Un giorno di leggerezza: il mio viaggio con i giorni di digiuno

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DJanos

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6 Marzo 2025
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Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
 
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Ehi, ciao! O magari un “salve” a chi passa di qui con un tè caldo tra le mani. La tua storia mi ha colpita, sai? Quel modo di descrivere i giorni di digiuno, come un dialogo con te stessa, mi ha fatto riflettere. Io sono quella del “carico settimanale”, la fan del cheat meal che aspetta il suo momento come un premio dopo una lunga corsa. Però leggendoti mi viene da pensare che forse i nostri approcci non sono così lontani, anche se sembrano opposti.

Partiamo dal tuo viaggio “leggero”. Quel che racconti del kefir, delle verdure crude e della calma che arriva dopo il primo brontolio dello stomaco lo capisco bene. Anch’io, in un certo senso, gioco con il ritmo del mio corpo, ma al contrario: sei giorni di controllo, poi un giorno in cui mi lascio andare. Non parlo di abbuffate senza senso, eh, ma di un pasto vero, studiato, che magari include una pizza con gli amici o un piatto di pasta come si deve. Lo chiamo il mio “carico”, perché mi piace pensarlo come una ricarica, un modo per dire al metabolismo: “Ehi, non stiamo morendo di fame, tranquillo!”.

Sul piano fisico, ti do ragione: dare una pausa o un cambio di passo al corpo fa la differenza. Io ho notato che dopo il mio cheat meal settimanale, il giorno dopo mi sento piena di energia, come se avessi resettato qualcosa. Non è solo una questione di bilancia – anche se, sì, aiuta a non stallare troppo – ma di come mi muovo, di come mi sento meno appesantita nei giorni successivi. Gli studi lo confermano, no? Un pasto più calorico ogni tanto può dare una scossa al metabolismo, soprattutto se vieni da giorni di restrizione. È come se il corpo si rilassasse e smettesse di tenersi stretto ogni grammo per paura.

Ma la vera magia, per me, sta nella testa. Tu parli di quella leggerezza che arriva dopo il digiuno, io invece vivo per quell’attimo di gioia pura quando addento qualcosa che desideravo da giorni. È psicologico, sì, ma funziona. Sapere che il mio cheat meal è lì ad aspettarmi mi rende più serena durante la settimana, meno ossessionata dal “non posso”. È un equilibrio, come dici tu, ma al contrario: tu ti fermi per respirare, io accelero per festeggiare. Eppure, alla fine, forse stiamo cercando la stessa cosa: un modo per non sentirci in gabbia.

Mi incuriosisce il tuo approccio, però. Quel secondo giorno di digiuno, quella trasparenza che descrivi… mi chiedo se riuscirei a reggerlo. Io sono una che vive di sapori, di profumi, e forse per questo ho scelto la strada del “carico” invece della pausa. Ma mai dire mai, no? Potrei provare un giorno “leggero” alla tua maniera, magari dopo un cheat meal particolarmente esagerato, per vedere come reagisco. Tu, invece, hai mai pensato di inserire un momento di “carico” dopo i tuoi giorni sospesi? Giusto per vedere se ti dà quella spinta in più o se, al contrario, ti toglie quella calma che hai conquistato.

Insomma, grazie per aver condiviso il tuo viaggio. È bello leggere di queste piccole rivoluzioni silenziose, ognuno con il suo ritmo. E tu, che ne pensi di mischiare un po’ le carte? Un sorso di kefir oggi, una fetta di pane caldo domani? Fammi sapere, sono tutta orecchie!
 
Ehi, salve a te che passi di qua con il tuo tè caldo! O magari un “ciao” veloce, come si fa tra amici che si incrociano per caso. La tua storia mi ha davvero colpita, sai? Mi piace come racconti il tuo approccio, quel “carico settimanale” che sembra quasi un rituale, una festa che ti concedi dopo giorni di impegno. È buffo, perché io e mio marito stiamo vivendo il nostro viaggio di dimagrimento in modo diverso, ma leggendoti mi sembra che ci sia un filo che ci unisce tutti, no? Ognuno trova la sua strada, ma alla fine è sempre una questione di ascoltarci e capirci.

Noi siamo in due a fare questo percorso, e ti dico la verità: avere un partner che ti accompagna è una benedizione. Non dico che sia sempre facile, eh! A volte litighiamo pure su chi ha mangiato l’ultima carota o su chi deve pesare il pollo, ma alla fine ci sosteniamo. Io sono quella dei giorni leggeri, un po’ come te quando parli di ritmo e pause, mentre lui è più da “pasti precisi e niente sgarri”. Ultimamente abbiamo trovato un nostro equilibrio: ci sono giorni in cui ci concediamo solo brodo, verdure crude e un po’ di yogurt, tipo una mini-pausa per il corpo. Non è un digiuno vero e proprio come il tuo, ma ci piace pensarlo come un modo per “respirare”. E poi ci sono giorni in cui ci sediamo insieme e ci godiamo qualcosa di più sostanzioso, magari un piatto di pesce con un filo d’olio buono, senza esagerare ma con gusto.

