Ciao a tutti, o forse no, magari è più un "namaste" che si insinua tra le righe di questo messaggio. Sono qui, in questo spazio di parole e condivisioni, per raccontare un pezzo del mio viaggio, un cammino che non misuro in chili persi, ma in respiri ritrovati.
Qualche anno fa ero un groviglio di pensieri pesanti, il corpo seguiva a ruota, come se ogni ansia si depositasse lì, strato dopo strato. Non era solo una questione di bilancia, sapete? Era qualcosa di più profondo, un ritmo interiore che avevo perso. Poi, quasi per caso – o forse no, chi lo sa – ho incrociato lo yoga. Non è stata una folgorazione immediata, niente di cinematografico. È stato un lento sciogliersi, un respiro alla volta.
La pratica non è solo piegare il corpo in posizioni che all’inizio sembrano impossibili. È un dialogo con sé stessi. Ricordo le prime volte, sdraiata in savasana, a chiedermi perché diamine stessi lì a "non fare niente". Eppure, in quel niente, ho iniziato a sentire. Il cuore che rallenta, il fiato che si allunga, e quel fuoco dentro – sì, proprio quello che chiamano metabolismo, anche se non amo ridurlo a una parola – che pian piano si risvegliava. Non era fame, era energia.
La meditazione è arrivata dopo, come una sorella silenziosa dello yoga. Seduta, occhi chiusi, ho imparato a guardare i pensieri passare, senza aggrapparmi. E sapete una cosa buffa? Meno mi aggrappavo alle preoccupazioni, meno il mio corpo sembrava aggrapparsi a ciò che non gli serviva. Il cibo è diventato un alleato, non un nemico da combattere. Mangiavo meglio, sì, ma non per regole ferree: era il corpo a chiedermelo, come se finalmente parlasse una lingua che capivo.
Non sto dicendo che sia magia. Ci vuole tempo, costanza, e qualche giorno in cui ti maledici perché non riesci a toccarti le punte dei piedi. Ma c’è una bellezza in questo lasciar andare, nel vedere il tuo respiro trasformarsi in un filo che cuce insieme mente e corpo. Io, che correvo sempre, ho scoperto la lentezza. E in quella lentezza ho perso peso – non solo quello visibile, ma anche quello che portavo dentro.
Oggi, quando mi siedo sul tappetino, non cerco più un numero sulla bilancia. Cerco quel momento in cui tutto tace e sento che sto bene, qui, ora. Se vi va, provate: un respiro profondo, un’intenzione leggera. Non è una dieta, è una danza. E il corpo, credetemi, sa come muoversi, se glielo lasciate fare.
Qualche anno fa ero un groviglio di pensieri pesanti, il corpo seguiva a ruota, come se ogni ansia si depositasse lì, strato dopo strato. Non era solo una questione di bilancia, sapete? Era qualcosa di più profondo, un ritmo interiore che avevo perso. Poi, quasi per caso – o forse no, chi lo sa – ho incrociato lo yoga. Non è stata una folgorazione immediata, niente di cinematografico. È stato un lento sciogliersi, un respiro alla volta.
La pratica non è solo piegare il corpo in posizioni che all’inizio sembrano impossibili. È un dialogo con sé stessi. Ricordo le prime volte, sdraiata in savasana, a chiedermi perché diamine stessi lì a "non fare niente". Eppure, in quel niente, ho iniziato a sentire. Il cuore che rallenta, il fiato che si allunga, e quel fuoco dentro – sì, proprio quello che chiamano metabolismo, anche se non amo ridurlo a una parola – che pian piano si risvegliava. Non era fame, era energia.
La meditazione è arrivata dopo, come una sorella silenziosa dello yoga. Seduta, occhi chiusi, ho imparato a guardare i pensieri passare, senza aggrapparmi. E sapete una cosa buffa? Meno mi aggrappavo alle preoccupazioni, meno il mio corpo sembrava aggrapparsi a ciò che non gli serviva. Il cibo è diventato un alleato, non un nemico da combattere. Mangiavo meglio, sì, ma non per regole ferree: era il corpo a chiedermelo, come se finalmente parlasse una lingua che capivo.
Non sto dicendo che sia magia. Ci vuole tempo, costanza, e qualche giorno in cui ti maledici perché non riesci a toccarti le punte dei piedi. Ma c’è una bellezza in questo lasciar andare, nel vedere il tuo respiro trasformarsi in un filo che cuce insieme mente e corpo. Io, che correvo sempre, ho scoperto la lentezza. E in quella lentezza ho perso peso – non solo quello visibile, ma anche quello che portavo dentro.
Oggi, quando mi siedo sul tappetino, non cerco più un numero sulla bilancia. Cerco quel momento in cui tutto tace e sento che sto bene, qui, ora. Se vi va, provate: un respiro profondo, un’intenzione leggera. Non è una dieta, è una danza. E il corpo, credetemi, sa come muoversi, se glielo lasciate fare.