sai che non lo sei. Se sì, come avete fatto a ripartire? Come vi siete convinti che vale la pena provare ancora, anche dopo aver “perso” quello che avevate conquistato? E per chi sta pensando di mollare, vi dico una cosa: non fate come me. Non lasciate che una settimana di pausa diventi un anno. L’acqua è lì, pronta ad accogliervi. E se io, che mi sento un disastro, sto pensando di riprovarci, allora potete farcela anche voi.

Grazie per aver scritto, davvero. Mi hai fatto venire voglia di infilarmi il costume e buttarmi. Magari domani faccio una vasca in più, solo per dimostrarmi che posso.
 
Ragazzi, oggi mi va di condividere un pezzo del mio viaggio. Non so se capita anche a voi, ma a volte guardo indietro e mi sembra di vedere un'altra persona. Qualche anno fa, quando ho deciso di cambiare, non pensavo che il nuoto sarebbe diventato il mio rifugio. Ero stanco, appesantito, non solo dal peso in più ma anche da pensieri che mi trascinavo dietro come zavorre. Poi un giorno, quasi per caso, ho messo piede in piscina. E qualcosa è scattato.
All'inizio non era facile. Il fiato corto, i muscoli che protestavano, la sensazione di essere fuori posto tra chi sembrava sapere esattamente cosa fare. Ma sapete una cosa? L'acqua non giudica. Ti sostiene, ti culla, ti lascia andare al tuo ritmo. Ho iniziato con sessioni brevi, magari 20 minuti di bracciate lente, cercando di capire come muovermi senza affannarmi. Col tempo ho trovato il mio passo: tre volte a settimana, un mix di stile libero e dorso, con qualche esercizio di galleggiamento per rilassarmi. Non seguo piani rigidi, ma mi piace variare: un giorno faccio 10 vasche a ritmo sostenuto, un altro mi concentro sulla tecnica, provando a scivolare meglio nell'acqua.
Quello che amo del nuoto è come mi fa sentire leggero, non solo nel corpo. I miei ginocchi, che prima scricchiolavano a ogni passo, ora ringraziano. La schiena, che mi tormentava dopo una giornata seduto, sembra più sciolta. Non è solo una questione di calorie bruciate, anche se quelle aiutano. È il modo in cui l'acqua mi fa sentire vivo, presente. Ogni bracciata è un piccolo passo per lasciare andare i pesi, quelli veri e quelli che ci portiamo dentro.
Non vi dirò che è stata una trasformazione lampo. Ci sono giorni in cui mi sento ancora insicuro, in cui il riflesso nello specchio non mi convince. Ma poi torno in piscina, e tutto sembra possibile. Non nuoto per diventare perfetto, nuoto per sentirmi me stesso. E piano piano, vasca dopo vasca, sto imparando ad apprezzare il viaggio, più della meta.
Se qualcuno di voi sta pensando di provare, vi dico solo: iniziate piano, ascoltate il vostro corpo. L'acqua vi accoglierà, promesso.
Ehi, che bella condivisione! Leggerti mi ha fatto ripensare a quanto anche i piccoli passi possano fare la differenza. Io sono incastrato in un lavoro d’ufficio, sempre seduto, e il tempo per muovermi è poco. Però il tuo racconto mi ha ispirato, sai? Non sono ancora pronto per il nuoto, ma sto cercando di infilare un po’ di movimento nella mia giornata. Tipo, durante la pausa pranzo faccio una camminata veloce di 15-20 minuti intorno all’ufficio. All’inizio mi sembrava nulla, ma ora mi aiuta a schiarirmi la testa e a sentirmi meno “bloccato”. Poi, quando sono alla scrivania, ogni tanto faccio qualche esercizio: alzo le gambe sotto il tavolo o ruoto le spalle per sciogliere la tensione. Non è una piscina, ma è un inizio! Il tuo modo di ascoltare il corpo e andare al tuo ritmo mi ha colpito, credo proverò a seguire questa filosofia. Grazie per aver condiviso, continua così!
 
Tudor, le tue parole sono come un’onda che arriva lenta ma profonda. Mi ci ritrovo tanto in quel senso di zavorra, di pesi che non sono solo chili ma pensieri che ci incatenano. Io sono ancora all’inizio del mio viaggio, e confesso che la notte è il mio scoglio più grande. Quando il mondo tace, la cucina mi chiama, e finisco per mangiare più di quanto vorrei, come se il buio potesse nascondere i miei errori. Ma leggerti mi ha fatto venire voglia di provare qualcosa di nuovo, di cambiare il ritmo delle mie serate.

Non sono ancora arrivato alla piscina, ma il tuo racconto mi ha spinto a fare un piccolo passo. Ultimamente, dopo cena, invece di cedere al richiamo del frigo, mi metto a camminare per casa, magari con una musica dolce in sottofondo. Non è molto, solo qualche giro tra il salotto e la cucina, ma mi aiuta a sentire il corpo, a ricordarmi che esiste oltre i pensieri pesanti. Sto anche provando a bere una tisana calda, qualcosa che mi scaldi dentro senza appesantirmi. È un rituale piccolo, ma mi fa sentire un po’ più leggero, come se stessi imparando a galleggiare, proprio come fai tu nell’acqua.

Il tuo modo di nuotare, senza fretta, ascoltando te stesso, mi ha fatto riflettere. Forse non serve correre, forse basta muoversi, anche solo un po’, verso qualcosa che ci fa stare bene. Grazie per avermi ricordato che il viaggio è fatto di vasche lente, ma ognuna conta.