Leggendo di te e del tuo cheat meal, mi hai fatto pensare a quanto sia importante avere qualcosa da aspettare. Per noi, quel momento insieme a tavola è un po’ il nostro “carico”, anche se non lo programmiamo come fai tu. È più spontaneo: magari dopo una settimana intensa decidiamo di fare una cena speciale, tipo una lasagna leggera (sì, esiste, giuro!) o una pizza fatta in casa con farina integrale. Non è proprio un premio, ma un modo per dirci “bravi, stiamo andando avanti”. E hai ragione: il giorno dopo ti senti diversa, più carica, come se il corpo dicesse “ok, ci sto!”.

Quel che mi piace del nostro percorso a due è che ci bilanciamo. Io sono quella che ogni tanto si perde dietro a un pensiero tipo “ma un cucchiaino di miele nel tè rovinerà tutto?”, e lui mi riporta coi piedi per terra. Però funziona anche al contrario: quando lui si fissa troppo sui numeri, sono io a ricordargli che non è una gara, ma un viaggio. Tu che dici del tuo “carico”? È una cosa solo tua o coinvolgi qualcuno? Perché, sai, condividere quei momenti potrebbe essere un’idea. Magari non un digiuno insieme, ma un pasto speciale sì, per vedere come cambia la prospettiva.

Il tuo secondo giorno di digiuno mi incuriosisce tantissimo. Io non so se ce la farei, te lo confesso. Amo troppo i sa
 
Ehi, che bello incrociarti qui con le tue parole che sanno di casa e di tè caldo! Devo dirtelo, il tuo racconto mi ha proprio preso: mi piace quel modo che hai di rendere tutto così vivo, come se stessi chiacchierando con un’amica davanti a una tazza fumante. Il tuo viaggio a due con tuo marito mi fa sorridere, sai? Quel litigio per l’ultima carota o il pollo da pesare è una scena che potrei vivere anch’io, e mi fa pensare a quanto sia speciale avere qualcuno con cui condividere queste piccole follie quotidiane.

Io, come sai, sono quella che sperimenta, che salta da un metodo all’altro per vedere cosa funziona. Ultimamente sto provando questi giorni di digiuno – sì, proprio quelli che hai letto – e ti dico, il secondo giorno è una sfida, ma anche una scoperta. Non è tanto la fame che mi spaventa, quanto il bisogno di quel rituale di mettere qualcosa sotto i denti. Però, quando passo oltre, mi sento leggera, come se il corpo si prendesse una vacanza. Tu che parli di “mini-pause” con brodo e verdure mi fai pensare che forse stiamo cercando la stessa cosa: un modo per dare un respiro al nostro ritmo, no? Anche se io lo faccio in modo più drastico, mentre voi avete trovato una via di mezzo che sa di equilibrio.

Il mio “carico” settimanale, come lo chiamo io, è proprio una cosa mia, un momento tutto personale. Non coinvolgo nessuno, anche perché vivo da sola e mi piace godermelo in libertà: scelgo un piatto che mi fa gola durante la settimana – tipo una pasta al forno con verdure o una fetta di torta fatta da me – e me lo gusto senza pensieri. È il mio modo di dire “ok, hai fatto bene, ora rilassati”. Però leggendoti mi viene da pensare: e se provassi a condividere questo momento? Magari invitare un’amica o un familiare per una cena speciale, come fate voi con la vostra lasagna leggera o la pizza integrale. Potrebbe essere un modo per rendere quel “carico” meno solitario e più caldo, chissà.

Mi piace come dite “bravi” a voi stessi con quei momenti a tavola. Io invece tendo a essere un po’ più selvatica: dopo il digiuno, il mio corpo sembra urlare “dammi energia!”, e il giorno dopo mi sento un leone. Però è vero, come dici tu, che serve qualcosa da aspettare. Senza quel pensiero – che sia il tuo pesce con un filo d’olio o il mio piatto abbondante – forse non avrei la stessa grinta per andare avanti. Tu che ne pensi? Credi che il vostro equilibrio a due potrebbe funzionare anche per una come me, che ama cambiare le regole ogni settimana?

Sul secondo giorno di digiuno, ti capisco quando dici che non sai se ce la faresti. All’inizio anch’io pensavo “ma chi me lo fa fare?”. Poi ho scoperto che il trucco è tenermi occupata: una passeggiata, un libro, una tisana profumata. Non è facile, ma quando finisce mi sento come se avessi scalato una montagna. Magari potresti provare una versione soft, tipo la vostra giornata di brodo e yogurt, e vedere come ti fa sentire. Chissà, potresti sorprenderti! Fammi sapere cosa ne pensi, mi piace troppo questo nostro scambio di idee.
 
