Notte fonda, e io sono ancora qui, con la luna che mi guarda storto dalla finestra. Mi giudica, lo so. Le stelle sembrano puntini di zucchero sparsi su un dolce che non dovrei toccare, ma la mia mano si allunga lo stesso. Una volta era sempre così: frigorifero aperto, cucchiaio che scava nel barattolo della crema di nocciole, un sorso di latte freddo per mandare giù tutto. Bevevo le stelle, sì, ma in versione liquida e zuccherata. E la luna? La luna la mangiavo a morsi, sotto forma di pane e formaggio.
Adesso sto provando a cambiare. Non è che mi sono svegliata un giorno e ho detto "basta". No, è stato più un sussurro, una specie di vento strano che mi ha sfiorato mentre lavavo i piatti. Ho iniziato piano, con idee assurde. Tipo, mi sono messa a ballare in cucina invece di aprire il frigo. Non so ballare, eh, sembro un pinguino ubriaco, ma funziona. Mi distraggo. Poi ho preso l’abitudine di spremere arance, limoni, pompelmi, robe così. Non compro succhi già fatti, quelli mi sembrano troppo perfetti, troppo lontani da me. Spremo tutto a mano, mi sporco, faccio casino, e alla fine ho un bicchiere di qualcosa che sa di vero. Lo bevo lento, guardando fuori, e la luna non mi sembra più un nemico.
Ieri notte ho fatto un esperimento: ho messo una sedia vicino alla finestra, mi sono seduta con il mio bicchiere di succo d’arancia e ho scritto su un foglio tutte le cose che vorrei fare invece di mangiare. Cose assurde, tipo imparare a suonare l’ukulele o costruire una nave in bottiglia. Non so se lo farò mai, ma scriverle mi ha tenuta lontana dal pane. È strano, no? La testa si riempie di idee e lo stomaco si dimentica di brontolare.
Non è che ho risolto tutto. A volte cedo ancora, e la crema di nocciole mi chiama con quella voce suadente che solo lei ha. Ma sto cambiando i rituali. La notte non è più un buco nero da riempire con cibo. Sta diventando un momento per me, per i miei succhi acidi e le mie liste folli. La luna mi guarda ancora, ma forse ora sorride un po’. O magari è solo il riflesso del mio bicchiere. Chi lo sa.
Adesso sto provando a cambiare. Non è che mi sono svegliata un giorno e ho detto "basta". No, è stato più un sussurro, una specie di vento strano che mi ha sfiorato mentre lavavo i piatti. Ho iniziato piano, con idee assurde. Tipo, mi sono messa a ballare in cucina invece di aprire il frigo. Non so ballare, eh, sembro un pinguino ubriaco, ma funziona. Mi distraggo. Poi ho preso l’abitudine di spremere arance, limoni, pompelmi, robe così. Non compro succhi già fatti, quelli mi sembrano troppo perfetti, troppo lontani da me. Spremo tutto a mano, mi sporco, faccio casino, e alla fine ho un bicchiere di qualcosa che sa di vero. Lo bevo lento, guardando fuori, e la luna non mi sembra più un nemico.
Ieri notte ho fatto un esperimento: ho messo una sedia vicino alla finestra, mi sono seduta con il mio bicchiere di succo d’arancia e ho scritto su un foglio tutte le cose che vorrei fare invece di mangiare. Cose assurde, tipo imparare a suonare l’ukulele o costruire una nave in bottiglia. Non so se lo farò mai, ma scriverle mi ha tenuta lontana dal pane. È strano, no? La testa si riempie di idee e lo stomaco si dimentica di brontolare.
Non è che ho risolto tutto. A volte cedo ancora, e la crema di nocciole mi chiama con quella voce suadente che solo lei ha. Ma sto cambiando i rituali. La notte non è più un buco nero da riempire con cibo. Sta diventando un momento per me, per i miei succhi acidi e le mie liste folli. La luna mi guarda ancora, ma forse ora sorride un po’. O magari è solo il riflesso del mio bicchiere. Chi lo sa.