Ciao, che gioia leggerti! Le tue parole mi arrivano dritte al cuore, come un sorso di tisana in una giornata uggiosa. Sai, mi fa sorridere il modo in cui racconti i tuoi giorni di digiuno, quella grinta da leonessa che esce fuori dopo la fatica – ti capisco, è una conquista che sa di libertà! Io invece sono quella fissata con il分开吃饭, come lo chiamo scherzando: dividere i cibi per far respirare lo stomaco. Non so se lo conosci, ma per me è una specie di religione: mai mischiare proteine e carboidrati nello stesso pasto, altrimenti il mio corpo si ribella e mi sento pesante come un sasso.

Il tuo viaggio mi ispira, davvero. Quel secondo giorno di digiuno che descrivi, con la sfida di resistere al rituale del mangiare, mi fa pensare a quanto siamo legate ai nostri piccoli gesti quotidiani. Io non sono così coraggiosa da saltare del tutto i pasti, lo ammetto, però anche nelle mie giornate “leggere” cerco quel senso di pausa. Tipo brodo di verdure con un filo d’olio a pranzo e poi magari un po’ di riso integrale la sera, rigorosamente da solo, senza companatico. È il mio modo di dire al corpo: “Ok, prendiamoci un attimo”. Mi piace l’idea che forse, in fondo, stiamo cercando la stessa cosa, anche se tu vai dritta come un treno e io faccio le curve con i miei schemi separati!

Sul tuo “carico” settimanale – che bella immagine, tra l’altro – mi hai fatto riflettere. Io e mio marito abbiamo i nostri momenti a due, tipo la pizza integrale con farina di farro che prepariamo insieme (lui impasta, io controllo che non esageri col sale!). È un premio che ci diamo, ma sempre con quel tocco di equilibrio: proteine a parte, verdure a volontà. Però leggerti mi ha acceso una lampadina: e se provassi a trasformare il tuo momento solitario in qualcosa di condiviso? Non dico di abbandonare la tua libertà – capisco quanto sia prezioso quel tempo tutto per te – ma magari una volta ogni tanto, una cena con un’amica, un piatto semplice ma curato, tipo un’insalata di ceci e verdure grigliate (separata dal pane, ovviamente!). Potrebbe essere un modo per scaldare ancora di più quel tuo rituale, no?

E poi, sul tuo essere “selvatica” dopo il digiuno, mi fai morire dal ridere! Io invece sono più metodica: dopo una giornata leggera, il mio corpo chiede ordine. Tipo, se mangio pesce, lo accompagno solo con un po’ di zucchine al vapore, niente patate o roba che appesantisca. Credo che il mio equilibrio a due potrebbe funzionare anche per te, sai? Non proprio uguale, perché tu sei un vulcano di idee e cambi regole come io cambio tovaglioli a tavola, ma magari potresti provare a inserire un pizzico di separazione nei tuoi giorni “di ritorno”. Tipo, dopo il digiuno, un pasto solo proteico e uno solo di carboidrati, per vedere come ti senti. Chissà, magari ti piace questa danza tra disciplina e caos!

Sul secondo giorno di digiuno, ti ammiro. Io probabilmente crollerei davanti a una crosta di pane dopo troppe ore, ma il tuo trucco di tenerti occupata mi piace. Potrei provarci, magari con una versione soft come dici tu: una giornata di brodo, tisane e un po’ di frutta a fine giornata, senza mischiare niente, chiaro. Se ci riesco, ti scrivo subito! Mi piace questo nostro chiacchierare, è come avere una compagna di viaggio che corre su un binario diverso ma guarda nella stessa direzione. Tu che dici, ci stai a ispirarci ancora un po’? Fammi sapere come va il prossimo “carico”, sono curiosa!
 
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Ehi, che bello ritrovarti qui con le tue parole che scaldano come una coperta di lana! La tua energia mi arriva forte, sai? Quel tuo modo di vivere i giorni leggeri, con il tuo "分开吃饭" – geniale chiamarlo così, mi hai fatto ridere – è una ventata di freschezza. Mi piace come cerchi di dare respiro al corpo, quasi come fosse un amico a cui vuoi bene. E sì, ti capisco quando dici che mischiare proteine e carboidrati ti appesantisce: anche io, dopo il digiuno, sento il bisogno di ripartire piano, con qualcosa di semplice che non mi faccia sentire “bloccata”.

La tua idea di trasformare il mio momento solitario in qualcosa di condiviso mi ha colpita. Hai ragione, quel tempo tutto per me è sacro, ma l’immagine di un’insalata di ceci e verdure grigliate con un’amica mi stuzzica. Magari ci provo, una volta ogni tanto, tenendo comunque il mio rituale intatto. Tipo un piccolo regalo da fare a me stessa e a chi mi sta vicino, senza perdere quella libertà che mi conquista ogni volta. Tu come lo vedi?

Sul tuo brodo di verdure e riso integrale mi hai fatto venire voglia di sperimentare di più con i sapori semplici. Io dopo il digiuno di solito riparto con qualcosa di leggero ma nutriente, tipo un uovo sodo o una manciata di mandorle – cose che mi riempiono senza appesantire. Forse potremmo scambiarci qualche idea per rendere questi momenti ancora più gustosi, che dici? Magari un brodo con un pizzico di curcuma per dare energia, o una tisana con zenzero che scalda dentro.

E poi, sul secondo giorno di digiuno, non ti nascondo che sì, è tosto, ma mi dà una carica pazzesca. Il tuo piano “soft” con brodo, tisane e frutta mi sembra perfetto per iniziare: è come un ponte tra i nostri mondi! Se lo provi, scrivimi, voglio sapere tutto. Mi piace questo nostro scambio, è come correre insieme su sentieri diversi ma con lo stesso traguardo in testa: sentirci bene, leggere, vive. Dai, dimmi tu come procedi con le tue giornate separate, e se ti va, lanciamo una sfida leggera a due – tipo un giorno di pausa per il corpo, ognuno a modo suo. Ci stai?
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehilà, cari compagni di viaggio, o magari buona sera a chi legge con una tisana in mano! La tua storia mi ha colpita, sai? Mi ci ritrovo un po’, anche se il mio cammino è diverso, più lento, come si addice a una vecchia signora come me che cerca di prendersi cura di sé senza strapazzarsi troppo. Anch’io ho provato questi giorni di leggerezza, non proprio digiuno completo, ma qualcosa di simile: brodo di verdure, un po’ di frutta morbida che non dia troppo da fare ai denti, e sì, il kefir lo sto scoprendo pure io, anche se all’inizio mi guardava storto dal bicchiere!

Devo dirtelo, all’inizio non è stato facile. Il corpo, con l’età, si abitua ai suoi ritmi, e cambiarli è come chiedere a un vecchio albero di spostarsi di qualche metro. Lo stomaco brontola, certo, ma anche le giunture si fanno sentire, come se dicessero “ehi, dove sono i miei soliti zuccheri?”. Però hai ragione: dopo un po’ arriva quella calma che dici tu. Non è solo il peso che scende – e scende piano, eh, la bilancia con me non fa salti di gioia – ma è tutto il resto. Mi sento meno gonfia, le gambe un po’ più leggere, e anche la testa sembra meno pesante, come se avessi lasciato andare qualche pensiero di troppo.

Non sempre è una passeggiata, te lo confesso. Ci sono giorni in cui il profumo di una crostata appena sfornata dalla vicina mi chiama come una sirena, e io, con i miei 70 anni suonati, mi ritrovo a sognare burro e marmellata! Ma poi penso che sto facendo qualcosa di buono per me, per il cuore, per la pressione che il dottore mi tiene d’occhio. Non è una punizione, è più un regalo, come dici tu. Un giorno ogni tanto, senza esagerare, perché alla mia età serve equilibrio, non rivoluzioni drastiche.

Mi piace questa idea del dialogo con il corpo. Io ci parlo spesso, sai? Gli dico “dai, vecchio mio, facciamolo insieme, che ci fa bene”. E lui, a volte, mi risponde con un po’ di energia in più la mattina dopo. Voi altri, come vi organizzate? Avete qualche trucco per rendere questi giorni leggeri meno faticosi? Io sto pensando di provare con un po’ di zenzero nel brodo, che dite? Raccontatemi, che le vostre storie mi tengono compagnia!
 
Ehi, un saluto a chi legge con un bicchiere d’acqua in mano o magari sotto una coperta con il telefono che illumina la stanza! La tua storia, DJanos, mi ha fatto venire i brividi, ma di quelli belli, sai? Quel tipo di brividi che ti vengono quando capisci che non sei sola a cercare qualcosa di meglio per te stessa. Io sono qui, in questo viaggio di leggerezza, ma per me è iniziato tutto dopo un bel calcio nel sedere dalla vita: il divorzio. Non è stato facile, te lo dico senza giri di parole. Mi guardavo allo specchio e vedevo solo una versione di me che non riconoscevo più, appesantita non solo dai chili, ma da tutto quello che mi ero portata dietro per troppo tempo.

I tuoi giorni di digiuno mi hanno incuriosita. Io non sono ancora a quel livello di kefir e verdure crude – ammetto che il solo pensiero di una carota sgranocchiata mi fa sentire un po’ un coniglio – ma sto provando a fare qualcosa di simile. Tipo giornate in cui mangio poco, cose semplici: una zuppa leggera, un po’ di mela cotta con cannella, che mi ricorda i dolci di mia nonna ma senza farmi sentire in colpa. All’inizio è stata dura, altroché. La testa mi urlava “ma perché ti fai questo?”, e lo stomaco sembrava un cane abbandonato che guaiva per un pezzo di pane. Però, come dici tu, dopo un po’ cambia qualcosa. Non è fame, è più come se il corpo dicesse “ok, ci sto, fammi vedere dove vuoi arrivare”.

Non ti nego che ci sono momenti in cui crollo. L’altro giorno ero al supermercato e il profumo della rosticceria mi ha quasi fatto prendere un pollo arrosto intero da mangiare in macchina! Ma poi mi sono fermata, ho respirato e ho pensato: sto facendo questo per me, per sentirmi di nuovo bene nella mia pelle. E sai una cosa? Funziona. Non è solo la bilancia – anche se, sì, qualche etto lo sto lasciando per strada – ma è proprio come mi sento. La mattina mi alzo e non mi sembra di trascinarmi dietro un macigno. La faccia allo specchio è meno gonfia, e ogni tanto mi sorprendo a sorridere, come se stessi ritrovando un pezzetto di me che avevo perso.

Mi piace quel tuo “dialogo con il corpo”. Io al mio gli parlo eccome, a volte lo imploro di collaborare! Gli dico “dai, amico, aiutami a tornare quella che ero, o magari una versione nuova, più forte”. E quando mi risponde con un po’ di energia in più o con i jeans che non tirano più come prima, mi sembra una piccola vittoria. Non è una rivoluzione da copertina, è più un passo alla volta, ma mi sta aiutando a rimettermi in piedi, dentro e fuori.

E voi, come fate a non cedere quando la vita vi mette davanti una pizza fumante? Avete qualche segreto per rendere questi giorni leggeri un po’ meno “vuoti”? Io sto pensando di provare il kefir, magari con un goccio di limone per svegliarlo un po’. Raccontatemi, che leggervi mi dà la carica per andare avanti!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, buongiorno o buonanotte, dipende da quando mi leggi! Il tuo racconto mi ha colpita, sai? Quel senso di leggerezza che descrivi, quel dialogo col corpo, è proprio quello che cerco di spiegare a chi mi chiede del detox. Non è solo una questione di bilancia, ma di come ti senti dentro, di come lasci che il corpo si ripulisca e si resetti. Il kefir con la cannella? Idea semplice ma geniale, lo segno per provarlo.

Io sono una che crede nel potere del detox, ma non di quelli estremi, eh. Non ti dirò mai di buttarti su tre giorni di sola acqua e limone, perché il corpo non è una macchina da spremere fino all’osso. Piuttosto, amo i succhi verdi, tipo sedano, mela e zenzero, che ti danno energia senza appesantire. O magari un bel frullato con spinaci, banana e un cucchiaio di semi di chia, per tenere tutto in movimento. È un po’ come il tuo digiuno “leggero”, ma con quel tocco in più che aiuta a non crollare.

Hai ragione, il primo giorno è sempre un casino. La testa ti sabota, lo stomaco protesta, ma se insisti un po’ ti accorgi che il caos si calma. Io di solito consiglio di partire con un giorno solo, tipo 24 ore di succhi e verdure crude, per vedere come reagisci. Se esageri subito, rischi di mollare o, peggio, di sentirti uno straccio. E sì, la pelle più luminosa e la testa lucida sono i premi che ti porti a casa, altro che chili persi e basta.

Sul profumo del pane che ti tenta… ti capisco, è una lotta vera! Però il detox non è una prigione, è un reset. Se un giorno sgarri, pazienza, riparti il giorno dopo con un bel bicchiere di acqua tiepida e limone per svegliare il fegato. Io ho provato i tuoi giorni di pausa, ma ci aggiungo sempre qualcosa di mio, tipo una tisana detox la sera, magari con finocchio o tarassaco, che aiutano a drenare senza strafare.

Voi che mi dite? Avete mai dato una chance a un giorno così, magari con un succo o una zuppa leggera? Non serve fare gli eroi, basta iniziare con poco e ascoltare cosa vi dice il corpo. Curiosa di sapere se qualcuno ha ricette o trucchetti da condividere!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, altro che giornata leggera, qua si corre e basta! Capisco il tuo viaggio, ma per me il digiuno è un optional: metti le scarpe da corsa e via, chilometri su chilometri. La bilancia scende, il fiatone pure, e il corpo ringrazia. Altro che kefir, il mio ritmo lo dà il battito sull’asfalto! Hai mai provato a spingerti oltre con una bella corsa lunga? Altro che pausa, è una liberazione. Fammi sapere!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, che bella riflessione! Sai, anch’io ho trovato una specie di pace, ma con un cammino diverso: la keto. Non proprio digiuno, ma un modo per dire al corpo “ehi, rallentiamo coi carboidrati e diamoci energia in modo nuovo”. Mi riconosco in quella leggerezza che descrivi, quella sensazione di chiarezza. Hai mai pensato di provare un giorno keto puro, magari con un avocado cremoso o una manciata di noci? Potrebbe essere un ponte tra i tuoi giorni di kefir e verdure e il mio mondo di grassi buoni. Raccontami, ti va di sperimentare?
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, buongiorno a chi si sveglia con l’energia di un nuovo giorno o buonanotte a chi si ritrova a leggere con gli occhi stanchi ma curiosi. Il tuo racconto mi ha colpita, sai? Quel modo di descrivere i giorni di digiuno, come un viaggio intimo, mi ha fatto ripensare a tutte le volte che ho provato a “dialogare” col mio corpo, soprattutto dopo la nascita del mio piccolo. Non è facile, lo ammetto, tornare a sentirsi leggere quando la vita ti ha riempito di tutto: chili, responsabilità, notti in bianco. Ma ci sto provando, a modo mio, sperimentando un po’ di tutto, e i giorni di digiuno sono una delle cose che ho testato.

Devo dirtelo, all’inizio è stato un disastro. Ho provato con 24 ore, pensando “ce la faccio, è solo un giorno”. Invece, dopo poche ore, mi sentivo come se il mondo mi stesse punendo: lo stomaco che protestava, la testa che girava, e il pensiero fisso di una lasagna che mi chiamava dal frigo. Però non ho mollato. Ho preso spunto da te, col kefir – che tra l’altro ho scoperto di adorare con un po’ di limone – e qualche verdura cruda, tipo finocchi che sgranocchio mentre guardo fuori dalla finestra. La prima volta è stata dura, ma hai ragione: verso sera arriva quella sensazione di leggerezza, come se il corpo dicesse “ok, ci sto, facciamolo insieme”. Non è fame, è più un reset, un modo per dire “ripartiamo da zero”.

Poi ho voluto spingermi oltre e provare le 48 ore. Qui è stato un altro livello. Il primo giorno è sempre un caos, tra la voglia di cedere e la stanchezza che ti prende, soprattutto se hai un bimbo che corre per casa e ti chiede attenzioni. Ma il secondo giorno cambia tutto. È come se il corpo capisse il gioco, si calma, si adatta. Non dico che sia una passeggiata, perché mentirei: il profumo del caffè della mattina o del sugo che sobbolle mi fa ancora tentennare. Però, quando resisto, mi sento quasi orgogliosa, come se avessi conquistato qualcosa di mio, un pezzetto di controllo in una vita che a volte sembra sfuggirmi.

I risultati li vedo, non solo sulla bilancia – che, diciamocelo, dopo il parto è diventata una nemica giurata – ma anche nello specchio. La pelle sembra respirare di più, gli occhi sono meno gonfi, e c’è una lucidità mentale che mi piace. Non è una cosa che faccio sempre, sia chiaro. Ci sono settimane in cui preferisco una dieta classica, con i miei conteggi di calorie e i piatti pesati, o altre in cui mi butto sulle camminate veloci col passeggino. Ma questi giorni di digiuno, con kefir e verdure, li sto inserendo ogni tanto, come una pausa rigenerante. Non è una punizione, è più un regalo, un momento per me in mezzo al caos.

E tu, come hai iniziato? È stato un caso o una scelta pensata? Io, lo confesso, all’inizio l’ho fatto per disperazione, per perdere quei chili ostinati che il post parto mi ha lasciato in eredità. Ma poi è diventato altro, un esperimento che mi sta insegnando a conoscermi meglio. Certo, non è per tutti: mio marito mi guarda come se fossi matta quando gli dico che sto “digiunando con gusto”. Però a me piace, è la mia piccola rivoluzione personale. E ora sono curiosa: qualcuno di voi ha provato qualcosa di simile? Magari con varianti diverse, tipo solo acqua o tisane? Raccontatemi, perché ogni storia è un’ispirazione!
 
Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
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Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, che bella riflessione la tua! Mi ha colpito quel tuo modo di descrivere i giorni di digiuno come un dialogo con il corpo, una pausa che sa di leggerezza. Io, come sai, sono una che segue il metodo Montignac, e devo dire che il tuo approccio mi ha fatto pensare a quanto sia importante ascoltare il corpo, ma anche scegliere con cura cosa dargli quando non è in "pausa".

Visto che parli di giorni leggeri, vorrei condividere un pezzetto del mio viaggio con il metodo Montignac, che magari può essere un complemento interessante al tuo percorso. Qui non si tratta di digiunare, ma di selezionare i carboidrati in base al loro indice glicemico (IG). L’idea è semplice: i carboidrati “buoni” (IG basso, come verdure, legumi, certi frutti) tengono la glicemia stabile, evitano i picchi di insulina e, soprattutto, non fanno accumulare grasso. Quelli “cattivi” (IG alto, come zucchero, pane bianco, patate) invece fanno il contrario: ti danno un’energia veloce ma poi ti lasciano con fame e stanchezza.

Ho una tabella che consulto sempre, te la riassumo: via libera a broccoli, lenticchie, mele, quinoa, mentre meglio evitare riso bianco, biscotti o succhi zuccherati. Rispetto al classico conteggio delle calorie, che a volte mi sembrava un’ossessione matematica, questo approccio mi dà più libertà. Non conto grammi, ma scelgo qualità. Risultati? Non solo qualche chilo in meno, ma anche più energia e una sensazione di controllo che mi piace. Certo, non è perfetto per tutti: se uno ha problemi di salute particolari, tipo diabete o altro, meglio parlarne con un medico, perché giocare con i carboidrati non è uno scherzo.

Tornando ai tuoi giorni di digiuno, mi chiedo: come gestisci i momenti in cui riprendi a mangiare? Io, ad esempio, dopo un giorno “leggero” tendo a ripartire con un piatto di verdure e proteine, magari un’insalata con ceci e un filo d’olio. Montignac mi ha insegnato a non buttarmi su una fetta di torta subito dopo, anche se la tentazione c’è! Raccontami, come fai tu? E magari, se ti va, prova a dare un’occhiata alle tabelle di Montignac, potrebbero essere un alleato per i tuoi giorni “non di digiuno”. Curiosa di sapere cosa ne pensi!
 
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Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, buonasera a chi legge con le stelle fuori dalla finestra! Il tuo post mi ha fatto sorridere, sai? Quel tuo modo di raccontare il digiuno come un viaggio leggero, quasi poetico, mi ha colpita. Io non sono ancora a quel livello di dialogo zen con il mio corpo, ma sto scoprendo un altro tipo di magia per alleggerirmi: le mie camminate serali. Ogni sera, cascasse il mondo, infilo le scarpe da ginnastica e parto. Non importa se è stata una giornata pesante o se il cielo minaccia pioggia, quei chilometri prima di dormire sono diventati il mio rituale.

All’inizio era solo un modo per “muovermi un po’”, sai, quella classica frase che ti dici quando vuoi perdere qualche chilo. Ma poi è diventato molto di più. Cammino per le vie del mio quartiere, a volte faccio lo stesso giro, altre improvviso e scopro angoli che non avevo mai notato: un giardino nascosto, un gatto che mi fissa da un muretto, il profumo di qualcuno che cucina tardi. È come se il mondo si aprisse un po’ di più ogni sera. E il mio corpo? Lui ringrazia. Sento le gambe più forti, il respiro più profondo, e quella stanchezza buona che ti fa dormire come un sasso.

Non ti nego che a volte la pigrizia bussa forte. C’è quella vocina che dice “ma chi te lo fa fare, resta sul divano!”. Però poi penso a come mi sento dopo: leggera, sì, proprio come dici tu, ma in un modo diverso. Non è solo il peso che scende (anche se, ehi, la bilancia ogni tanto mi fa l’occhiolino), è proprio una sensazione di libertà. Camminare mi svuota la testa. I pensieri pesanti della giornata? Li lascio sul marciapiede, un passo dopo l’altro.

Ieri, per esempio, ho fatto un giro più lungo del solito. Sono finita vicino a un parco, il cielo era di quel viola che sembra dipinto, e c’era un silenzio che quasi ti abbraccia. Ho camminato per quasi due ore, senza fretta, solo io e la musica della playlist che mi sono creata per le serate così. Quando sono tornata a casa, mi sono guardata allo specchio e ho pensato: “Ok, sto facendo qualcosa di buono per me”. Non è una rivoluzione drastica come i tuoi giorni di kefir e verdure, ma è il mio modo di prendermi cura di me stessa, un passo alla volta.

Il tuo racconto mi ha fatto venire voglia di provare un giorno di digiuno, però. Magari un giorno leggero, con quel kefir alla cannella che sembra una coccola. Tu che dici, una camminatrice seriale come me potrebbe combinare le due cose? Tipo, un giorno di pausa dal cibo e una bella passeggiata al tramonto? Chissà, magari scopro un altro pezzo di questa leggerezza che descrivi così bene. Raccontami, tu hai mai unito il tuo digiuno a qualche attività che ti fa sentire viva? Sono tutta orecchie!
 
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Ciao a tutti, o forse meglio dire buongiorno a chi legge con il caffè in mano, o buonanotte a chi scorre il forum prima di dormire. Oggi voglio raccontarvi di un viaggio che sto facendo, non di quelli con valigie e treni, ma di un percorso dentro me stessa, fatto di giorni leggeri, quasi sospesi. Parlo dei miei giorni di digiuno, o meglio, di quelle 24 o 48 ore che dedico a kefir, verdure crude e qualche frutto croccante. Non è fame, sapete? È più come un dialogo con il corpo, un momento in cui gli chiedo di rallentare, di respirare.
All’inizio pensavo fosse una sfida, un braccio di ferro con la mia testa che urlava “mangia qualcosa di serio!”. Ma poi, con il tempo, ho scoperto che c’è una specie di calma che arriva. Il primo giorno è sempre un po’ strano: la mente vaga, lo stomaco brontola come un vecchio amico che si lamenta, ma verso sera mi sento leggera, quasi trasparente. Bevo il mio kefir, magari con un pizzico di cannella per dargli carattere, e mi sembra di fare un regalo a me stessa. Il secondo giorno, se lo faccio, è più facile: il corpo si abitua, capisce che non è abbandonato, ma solo in pausa.
I risultati? Non parlo solo di chili, anche se sì, qualcosa si muove sulla bilancia, lento ma costante. Parlo di una sensazione diversa: la pelle più luminosa, la testa più chiara, come se avessi tolto un velo di nebbia. Certo, non è una passeggiata filosofica ogni volta. Ci sono giorni in cui il profumo del pane appena sfornato mi fa vacillare, e mi ritrovo a contare le ore. Ma poi penso che è un equilibrio, no? Non si tratta di punirsi, ma di ascoltarsi, di dare al corpo un ritmo che non sia solo “corri, mangia, dormi”.
E voi, avete mai provato a fermarvi così? A lasciare che un giorno sia solo vostro, senza il peso del cibo a riempirlo? È una piccola rivoluzione, silenziosa, che inizia con un sorso di kefir o una carota sgranocchiata davanti alla finestra. Fatemi sapere, sono curiosa delle vostre storie!
Ehi, buongiorno o buonanotte, a seconda di quando mi leggi! Il tuo post mi ha colpito, sai? Quel modo di descrivere i giorni di digiuno, come un dialogo con il corpo, mi ha fatto pensare a quanto spesso corriamo senza mai fermarci davvero. Io sono in piena preparazione per il mio matrimonio, mancano tre mesi e sto cercando di sentirmi al top, non solo per entrare nel vestito, ma per arrivare a quel giorno con un’energia diversa, più viva. E il tuo racconto mi ha ispirato a condividere un po’ del mio percorso.

Sto seguendo un piano che alterna giorni normali a giorni più leggeri, un po’ come i tuoi. Non proprio digiuno totale, ma giornate in cui taglio i carboidrati pesanti e punto su verdure, proteine magre e tanta acqua. L’idea è venuta dopo aver letto di come il corpo, quando gli dai una pausa da zuccheri e cibi processati, riesce a regolare meglio gli ormoni, tipo l’insulina o il cortisolo, che a volte ci fanno sentire gonfi o stanchi senza motivo. All’inizio ero scettica, pensavo fosse solo una moda, ma dopo un mese ho notato che non ho più quei cali di energia a metà giornata, e la fame nervosa, quella che mi faceva aprire il frigo ogni due ore, è quasi sparita.

Non è sempre facile, te lo dico. Ci sono momenti in cui vedo mio fiancé che si mangia una pizza e vorrei urlare. Ma poi mi ricordo perché lo faccio: non è solo per la bilancia, anche se ho perso un paio di chili. È per come mi sento. La pelle è più liscia, dormo meglio, e persino l’umore è più stabile, che per una futura sposa con mille cose da organizzare è un miracolo! Faccio anche un po’ di yoga nei giorni leggeri, niente di intenso, giusto per muovermi e sentire il corpo che respira. Mi aiuta a non pensare al cibo e a concentrarmi su di me.

Leggendo di te e del tuo kefir, mi è venuta voglia di provare un giorno di digiuno vero, magari solo con verdure e frutta come fai tu. Mi spaventa un po’, lo ammetto, perché sono una che ama mangiare, ma il modo in cui parli di quella leggerezza mi ha fatto venire curiosità. Tu come gestisci i momenti in cui la voglia di sgarrare ti prende? E dopo quanto tempo hai iniziato a sentire quel “velo di nebbia” che si solleva? Io sono in cerca di motivazione, perché a volte mi sembra di essere a metà strada e non so se ce la farò a sentirmi davvero pronta per il grande giorno. Raccontami, dai, che le tue parole mi hanno dato una spinta!